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Frozen II – Il Segreto di Arendelle, la nuova avventura nell’ignoto di Elsa e Anna

Fare un sequel dovrebbe essere più facile: hai già i personaggi, le ambientazioni e un mondo persistente da utilizzare, lasciando agli sceneggiatori il solo compito di inserire una nuova avventura, capace di intrattenere come (o più) della precedente. Eppure il mondo del cinema è costellato da flop, portando spesso questi nuovi episodi ad essere decisamente di un livello più basso. Disney non esula da questo discorso: tra Pocahontas e La Sirenetta, ne ha fatti di seguiti poco apprezzati dal pubblico. Nonostante tutto con Frozen l’azienda decide di riprovarci, provando a raccontare stavolta qualcosa di diverso, più adulto e con tematiche differenti da quelle del primo film. Basterà?

La trama non brilla di originalità, bensì prende degli argomenti molto trattati e li racconta a modo suo: tutto è tranquillo ad Arendelle, dopo tre  anni dai precedenti avvenimenti, ed Elsa e Anna si trovano nel castello insieme a Olaf, Kristoff e Sven in una vita decisamente tranquilla. Tutto cambia quando Elsa inizia a sentire una voce provenire da lontano, un canto angelico che la porta – e con lei tutti gli altri – all’avventura verso queste terre sconosciute, ma soprattutto verso il suo passato.

Anche se, come nel precedente film, il deus ex machina rimane sempre Elsa, Anna mantiene il suo ruolo di co-protagonista, stavolta però partendo fin dal principio accanto alla sorella. Proprio questo permette al film di partire in modo veloce, catapultando subito lo spettatore nel centro della trama, ottimizzando quindi la durata attorno ai cento minuti. Tutto ruota attorno alle due sorelle, ora cariche di responsabilità verso se stesse e verso il loro popolo, ma non mancano gli ormai famosi personaggi secondari: Olaf si conferma a tutti gli effetti la parte comica del film, mentre Kristoff e Sven riducono purtroppo il loro tempo a schermo.

La cosa che subito salta all’occhio è il gap di tre anni: nonostante i personaggi sembrino più grandi, la vera novità sta nei temi trattati dal film e dai personaggi. Olaf ragiona sulla vita e su cosa può significare essa, Kristoff cerca in tutti i modi di essere degno di Anna, mentre le due sorelle tentano di capire come aiutare il proprio popolo ed essere delle regnanti degne.


Volano quindi, tra una canzone e l’altra, temi come l’amore, i rapporti interpersonali, la caducità della vita e le responsabilità degli adulti: coraggioso quindi il tentativo Disney di rendere il film adatto a più spettatori, anche se forse alcuni dialoghi potranno sembrare difficili da comprendere per un bambino.


Volano quindi, tra una canzone e l’altra, temi come l’amore, i rapporti interpersonali, la caducità della vita e le responsabilità degli adulti: coraggioso quindi il tentativo Disney di rendere il film adatto a più spettatori, anche se forse alcuni dialoghi potranno sembrare difficili da comprendere per un bambino.

A prescindere da tutto ciò, la costruzione del film rimane comunque fruibile dai giovani, basandosi sul classico concept dell’avventura. L’interpretazione dei doppiatori è ben fatta: Serena Rossi torna a vestire la voce di Anna, mentre Serena Autieri quella di Elsa e Enrico Brignano il divertentissimo Olaf. Purtroppo tra le tre, quella che risulta un po’ fuori dal contesto è proprio la voce di Serena Autieri, che manca di qualche sfumatura in confronto all’originale. Si invertono invece i ruoli nella parte cantata: scelta forse proprio per la sua voce, l’Autieri porta una performance vicina alla controparte originale di Idina Menzel, specialmente vista la difficoltà del pezzo. Parlando delle canzoni del film, “Nell’ignoto” (in originale “Into the Unknown”) è il pezzo cardine della pellicola, e fa da punta di diamante ad una colonna sonora al livello – se non addirittura superiore – di quella del primo film. Stavolta, a differenza del primo Frozen, gli sceneggiatori hanno optato per delle tracce soliste preponderanti, dando spazio all’introspezione, alla presa di coraggio e al voler andare avanti (nel primo film invece trovavamo canzoni come “La Mia Occasione” di Anna e Hans).

Particolare attenzione va fatta verso due punti fondamentali: il primo riguarda lo stile musicale, mentre il secondo l’essere consci della propria ambientazione. Partendo da quest’ultimo, un paio di volte durante il film troverete degli easter egg divertenti legati alla prima pellicola e alle cose che l’hanno resa più famosa. Evitando spoiler, un paio di volte potrete sentire e vedere degli stralci legati a Frozen, adatti sia a contestualizzare verso dei bambini che non hanno visto il primo, sia a collegare per bene i due film. Per quanto riguarda invece lo stile musicale, risulta davvero interessante vedere la canzone di Kristoff, decisamente stile rock anni ’80 e molto adatta al tipo di personaggio: proprio questa rende lampante come le canzoni siano state disegnate sui personaggi, ora ben più definiti (visto che parliamo di sequel).

La colonna sonora del film, come abbiamo detto, è di altissimo livello: se la canzone solista di Elsa tenta di rimpiazzare All’Alba Sorgerò, anche quella di Anna stavolta è più incisiva, facendola salire un po’ di livello e avvicinandola a quella della sorella. Anche quella di Olaf è molto ben strutturata, e tutte e tre mantengono il classico stile da musical visto nella maggior parte dei cartoni animati Disney. Quella che si discosta un po’ è la canzone di Kristoff, un inno al rock e alle ballate romantiche, che ne copia gli stilemi anche nella parte visiva, diventando a tutti gli effetti una sorta di video musicale (con tanto di richiami ai maggiori esponenti del genere). Per il resto, graficamente il film porta l’asticella ad un livello più alto, con degli effetti spettacolari, delle scene davvero bene congegnate e una resa a schermo decisamente migliore della precedente.


Frozen II – Il Segreto di Arendelle sfata il mito dei sequel, confezionando un seguito delle avventure di Anna e Elsa decisamente di livello: passando dall’animazione fino alle canzoni, con in mezzo i dialoghi e le scene d’azione, nulla di tutto ciò è lasciato al caso, ma anzi è perfettamente bilanciato e porta su schermo 103 minuti divertenti, esaltanti e perfino toccanti.


Simone Lelli

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