Anteprima

Sekiro: Shadows Die Twice, la morte è soltanto l’inizio

Chi sostiene che la morte rappresenti la fine di ogni cosa, il punto di arrivo di un lungo viaggio, evidentemente non ha mai avuto a che fare coi ragazzi di From Software.  Il concetto di morte, per la compagnia nipponica, ha da sempre ricoperto un ruolo principale per le sue produzioni, un vero e proprio cuore pulsante, motore di ogni cosa.

Per tale motivo, ancora una volta, la morte è l’elemento cardine della nuova creatura del team di sviluppo, quel Sekiro: Shadows Die Twice, di cui già il titolo parla per sé. In Sekiro, difatti, non soltanto l’abbandono delle proprie spoglie mortali ha la solita – enorme – rilevanza ma, addirittura, ricopre un ruolo ancor più centrale.

Prepariamoci, quindi, a fronteggiare nuovamente l’inevitabile, seppur con modalità, ritmi e – perché no – strumenti diversi. Già, perché, nonostante abbia ereditato lo stesso spirito classico delle precedenti produzioni, Sekiro rappresenta un distacco netto rispetto ad esse, un modo tutto nuovo per interpretare il concetto ciclico e ripetitivo che From Software ha della morte.

Sia chiaro, l’impronta della saga Souls, e più in particolare quella di Bloodborne, è papabile e facilmente riconoscibile, così come è facilmente respirabile la volontà di “chiudere” con alcune ideologie del passato.

In fase di presentazione, durante lo scorso E3 californiano, il principale punto di rottura rispetto alle precedenti fatiche del team nipponico è sin da subito ricaduto sulla diversa natura del titolo, non più un action-RPG ma un action nudo e crudo, con tanto di meccaniche ad hoc pensate per questo nuovo corso.

Niente più classi, niente più punti abilità da spendere, niente personalizzazione del personaggio. In Sekiro, infatti, come in ogni buon action game che si rispetti, muoveremo tutti lo stesso personaggio, uno shinobi alla ricerca del proprio signore perduto, nel cuore delle sanguinose battaglie tipiche dell’epoca Sengoku.

Il motore del gameplay, e del sistema di combattimento in particolare, stavolta ricade quasi interamente sul braccio (mancante) del protagonista della storia. Perso durante uno scontro con uno shinobi della fazione nemica, il nostro eroe ha rimpiazzato l’arto perduto con una protesi metallica, bacino di diversi gadget, tutti maledettamente utili ai fini della progressione.

Se a questo, poi, si aggiungono meccaniche come il tasto per il salto (si, avete capito bene), il rampino e tante altre peculiarità, fatte apposta per mandare in brodo di giuggiole ogni appassionato del genere, è chiaro che la voglia di provare con mano, ma anche soltanto di vedere in azione, il nuovo titolo partorito dalla geniale mente di Miyazaki-san fosse veramente tanta.

Per questo motivo, ogni buon appassionato della saga non poteva che attendere con ansia la Gamescom di Colonia, con la promessa del team di sviluppo di mostrare al pubblico qualcosa in più rispetto al solo trailer esibito durante l’E3.

Dalle sequenze di gioco mostrate durante la kermesse tedesca, tutti i presupposti e le congetture di partenza sono stati, in sostanza, subito confermati. Sekiro è un action frenetico, con un livello di sfida elevato, tremendamente punitivo, e dotato di una marcata profondità tattica, quando si parla di combattimenti, senza eguali.

Grazie all’introduzione di meccaniche come il rampino, del salto, e più in particolare del braccio meccanico, l’approccio ad ogni scontro è maledettamente complesso e variegato, offrendo al giocatore tante modalità di azione.

Che sia saltando su una sporgenza, grazie al rampino, per poi colpire dall’alto, o con un classico attacco “silenzioso”, cosa che rimarca sensibilmente la vena stealth da cui il gioco è attraversato, le modalità d’attacco sono tante e tutte funzionali.

L’importante, però, è non gettarsi mai a testa bassa in un scontro, cosa che, nella maggior parte dei casi, può rivelarsi niente di più di un suicidio.

Ciò che appare chiaro come il sole, strizzando l’occhio ai primi gameplay, è proprio la natura brutale ed estremamente complessa degli scontri. I nemici, spesso in numero veramente spropositato, hanno tantissimi pattern d’attacco, in grado di creare grossi grattacapi ai giocatori meno esperti.

A differenziare pesantemente il sistema di combattimento, oltre ai gadget, al salto ed al rampino, ci pensa poi la meccanica delle parate, di cruciale importanza in questo nuovo brand. Parare i colpi, infatti, spesso rappresenta l’unico modo per sconfiggere alcuni avversari, specie quelli più ostici.

Il tutto funziona attraverso il riempimento di un’apposita barra, che avviene man mano che si bloccano o si subiscono i colpi nemici. Una volta riempita, sia per il protagonista, sia per i nemici, questa barra conduce ad uno status di stordimento, che lascia il malcapitato alla mercé di un colpo critico avversario. Questi colpi, se sferrati dal nostro personaggio, sono in grado di uccidere istantaneamente i nemici più deboli, tale è la loro potenza d’attacco.

Da qui, è chiaro come, in pieno stile action, ereditato in larga parte da Bloodborne, schivare appare quasi sempre il modo più semplice per evitare gli attacchi nemici, senza però mai spingere il giocatore ad abusare di questa meccanica.

Accertatici della bontà ben al di sopra di ogni più rosea aspettativa di un sistema di combattimento che si preannuncia davvero spettacolare, un altro elemento cardine della produzione è certamente dettato dalla natura delle mappe di gioco.

L’introduzione del rampino è, con ogni probabilità, una delle aggiunte più innovative ed importanti

Ora più vasta, e soprattutto più verticale, ogni mappa di gioco è pane per la nostra fame di esplorazione. Grazie al rampino, probabilmente l’introduzione più innovativa e che maggiormente influisce sul nuovo corso dei ragazzi di From, è possibile raggiungere la stragrande maggioranza degli angoli, più o meno nascosti, di cui ogni mappa appare munita.

In pieno stile From, però, la splendida realizzazione artistica e soprattutto strutturale delle mappe non è sorretta da un lavoro altrettanto egregio a livello tecnico. La demo di gioco mostrata alla Gamescom mette in luce un comparto grafico abbastanza modesto, vetusto, che sottolinea la volontà (non per forza sempre e comunque giustificabile) degli sviluppatori di soffermarsi maggiormente su altri aspetti della produzione.

Se rampino, arti metallici spara shuriken ed una componente stealth ben marcata sono i segnali più evidenti del nuovo che avanza, a rimanere ancorato saldamente ad un’atmosfera mostruosamente (è il caso di dirlo) familiare è ciò che concerne i boss.

Sekiro rappresenta la volontà di abbandonare la tediosa strada della ripetitività

Osservando i due temibili avversari mostrati durante le sequenze di gioco è impossibile non respirare la tetra atmosfera di morte e frustrazione di cui il titolo è pregno come e più di prima. Il gigantesco serpente ed il monaco indemoniato si sono dimostrati degli avversari spaventosamente ardui da sconfiggere, dotati di un moveset vasto e punitivo come non mai.

Ciò che rende veramente complesso il combattimento con i boss in questione, specialmente quello con il monaco, è non soltanto una quantità di movimenti offensivi che farebbero impallidire anche l’Orfano di Kos, ma anche una difesa impenetrabile e che facilmente potrebbe scoraggiare anche il più temerario dei videogiocatori.

Ancora una volta, quindi, a fare da padrona sarà la dedizione e – soprattutto – la concentrazione. Queste nuove meccaniche di combattimento, seppur sulle prime potrebbero sembrare veramente ostiche da digerire, nascondono, in realtà, un qualcosa che ogni giocatore dei Souls ha insito dentro di sé: la voglia di continuare a provare e riprovare, non importa quante volte il nostro temibile avversario lo metterà al tappeto.

Proprio da questo presupposto, si inserisce e con forza la diversa rilevanza che il concetto del classico ciclo di morte e rinascita ha da sempre accompagnato le opere dei ragazzi di From Software.

In Sekiro, la morte stessa può essere usata come parte integrante delle strategia d’attacco, nel modo più subdolo (ma geniale) possibile. C’è la possibilità, tra le altre cose, di decidere di restare al tappetto una volta sconfitti, simulando così la nostra uscita di scena, con lo scopo ultimo di far abbassare la guardia al nemico per poi colpirlo nel modo più efficace (ma meno onesto) possibile.

Tutto questo ben di Dio è poi accompagnato da un’ambientazione veramente coinvolgente, non più originalissima dopo l’approdo sul mercato di Nioh e l’annuncio di Ghost of Tsushima, del Giappone di fine 1500, dunque in pieno Periodo Sengoku. Seppur, come già detto in precedenza, non sorretto da una realizzazione grafica che fa gridare al miracolo, ci troviamo di fronte (almeno per quel che si è visto durante la Gamescom) ad un mondo di gioco splendido nella sua brutale atmosfera di morte, tradimento e dolore di cui è fortemente caratterizzato.

Superato lo scotto iniziale dettato principalmente dalla paura di abbandonare una saga di successo come quella dei Souls, From Software ha saputo dimostrare, sin da queste prime battute, di saper sempre e comunque stupire i suoi estimatori e non.

In Sekiro, la morte stessa può essere usata come parte integrante delle strategia d’attacco

Sekiro rappresenta la volontà di abbandonare la tediosa strada della ripetitività, di gettarsi alle spalle lo spettro della mancanza d’idee e di innovazioni tangibili che avrebbe potuto attanagliare la compagnia nipponica col passare del tempo. Sia chiaro, l’impronta delle vecchie opere, in particolare quella di Bloodborne, c’è tutta ed è facilmente riconoscibile, ma il distacco c’è ed è evidente.

La verticalità delle mappe, lo splendido livello di sfida, elevato ma bilanciato e mai punitivo, e lo splendido sistema di combattimento, rinnovato ed impreziosito da numerose variabili, sono soltanto i primi segnali di un titolo che, siamo sicuri, farà la felicità di ogni fan di Miyazaki-san che si rispetti.

Prepariamoci, dunque, perché in Sekiro si morirà, e tanto. Ma non è proprio da qui che tutto avrà inizio? Appuntamento al 22 marzo 2019, data d’uscita appena confermata da From Software!

 

Salvatore Cardone

Scrivo, cucino, mangio. Spesso contemporaneamente. Necessito di più mani.

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