Cinema & Serie TV

La Casa di Carta 4: dieci piccoli ladri e una rapina finita male

Equilibrio, lealtà, pianificazione. Se dovessimo descrivere in tre parole il credo de “Il Professore”, leader indiscusso della banda di ladri più amati della televisione, non potremmo trovarne di migliori.

Sin dai suoi primissimi vagiti, infatti, la creatura plasmata da Alex Pina e successivamente approdata su Netflix ha posto con forza l’accento su questi tre fondamentali requisiti, squisitamente indispensabili per portare a termine delle vere e proprie missioni impossibili.

Parliamo della rapina perfetta, di un piano (o piani) intricati, elaborati e soprattutto, appunto, curati nei minimi particolari atti fondamentalmente al compimento di veri e propri “miracoli”, seppur di miracoloso, in verità, ci sia comunque ben poco. Nel corso della sua ormai quasi quinquennale vita, La Casa di Carta ci ha insegnato proprio questo, ossia il valore inestimabile della dedizione e della collaborazione, della gestione, sia essa del potere sia della stessa forza lavoro, ma ci ha anche portato in dote una serie complessivamente leggera e soprattutto da seguire in binge watching, senza per forza di cose porsi poi fin troppe domande.

Ci eravamo lasciati meno di un anno fa con una terza parte decisamente più propositiva rispetto alle due precedenti, una terza parte dello show che ha avuto il grande merito di introdurre degli antagonisti forti all’interno di uno show da sempre se vogliamo debole da questo punto di vista, con ovvie conseguenze sull’economia dello show.

Il finale della precedente stagione ha, di fatto, asfaltato in qualche secondo quelli che sono, o per meglio dire erano, i dogmi fondamentali della banda, ritrovatasi in una frazione di secondo a fare i conti con una sequenza interminabile di eventi completamente sfuggiti al proprio controllo.

“Bella ciao”, insomma. Tutto sta andando a rotoli, ed è bastato un attimo per distruggere anni di duro lavoro, come una folata di vento su una torre di carte da gioco. Ma partiamo con ordine.

E se io muoio…

Il finale della passata stagione ha gettato nel panico e nel dolore praticamente ogni singolo membro della banda di ladri con la maschera di Dalì, impegnati nella missione suicida di rapinare nientemeno che la banca nazionale spagnola, con lo scopo principale di costringere le forze armate alla resa dopo aver catturato il più giovane elemento del gruppo, Rio (Miguel Herràn).

La quarta parte dello show riparte dunque, fondamentalmente, dallo stesso punto in cui si interrompe la terza, ossia nel momento in cui ogni singola certezza e convinzione di un gruppo che per lunghi tratti viene quasi descritto come invincibile, intoccabile, quasi programmato per vincere, viene spazzata via senza troppi complimenti. Il pugno duro dell’ispettrice Alicia Sierra (Najwa Nimri) ha indotto al bloccaggio, seppur minimo, della perfetta macchina innescata dal Professore (Alvaro Morte) la quale, lentamente ma inesorabilmente, ha iniziato a mostrare ben più di un segno di cedimento.

La nuova stagione riparte esattamente da dove si era conclusa quella precedente

Gli attimi finali della stagione passata hanno mostrato allo spettatore il dolore e allo stesso tempo il potere della perdita, la quale risulta rapidamente capace di dare, in questo caso di togliere, un senso a ogni cosa. La presunta morte della sua amata, ossia Raquel (Itziar Ituño), fatta prigioniera dalla polizia spagnola, desiderosa più che mai di mettere le mani sulla donna, ex membro delle forze dell’ordine e passata proprio dalla parte del nemico per amore del leader della banda, ha gettato nello scompiglio il freddo e calcolatore Professore, divenuto quasi completamente impotente di fronte a quella che sembra a tutti gli effetti la fine di un percorso ormai imminente.

I guai, però, si sa, non vengono mai da soli e proprio sul gong abbiamo visto la bella e tosta Nairobi (Alba Flores) cadere sotto i colpi nemici, cosa che ha di fatto messo, o quasi, la parola fine alle avventure della banda, ora più che mai fragile ed esposta agli attacchi esterni. E questa nuova stagione è tendenzialmente proprio questo, la continuazione di un percorso nuovo intrapreso con quella precedente, la pigmentazione di un quadro sempre più complesso ma allo stesso tempo sulla via della definizione in cui, a onor del vero, i colpi di scena non sono mai mancati e siamo sicuri non mancheranno.

La vita appare più effimera e sfuggevole che mai

I cinque episodi visti in anteprima hanno fugato ogni tipo di dubbio: la lotta è sempre più aspra e le forze in gioco sono sempre più numerose. Risulta difficile immaginare come il tutto si evolverà, e per questo dovremmo attendere i restanti tre episodi ancora avvolti nel mistero.

Noi siamo… La Resistenza!

Come già detto in precedenza, l’ultima stagione dello show, o per meglio dire la prima parte di essa, ha saputo mettere in piedi un plot tematico decisamente più interessante che in passato per quanto riguarda la gestione del cast e dei suoi protagonisti o, per meglio dire, antagonisti.

I volti nuovi introdotti, come appunto Sierra, la forte rivisitazione a nemico silenzioso dell’ex marito col dente avvelenato di Raquel, Alberto, o il nuovo capo al comando delle operazioni, lo spietato Tamayo (Fernando Cayo), hanno saputo dare allo show una carica nettamente superiore in termini di suspense e dinamismo, in cui ogni evento ha un sapore decisamente più amaro per i protagonisti, fino a quel momento, come dicevamo anche poc’anzi, caratterizzati da un’aura dì infallibilità e di strapotere a tratti irreale e soprattutto, passateci il termine, fastidiosa. Di conseguenza, forti di un apprezzamento sensibile nei confronti della nuova strada intrapresa, gli sceneggiatori hanno donato un ruolo, ma in particolare una presenza scenica, sempre maggiore e maggiormente rilevanti a questi ultimi, veri e propri “villain” della situazione chiamati a mettere al tappeto quelli che potremmo definire gli antieroi che fanno da protagonisti alle vicende principali e non.

La quarta parte de La Casa di Carta dà dunque un background più variegato in particolare alla spietata e  incinta Alicia Sierra, le cui origini vengono esplorate con maggior cura ma introduce, o per meglio dire amplia, il ruolo di uno di quei comprimari che nella passata stagione aveva già dimostrato di avere del potenziale importante inespresso. Senza anticiparvi niente, vi anticipiamo che per Tokyo (Ursula Corbéro), e per il resto della banda i problemi maggiori arriveranno dall’interno stesso della banca, in cui si annida una minaccia imponente e difficile da arginare.

Nuovi e vecchi nemici: una lotta continua contro il tempo

Si genera così una vera e propria caccia all’uomo, a una situazione ancor più paradossale e asfissiante di quella già attualmente in atto, in cui Rio, Denver e tutti gli altri sono costretti non soltanto a combattere contro il tempo, ma anche e soprattutto contro una variante moderna de “Dieci Piccoli Indiani” in cui, questa misteriosa minaccia, inizia una vera e propria caccia spietata all’interno di una Banca di Spagna sempre più teatro di eventi incontrollabili e fuori da ogni schema.

Questa prima parte di stagione ha poi il merito di dare maggior lustro anche ai nuovi comprimari introdotti nella precedente stagione, in particolare Palermo (Rodrigo De la Serna) ma anche Bogotà (Hovik Keuchkerian) e Marsiglia (Luka Peros), ma anche Juanito, un personaggio del tutto misterioso e praticamente sconosciuto sino al quinto episodio di cui però non vogliamo anticiparvi nulla.

Più lento è meglio?

La particolarità con cui maggiormente la nuova stagione si contraddistingue dalle altre è rappresentata da uno stile narrativo decisamente più lento rispetto al passato, in cui l’azione e lo scontro a ogni costo lasciano sensibilmente il campo a elementi quali l’introspezione, la riflessione e in generale al dialogo come arma più letale.

Più dialogo, meno azione ma il risultato è ancora migliore che in passato

Ne conseguono cinque episodi (su otto totali, lo ricordiamo) decisamente molto interessanti da seguire e, seppur meno dinamici e frenetici nella progressione, piacevoli e scorrevoli ma soprattutto carichi di suspense e di colpi di scena. La narrazione appare dunque nettamente più centrale rispetto all’azione, e si affida ancora una volta allo stilema ben rodato dei flashback, che – tra le altre cose – motivano la presenza nel cast di uno personaggi più amati, il buon vecchio Berlino (Pedro Alonso), ma sopratutto offrono un quadro più chiaro di tutto ciò che poi sta accadendo nel presente, un presente sempre più nebuloso.

Per quanto ci provi, però, La Casa di Carta rimane pur sempre una telenovelas e ciò si palesa con forza proprio nella gestione dell’evoluzione degli stessi protagonisti, i cui dilemmi amorosi, i capricci, i tradimenti (presunti o veramente tali) e le macchinazioni sono un elemento predominante e ricorrente. La nuova stagione viene anche arricchita, a nostro modo di vedere, da un comparto tecnico decisamente predominante rispetto al passato.

Cerco un centro di gravità permanente… che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose, sulla gente…

Se si guardano in particolare ad elementi quali le esplosioni, la distruttibilità di alcuni scenari e, per usare un termine ludico, i particellari vari, si evince un lavoro molto più accurato nella cura e nella gestione degli effetti speciali. Discorso molto simile, ma allo stesso tempo in parte differente, per la colonna sonora, da sempre uno dei punti di forza della serie creata da Alex Pina. Le già splendide canzoni ascoltate in passato si arricchiscono ora con altri pezzi, fieramente proveniente dal nostro Paese, come Ti Amo di Umberto Tozzi o Centro di gravità permanente di Battiato, che donano ad alcuni passaggi una freschezza a tratti innocente, quasi estranea alla natura stessa dello show.

Buono, nel complesso, il doppiaggio italiano, seppur – a parer nostro – la serie rimanga molto più godibile in lingua originale.


In conclusione


Questi primi cinque episodi della quarta stagione de La Casa di Carta ci hanno convinto e appassionato, e siamo sicuri possano fare lo stesso anche per voi, a patto che, chiaramente, siate tra quelli che stimano lo show. Con una direzione diversa ma allo stesso tempo conservativa, gli sceneggiatori hanno confezionato un nuovo blocco di episodi interessante e imprevedibile, se vogliamo in grado di superare quello della passata stagione per quanto riguarda la cura di alcuni dettagli e di alcune situazioni. Coi restanti tre episodi da vedere vogliamo in ogni caso premiare lo sforzo di Alex Pina nel cercare di dare una nuova linfa a uno show erroneamente troppo sottovalutato nel contesto serial attuale.

Salvatore Cardone

Scrivo, cucino, mangio. Spesso contemporaneamente. Necessito di più mani.

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