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Pokémon: Detective Pikachu – I Pokémon come non li avete mai visti

Se mi avessero detto, circa 20 anni fa, che andando al cinema avrei potuto vedere dei Pokémon prendere vita in un film live action dalla trama interessante e pieno di spunti accattivanti, probabilmente c’avrei riso su per giorni. Eppure ci siamo: tra 3 giorni arriverà nelle sale italiane (il 10 maggio negli USA) Pokémon: Detective Pikachu, film che abbandona il filone delle pellicole d’animazione di Ash e compagni, adottando un approccio graficamente realistico e una trama decisamente differente dal classico gioco RPG (ispirandosi invece all’omonimo gioco uscito per 3DS). Abbiamo avuto la fortuna di vederlo in anteprima nella cornice di Cinecittà World, durante un’evento costruito ad hoc per l’occasione, ed ecco cosa ne pensiamo. Partiamo dall’assunto che il film si prende carico di un pesante fardello: come si può raccontare una nuova storia di Pokémon senza cadere nel banale (con i vecchi fan) e, allo stesso tempo, accontentando tutto il nuovo pubblico che con questa pellicola avrà modo di approcciare il brand al cinema? Dando alla pellicola una doppia anima: da un lato, un approccio leggero e non troppo pretenzioso verso una mitologia che ormai ha raggiunto centinaia di migliaia di pagine, dall’altro invece la giusta strizzata d’occhio verso quelle piccolezze che fanno impazzire i pokemaniaci.

La trama della pellicola è adatta ad ogni tipo di pubblico

La trama elaborata per l’occasione cade a puntino: il film racconta le vicende di Tim Goodman (Justice Smith), figlio del detective Harry Goodman, che si troverà a dover tornare a Ryme City per investigare sulla scomparsa di suo padre, assieme ad uno strano Pikachu parlante (interpretato da Ryan Reynolds) dalle spiccate doti investigative. La scelta di Ryme City è perfetta: la città, infatti, vanta un totale discostamento dal classico rapporto Allenatore-Pokémon, permettendo ad esseri umani e Pocket Monsters di vivere insieme in armonia, aiutandosi gli uni con gli altri. Ecco quindi che questo dettaglio permetterà di vedere pompieri lavorare assieme a degli Squirtle, poliziotti addestrare dei Growlithe e dei Charmender come compagni, e via discorrendo. In questa cornice si va ad innestare una sottotrama familiare che, nel corso del film, approfondirà la psicologia del protagonista e, procedendo con cautela in poco meno delle due ore di durata del film, porterà tutti i tasselli al loro posto. L’anima leggera e intuitiva si vede proprio in questo: la trama della pellicola è adatta ad ogni tipo di pubblico, evitando giganti ostacoli dovuti ad una lore decisamente molto impegnativa e raccontando una storia che ha poco a che vedere con tutti i minuziosi dettagli che i pokefan conoscono, senza però stravolgerne il significato ne tantomeno l’anima. Forse ha aiutato il fatto che dietro a sceneggiatura e regia ci fosse proprio Rob Letterman, già visto in Piccoli Brividi, Shark Tale e Mostri contro Alieni.

Durante il film ci saranno fiumi di richiami a serie animate e videogiochi

Ogni medaglia ha però il suo rovescio (e non sempre è negativo): sarebbe stato poco rispettoso tralasciare tutto il potere che gli oltre 20 anni del brand possiedono, e Letterman non lo fa minimamente. Durante il film, disseminati in ogni anfratto, ci saranno fiumi di richiami a serie animate e videogiochi dedicati a questi esserini, nascosti come easter egg solo per i veri pokemaniaci. Evitiamo di rovinarvi la sorpresa rivelandovene alcuni (ma, dopo la visione, vi invitiamo a scrivere nei commenti quelli che troverete), ma vi basterà sapere che un fan dei Pokémon si alzerà decisamente felice dopo la visione del film. Insomma, cancellate il dubbio dalla vostra testa: la pellicola è decisamente in continuity, fa molti richiami ad alcuni eventi storici (senza però basarci tutta la trama sopra) e lancia qualche piccolo spunto capace di strappare quel sorriso a metà tra il nostalgico e il divertito.

Si prende la libertà di evitare il grande peso delle “origin story”

La strada intrapresa dallo staff non è per nulla quella calpestata nel 1999 con il film di Pokémon, quella pellicola che vedeva sentimenti, battaglie, sfide e coraggio trasmettere grandi e significanti idee a quei giovani bambini e bambine che avevano portato i genitori a vedere un cartone animato al cinema: al contrario, nonostante il divertimento, la trama di Pokémon: Detective Pikachu non brilla di colpi di genio, ne ci prova minimamente (e va anche bene, visto il target di riferimento). La magia però sta nell’approccio: come vi abbiamo già detto poche righe sopra, lo staff del film ha il potere di un brand decisamente più rinomato di come era 20 anni fa, e per questo si prende la libertà di evitare il grande peso delle “origin story”, prendendo per vero il fatto che chiunque conosca Pikachu. D’altronde, il ragazzino di 12 anni che aveva visto il film di Pokémon, probabilmente tra qualche giorno porterà il suo di figlio a vedere quest’avventura, quindi diciamo che le generazioni, scalando di età, hanno un po’ “rotto” quella patina di mancata conoscenza che c’era prima.

Dal lato tecnico la CGI utilizzata è strabiliante: ogni singolo Pokémon (e qui un grande applauso va fatto anche ai designer che hanno saputo immaginarli in live-action) porta con se tutte le sue caratteristiche tipiche, esprimendo però qualcosa di nuovo con la scelta di approcciare un realismo molto elevato. La vera grande perla rimane però la congruenza tra il mondo Pokémon e quello umano: le due sfere coincidono perfettamente, rendendo decisamente realistica la sensazione di questo mondo – logicamente frutto d’invenzione – del quale rimarrete soddisfatti e convinti fin dalle prime battute. Ad affiancare Smith e Reynolds, troveremo un cast composto da Kathryn Newton (Lucy Stevens), Ken Watanabe (Detective Yoshida), Bill Nighy (Howard Clifford), Chris Geere (Roger Clifford) e la cantante Rita Ora (nei panni della dottoressa Ann Laurent). La vera stella, nonostante l’ottimo lavoro di Smith e Newton, rimane comunque Ryan Reynolds: donando al Detective Pikachu non solo la voce (in italiano il film è doppiato da Francesco Venditti, voce dell’attore quando interpreta Deadpool), ma anche le movenze facciali, il piccolo investigatore accalappia tutta l’attenzione fin dalla sua prima comparsa.

Esplorando non più la storia di un allenatore che combatte con i suoi Pokémon, ma quella di un rapporto alla pari tra un Pikachu parlante e un ragazzo alla ricerca del padre, il film offre un interessante punto di vista diverso dal solito. Insomma, Pokémon: Detective Pikachu non è un film dal grande significato o ricco di colpi di scena, e va più che bene. La pellicola è un divertente, spassoso, talvolta adrenalinico viaggio all’interno di un qualcosa di raro all’interno del panorama cinematografico del brand, capace dopo oltre venti anni di raccontare ancora come sia importante l’amicizia (in questo caso, tra Pokémon e essere umano, ma non solo).

Simone Lelli

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