Anteprima

Ori and the Will of the Wisps: tutto quello che sappiamo

Dopo la pirotecnica conferenza di domenica sera era comunque ovvio aspettarsi il coro di chi addita, da anni, Microsoft di fossilizzarsi sulle stesse tre (numero a caso) proprietà intellettuali, di non avere esclusive, di usare le terze parti per farcire il proprio show. Tutto normale, come è normale dimenticarsi che in questi anni la casa di Redmond si è fatta carico di pubblicare, credendoci fortemente, due titoli in totale controtendenza col mercato tripla A, due dei punti più alti mai raggiunti dalla grafica 2D, il recente e clamorosamente anni ’30 Cuphead, di cui è stato presentato un corposo DLC, e un metroidvania datato 2015, geniale, pura sospensione dalla realtà per trovarsi coi sensi immersi in formaldeide fiabesca. Si chiamava Ori and the Blind Forest e fu una vera boccata d’ossigeno per un genere allora pericolosamente in stallo, abbandonato per sempre (a quanto pare) da Castlevania e con un Metroid ritornato alla grande in due dimensioni solo lo scorso anno. Protagonista del trailer più incantevole dell’intera conferenza (da condividere con Tunic, altra esclusiva console targata Xbox), l’etereo spirito guardiano è pronto a tornare nel 2019, per continuare la sua esplorazione del level design artigianale targato Moon Studios, e si appresta a farlo in un modo incredibilmente ca**uto, come non lo avevamo visto neanche dopo aver raccolto tutti i power up nel primo capitolo.

Ancora più veloce, tecnico e sorprendentemente cattivo, armato com’è di spada e arco fatti della stessa materia di cui è fatta la sua energia, e anche i sogni degli appassionati. Nel provato che trovate qua sopra, preso direttamente dalla fiera losangelina (non dalla conferenza, dove si è visto solo un trailer di due minuti) ed estrapolato dal bel mezzo dell’avventura, si può notare un netto cambio di tendenza nel sistema di combattimento, ora diretto, frenetico, di pancia (pur con nemici leggermente inermi), accompagnato sempre dal precisissimo doppio salto che dalla prima apparizione caratterizza l’agilità del nostro luminescente eroe e da un’abilità inedita, una specie di nuoto stile Tremors, sottoterra, nella sabbia dell’ambientazione disponibile in demo. Un’evoluzione buona e giusta, utile per dare un altro gusto al titolo, differenziarlo e dare risalto a entrambi i capitoli, uniti dal comun denominatore di un level design che pare, già da queste prime testimonianze, fluido, sapiente, capace di galvanizzare il giocatore senza tediarlo, nonostante il livello di difficoltà esigente, che deve molto ai tecnicismi del nuovo Rayman e in generale alla nouvelle vague platform che si è evoluta dall’anno zero di Super Meat Boy. Tutto molto bello, completato da un lazo d’energia utile per appendersi a determinati punti d’ancoraggio vegetali, denotando una potenziale esplorazione dal respiro più ampio, ricca di possibilità, gusto e divertimento, andando ad esaltare ancora una volta il backtracking sano, didattico, che solo i migliori esponenti del genere sanno rendere eccitante, grazie a sviluppatori che sanno plasmare la materia senza rimanerne intrappolati.

Ciò che più rapisce, colpisce e lascia di stucco è però il meraviglioso stile grafico. Poesia visiva dalle tinte pastello, calde, rassicuranti, capaci di restituire un quadro omogeneo, sognante, privo di contorni. Un’esplosione di colori, luci ed effetti particellari in continuo movimento, dettagliatissimo, grazie anche a una nuova fisica degli elementi ambientali, che reagiranno a tutto ciò che Ori tocca, sfiora o calpesta, senza stacchi qualitativi tra sfondo e primo piano, mettendo in scena quello che sarebbe una pellicola di Hayao Miyazaki se fosse girata tutta in piano sequenza. In 4K e HDR (ma non solo) sarà di una bellezza fulminante e senza appello, quasi commovente nel vedere il 2D al suo massimo splendore che non teme confronti con la terza dimensione. Poco si sa ancora sulla trama, ma aspettiamoci una fiaba ancora toccante, forse addirittura un pochino più pulp (solo un impressione), ma che sicuramente ci farà sognare ad occhi aperti. Quanto è bello il 2D? Tantissimo, è l’essenza stessa della giocabilità e del videogioco, e grazie a Ori, lo è ancor di più.

Stefano Calzati

Petrolhead di The Games Machine, cummenda di Gameromancer e tuttofare per il Tanzen. Scrivere di videogiochi per me è un atto d'amore dove il fattore emotivo batte quello tecnico.

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