Cinema & Serie TV

La recensione di Strappare lungo i bordi, la prima serie animata di Zerocalcare

Per la scrittura di questa recensione di Strappare lungo i bordi, terminata la visione dell’ultimo episodio, ho sentito l’esigenza di prendermi una piccola pausa. Una pausa necessaria per lasciar decantare e metabolizzare il contenuto di un’opera che, come spesso capita nella produzione di Zerocalcare, non ha paura di affrontare, tra una risata e l’altra, temi e situazioni tutt’altro che frivole.

Strappare lungo i bordi, in sostanza, è la messa a punto in forma compiuta dei tentativi di animazione (artigianale e domestica) fatti dall’autore romano negli ultimi anni e che avevano trovato, fino ad ora, il miglior compimento nella serie Rebibbia Quarantine, in cui Zerocalcare raccontava al paese, con grande successo, il suo modo di vivere il primo lockdown causato dall’epidemia di covid-19.

Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata e, nonostante il covid sia ancora fortemente presente nelle vite di tutti noi, l’autore di Rebibbia ha trovato in Netflix e nei suoi mezzi produttivi il veicolo attraverso il quale dare ai suoi cartoon una veste estetica di livello.

Un finto road movie

I sei episodi che compongono questa stagione di Strappare lungo i bordi, ciascuno della durata di circa venti minuti, sono tenuti insieme da quella che, sulle prime, appare come un tenue sviluppo orizzontale del racconto, un contenitore di situazioni a cui viene data la forma del road movie.

Zero, Secco e Sara, si danno appuntamento per intraprendere un viaggio del quale non ci viene sostanzialmente spiegato nulla e che diventa il pretesto per una sorta di autoanalisi/flusso di coscienza del protagonista che parte dall’infanzia passando per la prima adolescenza, fino alla maturità. Il viaggio diventa quindi un viaggio nella mente di Zerocalcare e nel suo modo piuttosto peculiare di percepire i piccoli e i grandi eventi della vita, le relazioni sociali, il lavoro, etc.

Un linguaggio in perfetta continuità tra la serie e l’opera cartacea

Questa scelta di linguaggio pone Strappare lungo i bordi perfettamente in continuità con l’opera cartacea dell’autore, in cui il punto di vista presentato è sempre quello dell’autore stesso sotto forma di protagonista. A sottolinearlo ulteriormente la scelta, così come accadeva in Rebibbia Quarantine, di affidare allo stesso Zerocalcare il doppiaggio di tutti i personaggi, a eccezione ovviamente del sempre presente Armadillo che, come il pubblico più affezionato di Michele Rech saprà, rappresenta la forma fisica della coscienza del protagonista. La voce dell’Armadillo, come noto, è quella del bravissimo Valerio Mastandrea, perfetto nel suo tono satirico e canzonatorio.

Riso amaro

La struttura di Strappare lungo i bordi consente una libertà pressoché totale di situazioni senza continuità. Come nei corti animati già realizzati dall’autore si passa da un argomento all’altro in maniera repentina e il piano visivo e la voce narrante, spesso, sembrano reclamare a vicenda l’attenzione dello spettatore. Complice anche un ritmo forsennato che non lascia quasi il tempo di assimilare le informazioni e che colpisce lo spettatore con una serie di gag riuscitissime e irresistibili.

Si ride tantissimo durante la visione e si ride di gusto. Dopo pochissimi minuti di visione si è già completamente assorbiti e calati nel colorato contesto urbano che fa da sfondo alle vicende. Rido ancora mentre scrivo questa recensione, ripensando ad alcune situazioni tanto surreali quanto credibili.

Strappare lungo i bordi si pone perfettamente in continuità con l’opera cartacea dell’autore

In alcuni casi i contenuti non sono completamente inediti ma sono una versione riveduta, corretta e ampliata di quelli che il pubblico più affezionato dell’autore non faticherà a riconoscere: un esempio su tutti l’ormai leggendario dissidio interiore nella scelta tra la “sicura” pizza margherita e la “pizza stocazzo”, sul quale attendiamo un approfondimento dai colleghi di Garage Pizza!

E poi, mentre ridi, improvvisamente, Strappare lungo i bordi decide di sferrarti una sequela di pugni allo stomaco capace di portarti alla lacrime: una combo con tanto di shuriken, come direbbe l’autore stesso. E ti lascia nudo, impreparato, perché come spettatore avevi abbassato la guardia, cullato dalle divertenti disquisizioni sulla difficoltà del tenere la casa in ordine o sulla temperatura molesta dell’aria condizionata nei vagoni dell’alta velocità.

Un’opera matura

Nella sua interezza, dunque, Strappare lungo i bordi riesce a compiersi in maniera pressoché perfetta. L’episodio finale riesce a tirare le fila di un discorso intelligentemente celato fino a quel momento e a unire tutti i punti e i temi della narrazione. La metafora esistenziale del disegno da ritagliare (da cui appunto il titolo) assume una rilevanza tutt’altro che banale e l’autore Zerocalcare dimostra ancora una volta tutta la sua maturità e sensibilità.

Un’opera matura anche da un punto di vista dell’animazione made in Italy, grazie allo straordinario lavoro dello studio milanese Movimenti e al supporto produttivo di Netflix che può dirsi decisamente orgogliosa nell’ospitare sulla propria piattaforma la prima vera opera animata di quello che, a conti fatti e con merito, è il più apprezzato e prolifico autore di fumetti italiano del momento.

Strappare lungo i bordi è visivamente ricco e rende finalmente giustizia al peculiare tratto dell’autore (cosa che non aveva decisamente fatto il dimenticabilissimo film live action de “La profezia dell’Armadillo”). Le animazioni esaltano l’espressività dei personaggi e la regia, curata dallo stesso Zerocalcare, è sapiente e misurata con diverse trovate interessanti. Un discorso a parte va fatto per le innumerevoli citazioni pop/nerd presenti nei disegni, talvolta espliciti, talvolta celati e che solleticheranno e divertiranno gli spettatori più attenti.

Nella sua interezza, dunque, Strappare lungo i bordi riesce a compiersi in maniera pressoché perfetta

Unica piccola nota di demerito nel missaggio sonoro a volte troppo sbilanciato nel rapporto musica/voci a discapito di queste ultime, mentre la colonna sonora, nella quale spiccano i pezzi del punk rocker romano Giancane, è l’accompagnamento perfetto del peculiare mondo di Zero.

Insomma Strappare lungo i bordi è una scommessa vinta in primis dall’autore stesso, che da tempo sognava di misurarsi con un prodotto di animazione più complesso e in secundis di Netflix, che ha reso possibile questo sogno. I fan del fumettista romano non resteranno delusi ma anche chi non conosce l’opera pregressa di Michele Rech difficilmente resterà indifferente. Anzi, Strappare lungo i bordi rappresenta forse il punto di ingresso perfetto per innamorarsi di questi bellissimi personaggi e delle loro vite imperfette.

Un prodotto che fa ridere, piangere, commuovere mentre, al contempo, intrattiene in maniera eccellente. Un’opera che, una volta terminata la visione, ti lascia seduto sul divano in balia di riflessioni esistenziali e bilanci di vita, che semina e germoglia nello spettatore.

Chiudiamo dunque questa recensione di Strappare lungo i bordi consigliandone caldamente la visione a tutti su Netflix a partire dal 17 novembre.

Leonardo Alberto Moschetta

Appassionato di videogiochi dal lontano...ehm..troppo tempo. Amo ogni genere di audiovisivo, in particolare il cinema, al punto da aver trasformato in lavoro questa mia passione. Tra le altre mille passioni: Giappone, Cibo, Vino, Musica, un po'di sport (il fantacalcio conta?), letteratura, fumetti e...

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