Complice il moltiplicarsi di esperienze virtuose e stratificate sul mercato, come per l’appunto i più recenti God of War o Red Dead Redemption 2, potrebbe risultare molto semplice dimenticarsi improvvisamente delle origini del complesso medium videoludico. Nemmeno tre decadi fa – in tempi non sospetti – il celebre John Carmack reputava la trama in un videogioco alla stessa tregua di quella in un film pornografico; c’è sempre, ma a nessuno interessa.
Il genere degli shooter in particolare non era un tempo altro che adrenalina pura, mista a riflessi e piena immersione, senza necessità di introspezione o particolari caratterizzazioni né del setting, né – a maggior ragione – del personaggio. Da quel Doom di inizio anni ’90 è tuttavia passata parecchia acqua sotto i ponti, e capolavori come Bioshock ed Half-Life hanno dimostrato con una forza dirompente quanto possa essere efficace coniugare fasi action e narrativa, allontanandosi con coraggio dalla brutale linea tracciata da capostipiti dal peso del rivoluzionario Wolfenstein 3D.
Nonostante dunque questa necessaria evoluzione, id Software da una parte – con il reboot di Doom – e Avalanche Software dall’altra – con l’irriverenza di Just Cause – hanno preferito cristallizzarsi in declinazioni volutamente anacronistiche, lasciando da parte contaminazioni prettamente cinematografiche e focalizzandosi esclusivamente su una continua catarsi ludica.
Raccolti dunque entrambi i team nella produzione di Rage 2, le aspettative sono altissime e le premesse per un altro folle FPS sono tutte presenti all’appello; seguito di un primo sfortunatissimo capitolo ed erede del lavoro fatto da Avalanche su Mad Max, Rage 2 si è mostrato di nuovo nella scorsa nottata ai The Games Awards, fissando la data di uscita al 14 maggio 2019.
Lo spettacolare trailer di circa 2 minuti ci porta in un tunnel lisergico della migliore specie, ponendo il suo centro su un veloce riepilogo delle millemila location che saranno presenti nel vastissimo open world del gioco. Attraverso un montaggio – musicale e visivo – serrato ed esaltante rivediamo qualche frame di alcune vecchie conoscenze del primo capitolo, tra cui la città cyberpunk di Wellspring – che dovrebbe essere uno degli hub principali del gioco – e Mutant Bash TV – uno “”studio televisivo”” volto a contenere in teoria una sorta di modalità arena.
L’esplosività della gamma cromatica è d’altronde solo pareggiata dal ritmo delle sequenze action
Tra zoom degni di un trip di LSD e allucinazioni di sorta, ogni setting di Rage 2 sembra immerso in una direzione artistica incredibilmente sopra le righe, ravvivata di continuo da onnipresenti colorazioni acide di forte derivazione punk. L’esplosività della gamma cromatica è d’altronde solo pareggiata dal ritmo delle sequenze action, in questo caso integrate da moltissimi scontri su veicoli, feature mutuata in pieno dal già citato Mad Max di Avalanche. Mitragliette, missili e mortai integrati nei blindati erano elementi che avevamo già visto in precedenti video di gameplay, a dimostrazione di quanto il team effettivamente consideri importante questa tipologia di scontri nell’esperienza.
L’effetto stupefacente di Rage 2 si perfeziona nel gunplay
L’effetto stupefacente – in tutti i sensi – di Rage 2 non si ferma in ogni caso a un gigantesco open world e a tamarri bombardamenti su strada, ma si perfeziona in quello che probabilmente risulta essere il punto di forza più importante del gioco, ovvero il gunplay. L’apporto di id Software sulle meccaniche shooting appare apprezzabile persino senza pad alla mano, congiungendo una frenesia fuori scala alle meraviglie del motore Apex, già utilizzato in Just Cause e particolarmente adatto ad esplosioni ed eventuali stravolgimenti del mondo di gioco.
Come se conflitti a fuoco simil Doom non bastassero, si aggiungono al pacchetto degli scontri diverse abilità speciali con relativo cooldown, tra le quali diverse classiche – come onda d’urto in corsa/in caduta e barriera – e diverse inedite/originali – come boomerang letale e “granata attrattiva”. Le combinazioni che ne seguono percorrono in parte il fil rouge della moltitudine di gadget delle avventure di Rico Rodriguez, in questo caso magari orientate più verso l’impulsività del combat system che verso un’impersonale tendenza al “cazzeggio”.
Appurati però i trascorsi di Just Cause 3 (e 4), ci auguriamo che Avalanche Studios utilizzi i cinque mesi rimanenti alla pubblicazione per ripulire il codice e migliorare l’aspetto tecnico, con la speranza che l’intera formula sia pure raccordata da un sistema di missioni stimolante e convincente (di cui ora non si sa quasi nulla). Le premesse per un prodotto ottimo quindi ci sono tutte, appuntamento al 2019 per eventuali provati e recensione.
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