Anteprima

Endzone – A World Apart: anteprima di un city builder d’eccezione

Prima di parlarvi di Endzone vorrei cominciare con le basi: se non avete presente cos’è stato Banished per gli amanti dei city builder io non posso aiutarvi molto. Sintetizzare quello che alcuni hanno definito come lo “Sturm und Drang” del genere sarebbe molto difficile, ancorché inutile. Sviluppato in solitaria da Luke Hodorowicz, proprietario e unico dipendente della Shining Rock Software, Banished ci pone alla guida di uno sparuto numero di coloni intenzionati a fondare un villaggio autosufficiente ma lontano dagli agi della modernità. Si devono raccogliere pietre e legna per costruire le prime capanne da scaldare durante l’inverno, imparare a pescare e cacciare per procurarsi cibo di origine animale, conoscere le piante per autoprodurre medicamenti, arare e fresare il terreno per le coltivazioni, quindi imbastire qualche rotta commerciale lungo le vie d’acqua per esportare i beni in eccesso (come pelli, bestiame allevato, utensili da lavoro, abiti confezionati a mano) e importare quelli che non si è in grado di produrre autonomamente o funzionali ad ampliare il ventaglio delle opzioni a disposizione.

Endzone è l’unico erede di Banished

Il ritmo è molto lento, con cambiamenti climatici e stagionali ciclici, adatto certo a chi vuole dedicare cura e attenzione al benessere dei propri colonizzatori. Bansihed, infatti, pone tantissimo l’accento sugli abitanti del villaggio. Ciascuno di loro, durante il gioco, troverà un lavoro come falegname, sarto, allevatore, cacciatore, raccoglitore, agricoltore… (etc), metterà su famiglia e avrà figli che cresceranno e avranno bisogno di nuove case dove insediarsi dopo aver studiato e raggiunto la maturità. Il gameplay richiede un approccio certosino perché Banished non permette di costruire un villaggio così, tanto per farlo. Il suo equilibrio necessita di una gestione oculata delle risorse, che siano umane o materiali, per pianificare attentamente lo sviluppo “urbano” dell’insediamento.

Endzone – A World Apart, confezionato dai dodici membri del team Gentlymad Studios e pubblicato da Assemble Entertainment, sembra pescare a piene mani dal gameplay “inventato” da Luke Hodorowicz. Mi permetto il lusso di scrivere “inventato” perché nelle dichiarazioni rilasciate dall’autore (era il 2013) si evince chiaramente che la peculiarità di Banished risiede proprio nell’essere figlio di una scelta precisa e influenzata da capolavori come gli Anno, i SimCity e i Settlers. Endzone, però, parte da un incipit narrativo differente: i coloni non sono più cittadini che hanno scelto di abbandonare la città e trovare rifugio nei boschi, ma i figli dei sopravvissuti a un disastro nucleare avvenuto centocinquant’anni prima e cresciuti, fino a quel momento, nelle profondità del sottosuolo.

Le macerie possono essere riciclate per la produzione di tessuti, plastica, metallo e componenti elettrici

Il filmato introduttivo ci vede infatti abbandonare un rifugio antiatomico per tentare di ricostruire una vita tra i resti della civiltà precedente, qui rappresentati da cataste di materiali che fungono da risorsa indispensabile per edificare stutture e sviluppare nuove “tecnologie” utili a prosperare. Le macerie, attraverso le quali si potranno produrre tessuti, plastica, metallo e componenti elettrici, non sono comunque l’unica materia prima essenziale. I sopravvissuti dovranno anche bere e nutrirsi, quindi potranno (dovranno) lavorare sodo per guadagnarsi una dieta ricca e variegata. Per farvi capire meglio, però, provo a fare un passo indietro tornando alle fasi iniziali della vita del “nuovo” insediamento. Vi chiedo di immaginare una landa desolata, con zone ancora radioattive, senza edifici in cui proteggersi. Immaginate di essere al comando di qualche famiglia con prole e di avere poco tempo per agire: in primis serviranno acqua e cibo perché le riserve stanno esaurendosi. Darete mandato a un gruppo di quattro o cinque coloni di andare a recuperare lamiere e teli per creare una cisterna di fortuna, altri andranno in cerca di acqua potabile mentre gli ultimi li seguiranno per trovare del pesce da cucinare. Nei primi venti minuti di gameplay dovrete quindi occuparvi delle basi necessarie a stabilizzare la presenza dei coloni sulla superficie, per poi dedicarvi alla costruzione di alcune baracche dove farli riparare di notte (o durante una tempesta radioattiva) e alla realizzazione di alcuni edifici altrettanto indispensabili come una piccola gru capace di muovere le macerie più grosse, il capanno per smistare i materiali grezzi e un laboratorio in cui trasformare le materie prime in indumenti e protezioni per proteggersi dal freddo e dall’inquinamento atmosferico.

Analogamente a quanto proposto da Banished, nel tempo di un amen l’insediamento in Endzone si sarà evoluto enormemente: il falegname, il contadino, il sarto, il maniscalco diventeranno mansioni quasi scontate e i villici inzieranno a manifestare desideri inconsueti, come quello di un pub in cui fumarsi la cannabis autoprodotta. Confesso di aver trovato una certa discrepanza tra il tempo necessario alla costruzione delle strutture essenziali e il basso numero di coloni a disposizione, ma ho fatto subito amicizia con la loro crescita – quasi esponenziale – al passare delle stagioni, fino a ritrovarmi in una situazione con alcuni disoccupati impegnati a rovistare notte e giorno tra le rovine sparse intorno all’ormai piccolo “borgo” post atomico.

La gestione della popolazione e delle unità produttive è intuitiva e immediata

La gestione della popolazione, così come delle diverse unità produttive, è intuitiva e immediata. Ci sono menù chiari che riassumono ogni aspetto della vita nell’insediamento a mezzo di icone, permettendo anche a chi mastica poco l’inglese di capire al volo quale sia la situazione in quel preciso momento. Come si può facilmente vedere negli screenshot basta uno sguardo per sapere se pioverà, a che punto sono le nostre riserve di acqua e di cibo, quanti abitanti non hanno una casa (e ne servirà una per ogni nuovo nucleo familiare che si formerà nel tempo), se mancano vestiti o dispositivi per proteggersi dalle radiazioni, fino ad arrivare alle mappe tattiche. Nello specifico sono due: umidità del suolo e livello di radiazioni. Entrambi questi fattori cambiano e si modificano in tempo reale a seconda che piova o che tiri vento, influenzando l’efficenza delle strutture, la salute dei lavoratori e la produzione agricola. A conti fatti è più complesso scriverlo che giocarlo, poiché Endzone permette davvero di arrivare a ogni informazione utile con uno click (un vero selling point per il genere dei city builder).

Con il passare del tempo il borgo diventerà una vera e propria cittadella, con elettricità, pronto soccorso, scuole, umidificatori per mantenere irrigati i campi anche durante la stagione secca, piantagioni e frutteti con più di una dozzina di coltivazioni differenti, scout che partono in missione per raggiungere punti di interesse (come una centrale nucleare abbandonata) dall’altra parte dell’ampio campo da gioco. Insomma: Endzone – A World Apart sembra una versione “aggiornata ed evoluta” di quel capolavoro che è – ancora – Banished e penso che sia il miglior complimento che gli si possa fare. Questo ventaglio di opzioni è inoltre sorretto dall’engine Unity, qui spremuto per dare vita a un mondo coerente e dettagliato fin nei bulloni che tengono ferme le assi del tetto di un edificio. Che sia per il variare della luce causata dal ciclio giorno/notte o per il susseguirsi di situazioni meteorologiche differenti, l’insediamento sembra “vivo”, con edifici che cambiano colore a seconda della posizione del sole, alberi che invecchiano e l’erba che assume forme variegate al variare dell’umidità relativa. È una gioia per gli occhi sotto qualsiasi aspetto lo si voglia guardare, eccezion fatta per la scelta di una palette cromatica spenta e slavata, per quanto comune ai titoli ambientati dopo un disastro ambientale o atomico (Fallout docet).

Il mondo è coerente e dettagliato fin nei bulloni che tengono ferme le assi del tetto

Credo di averlo già scritto, ma il gioco è ancora in sviluppo. Lo si può acquistare in Accesso Anticipato su Steam e goderselo senza troppi patemi d’animo, per quanto sia ancora attiva la possibilità di segnalare bug e incongruenze. Tra le altre cose c’è un tutorial iniziale davvero ben fatto e accessibile anche ai profani del genere, quindi non ci sono troppe scuse. Mi sono comunque preso la briga di seguire un paio di dirette streaming degli sviluppatori, che stanno giocando su mappe molto avanzate, e c’è un lavorio incessante per limare tutte le statistiche in disequilibrio evidenziate dalla community.

Dai menù che sintetizzano la condizione familiare dei coloni, curandone l’abero genealogico e le carenze principali, passando per il raggio d’influenza che alcuni edifici funzionali (come l’avamposto dei cacciatori) possono spostare a seconda del bisogno, per arrivare alla gestione ordinata della catena produttiva e all’introduzione del carbone quale materia prima, Endzone diventerà un city builder imprescindibile per tutti gli appassionati del genere che non cercano un’esperienza eccessivamente hardcore. Continuerò a giocarci fino alla pubblicazione definitiva perché mi sto divertendo tanto anche se sul mio desktop, in questo preciso momento, sono installati Jurassic World Evolution, SimCity, Anno 1404, Civilization VI e Tropico 6. Sono convinto che di questo gioco se ne parlerà ancora e un po’ ovunque, anche perché se gli sviluppatori dovessero aprire le porte alle mod, considerato il prezzo di lancio (23 euro), potremmo davvero giocarci per anni. Il mio augurio è che introducano delle mappe urbane o reali, come ad esempio una metropoli o regioni scarsamente popolate ma presenti nell’immaginario collettivo di tanti videogiocatori (Chernobyl su tutte). Le mappe generate casualmente non soddsfano il mio palato e vorrei potermici divertire con scenari più complessi. Tornerò con la recensione appena Endzone uscirà dall’Accesso Anticipato: spero non manchi molto. Voi intanto mettetelo in wishlist o, se avete amato Banished, compratelo di già.


Questa recensione contribuisce a sostenere la ricerca scientifica sulla sindrome di Rett. Trovate i dettagli dell’iniziativa a questo link.

Roberto Turrini

Per 10 anni sulle pagine di The Games Machine ha sognato una vita a tre con Lara T'Sioni ed Elena Fisher; poi ha scoperto che non sapevano cucinare e si è dato all'autoerotismo.

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