Cinema & Serie TV

La casa di carta 3: le nostre prime impressioni sulla serie

Che possa piacere o meno, La casa di carta (conosciuto in patria come La casa de papel) ha riscosso un forte successo nel cuore del pubblico. Al netto di tutte le limitazioni del caso di una serie tv tutto sommato inizialmente a basso costo, la cui affermazione era pressoché inaspettata, lo show ha saputo farsi spazio, diventando uno dei più seguiti su Netflix. La serie spagnola è stata distribuita in due parti sulla nota piattaforma streaming, finendo brevemente col diventare un fenomeno a tutto tondo. Per tal motivo, l’annuncio di una terza parte, nel bene o nel male, ha suscitato subito il grande interesse nel cuore dei fan, desiderosi di scoprire – più che altro – come avrebbe progredito una storia che, a conti fatti, aveva già conosciuto ampiamente il significato della parola fine. Con l’uscita prevista per il prossimo 19 luglio, abbiamo avuto modo di vedere in anteprima i primissimi due episodi della terza stagione, episodi che, a dire il vero, hanno fondamentalmente confermato buona parte dei dubbi della vigilia sull’effettiva qualità del prodotto. Dare un giudizio definitivo però è assolutamente prematuro, ma le prime sensazioni non sono esattamente delle migliori. Volete sapere perché? Beh, continuate la lettura!

 

Il dubbio più grande della vigilia era legato principalmente al comparto narrativo. Come avrebbero potuto gli sceneggiatori, ora sotto il controllo diretto di Netflix, che ha deciso di acquisire i diritti dello show, continuare un prodotto di questo tipo? La risposta è semplice: in modo caotico e poco credibile. I primi minuti della prima puntata infatti ci mostrano i vari membri della banda capitanata dal “Professore” sparsi per il mondo, ricercati sul suolo Europeo, impegnati a vivere un’esistenza da sogno in mezzo al lusso, al denaro e, perché no, all’ebrezza di aver compiuto un mezzo miracolo. Si vedono quindi Tokyo e Rio amoreggiare su un’isola tropicale come novelli Bonnie & ClydeDenver e la bella Monica, diventati genitori di un bellissimo bambino – incredibilmente ribattezzato col nomignolo “Cincinnati”, ma lasciamo perdere -, vivere una vita familiare felice e spensierata, e via dicendo.

Poche idee… e si nota tutto

La nuova – felice – esistenza però è destinata a scemare velocemente. A rompere l’idillio generato dal geniale piano del Professore, ci pensa il solito Rio, che si macchia di un errore imperdonabile e che riattiva prontamente la caccia all’uomo guidata dal capo della polizia spagnola, Prieto. Una forzatura importante da parte degli sceneggiatori, i quali, per dare un intreccio narrativo alla stagione, finiscono col vanificare buona parte di quanto visto nella seconda e ultima, nonché la forza di un piano praticamente perfetto, spazzato via in un batter d’occhio. Inutile dirvi come prosegue la storia: Rio viene catturato e Tokyo rintraccia l’unica persona che potrebbe aiutarlo: il Professore. Quest’ultimo, prontamente, richiama a sé tutta la banda (più qualche nuovo volto), con un unico – ma poco coerente – obiettivo: aiutare Rio. Niente di strano, no? Fino a questo momento, sì. Se non fosse che il Professore vuole aiutarlo organizzando un altro colpo, un’altra rapina. Niente di più ovvio e capace di lasciar sprofondare la già ben poco originale direzione intrapresa alla vigilia nell’ovvietà più totale.

Com’è abbastanza evidente, questa terza stagione dello show spagnolo sembra soffrire di una carenza di idee importante, nonché di una direzione generale meno originale e nettamente più derivativa. Ciò si evince non soltanto nella trama, ma anche in tanti altri fattori. Il più grave di questi, ci sentiamo di dire, è la scelta di rendere il tutto più leggero, poiché in alcuni (non pochi) casi il tutto finisce con lo sfociare rapidamente nell’eccessivo. L’esempio del nome del bambino a cui accennavamo prima ne è l’emblema perfetto: in alcuni casi, invero, ci è sembrato di assistere quasi ad una serie comica, con buona pace anche dei fan più accaniti. È una piega che potrebbe anche funzionare, se non fosse che si aggiunge ai già tanti altri punti interrogativi generati da fattori diversi che, messi insieme, ci hanno lasciato sicuramente l’amaro in bocca.

In conclusione…

Le prime due puntate della terza stagione de La casa di carta ci hanno lasciati parecchio interdetti. Insieme ad un’architettura narrativa debole e quasi senza senso, è possibile notare una direzione generale molto più incerta, che si cimenta (senza successo) in un’eccessiva vena “comica” stonante non poco e in più di un’occasione. Se il buongiorno si vede dal mattino, non possiamo che essere pessimisti, ma per un giudizio finale ci riserviamo di attendere i restanti episodi.

Salvatore Cardone

Scrivo, cucino, mangio. Spesso contemporaneamente. Necessito di più mani.

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