Con l’incombere di una competizione sempre più agguerrita nel bacino di utenza potenzialmente sconfinato dei servizi di streaming video ad abbonamento, è più che normale cercare di mirare e fidelizzare un preciso tipo di pubblico. Se da una parte quindi Netflix ha saputo osare in ambito cinematografico, lo stesso non è possibile dire per quanto riguarda tutta la produzione seriale, che – a causa pure di prospettive future non esattamente rosee – si è in pratica ridotta per gran parte al genere dei teen drama. É un genere perlopiù economico e in primis apprezzato – appunto – da un pubblico adolescenziale, che la compagnia di Reed Hastings deve assolutamente tenersi ben stretto. Qualche volta la cosa funziona (vedasi Sabrina), altre volte decisamente no. Locke and Key purtroppo fa parte di questa seconda casistica.
Tratta dalla celebre serie di fumetti di Joe Hill – che non ho letto, e a questo punto voglio leggere nella speranza di dimenticarmi della controparte televisiva -, Locke and Key è una serie che gira attorno alla famiglia Locke, i tre fratelli Tyler, Bode, Kinsey, che si trovano a tornare alla villa di famiglia con la madre Nina in seguito alla morte del padre Rendell. Come naturale però non tutto va per il verso giusto, e i ragazzi si troveranno a scoprire i segreti del proprio retaggio sulla loro pelle.
L’incipit di Locke and Key muove dall’omicidio di Rendell Locke
Come vi dicevo, l’incipit di Locke and Key muove dall’omicidio di Rendell Locke, ucciso in circostanze misteriose di fronte alla propria famiglia, lasciando alle spalle le tante verità nascoste sul suo passato che hanno portato in definitiva a quel tragico dispiegarsi di eventi. I Locke, Nina, Kinsey, Tyler e Bode, cercano quindi in ogni modo una sorta di partenza da zero, per dimenticare quello che è stato e lentamente iniziare una nuova vita, e per questo si trasferiscono nella tenuta di famiglia in Massachusetts, la Keyhouse.
Quello che non sanno però è che la ricerca di nuovi orizzonti paradossalmente li rigetterà con prepotenza nel passato, svelando il legame tra le azioni di Rendell e le abilità delle diverse chiavi magiche che troveranno all’interno della casa. Qualcun altro senza scrupoli nel mentre è alla ricerca delle chiavi, e non per nobili scopi.
Locke and Key è soprattutto un teen drama, fino al midollo
Nonostante da questa sinossi super concisa potrebbe non sembrare, Locke and Key è soprattutto, fino al midollo, un teen drama, che però non riesce nemmeno nell’impresa di far empatizzare con anche solo uno dei propri personaggi. I dialoghi sono spesso triti e ritriti nel genere, i personaggi poco memorabili e in gran parte fastidiosi, tutti piatti come una foglio di carta, alcuni passaggi narrativi sono pretestuosi e la forza del concept e dell’immaginario è soffocata dalla volontà di voler annacquare il tutto con parentesi adolescenziali e simili.
Il grosso rammarico sta nel riuscire a vedere le grandi potenzialità delle intuizioni del materiale originario
Il grosso rammarico è proprio qui, nel riuscire a discernere la potenzialità di alcune intuizioni del materiale originario (l’opera di Joe Hill), e vederne in pratica il valore gettato alle ortiche. Perché, cerco di chiarirmi, la serie ha tantissime idee valide, alcune addirittura geniali, e i singoli poteri delle singole chiavi sono estremamente intriganti, virtualmente, come dimostrano gli intelligenti colpi di scena e le diverse piccole chicche.
Tuttavia, l’intreccio realmente rilevante sboccia solo a metà stagione (dove le cose si fanno quantomeno più coinvolgenti), con i primi quattro episodi (e mezzo) che fanno da diluizione al resto, monopolizzati quasi esclusivamente da storyline di relazioni sentimentali varie (eccetto una, tutte fini a sé stesse) e alti e bassi adolescenziali che non interessano e coinvolgono, anzi. Queste derive letteralmente divorano l’ossigeno della serie, e persino quegli elementi che dapprima sembravano esuli da questo trattamento, alla fine ne vengono ugualmente toccati.
Specie su questo piano, ma anche su molti degli altri sviluppi drammatici, Locke and Key è la fiera del già visto, non ha un’anima, o meglio, perde la propria anima costruendosi artificialmente come un prodotto edulcorato e scolasticamente mirato ad un pubblico sul quale probabilmente nemmeno farà presa.
Nel cast è davvero complesso salvare qualche elemento
Il merito della debacle però non sta esclusivamente nella sceneggiatura, che ci mette comunque del suo, ma anche nel cast, di cui davvero purtroppo ho difficoltà a salvare qualche elemento. Certo, diciamo che la scrittura non lascia molto spazio ai singoli membri del cast di brillare in qualche modo, ma ciò non giustifica performance di medio/basso livello estese all’intero gruppo di attori. In primis, in negativo, Emilia Jones come Kinsey – oltre al fatto dell’interpretare un personaggio urticante – o vanta una sola espressione, o va a forzarsi in overacting nelle sequenze drammatiche; Connor Jessup come Tyler meglio, ma mai brillante in alcuna situazione; Jackson Robert Scott come il piccolo Bode è invece il più adatto al ruolo, pur ben lontano dall’eccellenza.
Laysla De Oliveira come la villain Dodge – al netto della monotona perfidia e di omicidi vari – non è mai realmente credibile come principale minaccia della serie, e lo Scot di Petrice Jones (un ragazzo appassionato di cinema di genere, intrecciato sentimentalmente con Kinsey) è senza il minimo dubbio il personaggio più ridondante di questa stagione.
Per ultimo, essendo una serie di per sé fantasy/teen drama, faccio notare la qualità mediocre della computer grafica e degli effetti utilizzati nella serie. La Ghost Key, che libera l’anima dal corpo di un individuo, regala modelli tridimensionali piuttosto abbozzati e allucinanti, e anche lo scontro finale, che coinvolge diverse creature, rivela tutti i limiti di valori produttivi che evidentemente non rispecchiano le aspirazioni e le necessità, come osservabile anche nel sonoro.
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Non capisco come possa essere uscita fuori una roba del genere da dei racconti eccezionali come quelli scritti dal King junior. Netflix ha pensato bene di edulcorare il tutto e rendere una serie potenzilamente oscura e inquietante in uno spettacolo per famiglie e bambini. Terribile e deludente.