Tenetevi forte perché questa volta parliamo di una serie animata che sarà giunta quantomeno alle vostre orecchie ovvero quella di Cowboy Bebop. Pietra miliare dei generi fantascientifico e noir, l’opera ha già passato i venti anni e la ricordiamo come la prima a debuttare sul tanto rimpianto Anime Night di MTV. L’appuntamento settimanale dedicato all’animazione giapponese, che ha tenuto compagnia a milioni di ragazzi dal 1999 al 2010.
Prodotta da Sunrise e diretta da Shin’ichirō Watanabe, consta di solo 26 episodi, caratterizzati da un design di personaggi e ambienti molto ispirato e dai tratti precisi. Questi raccontano le vicende di un gruppo di cacciatori di taglie spaziali (detti appunto cowboy); siamo nell’anno 2071 e e le avventure dei nostri cowboy si perdono tra un pianeta e l’altro a bordo dell’iconica astronave (il Bebop).
Basta poco per accorgersi del taglio maturo che contraddistingue la serie. Ogni protagonista infatti, viene accompagnato da turbamenti legati al passato quali traumi, abbandoni irrisolti, disillusione, solitudine e tradimenti. La forte analisi introspettiva tende a far emergere questi ultimi aspetti. Spike, il personaggio principale, ne è l’esempio più chiaro: all’apparenza giovane e audace ma allo stesso tempo tormentato dal misterioso abbandono dell’unica donna che abbia mai amato.
È portato ad avere spesso e volentieri un atteggiamento disilluso, parecchio distaccato da quello di un classico eroe, che ritroviamo negli anime. La principale fonte di ispirazione per il design fu proprio Lupin III, che insieme a Jigen e Fujiko rispecchiano vagamente i contorni dei tre personaggi principali. Detto ciò è impossibile non affezionarsi al tono burbero di Jet, all’affascinante e fragile Faye, senza nulla togliere all’eccentrica Ed e allo sveglissimo Ein.
“Non devi temere la morte, è un’insonne compagna che non tradisce. Nel momento in cui si avvicina, quando al suo cospetto il sangue gela nelle vene, sappi che essa non fa altro che proteggerti dolcemente”.
Profonde e ricorrenti le citazioni filosofiche legate all’esistenza umana che però non tolgono spazio ai momenti più scanzonati, che riescono a strappare più di un naturale sorriso nello spettatore. Il veloce succedersi degli intricati eventi rende il ritmo sempre più incalzante e non c’è mai occasione per annoiarsi in mezzo a questa grande varietà. Per non parlare dei combattimenti corpo a corpo, delle furiose sparatorie a terra o a bordo delle agili astronavi.
Anche per quanto concerne l’adattamento, l’audience italiana è stata altrettanto fortunata. Curato dall’allora Dynamic Italia, il doppiaggio ha ricevuto elogi da tutti i fronti. Tra tutti, ci piace ricordare Massimo De Ambrosis, che ha prestato la voce a Spike interpretandolo in maniera impeccabile; capace di rendere perfettamente i tratti indolenti, di sofferenza e lotta interiore del protagonista.
Una tematica spesso ricorrente nell’intera produzione è invece quella della morte. Spike è come addormentato in un limbo sospeso tra passato e presente, considerandosi come già morto una volta, vede nell’eventuale trapasso la possibilità di svegliarsi dal sogno. Entrambi questi elementi fanno parte del bushido, ovvero il credo fondante del samurai. Seppur spesso nascosto dietro una tagliente ironia o il perseguimento del “vil denaro”, si dimostra comprensivo e disposto a supportare chi ha vissuto vicende paragonabili alle sue.
“Guardami gli occhi: il destro è artificiale, quello vero l’ho perso in un incidente. Da allora con l’occhio sinistro registro il presente, mentre con il destro ricordo il passato; mi ha insegnato che non sempre ciò che è visibile corrisponde alla realtà”.
La musica è una componente fondamentale per la serie e da questo punto di vista gli autori si sono presi la libertà di spaziare tra vari stili a seconda della situazione. I temi musicali che hanno definito il clima degli episodi sono nati dalla fantasia di Yōko Kanno, con pezzi jazz, country e blues. Da menzionare l’inserimento di titoli di canzoni storiche, come Bohemian Rhapsody (Queen) e Sympathy for the Devil (The Rolling Stones). Siamo dunque dinanzi a un anime ricco d’azione, profondo e pregno di riflessioni esistenziali, capace di emozionare grazie alla sua trama unica, tra una suonata e l’altra.
See you space cowboy…
Insomma, se foste alla ricerca di tutto ciò in un prodotto di animazione, non saprei proprio suggerirvi qualcosa di meglio. Anche sforzandoci non riusciremmo a trovare una serie risalente agli ultimi anni in grado di fare così bene e stupire sotto tanti punti di vista come Cowboy Bebop, non siete d’accordo? Che il segreto di questo enorme apprezzamento da parte di critica e pubblico risieda anche nell’essere una saga autoconclusiva?
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