Bentornati a Moordale e benvenuti in questa recensione di Sex Education 3, la terza stagione della serie teen (ma non solo) più progressista degli ultimi anni. Dopo una pausa di quasi due anni a causa dell’epidemia di covid, il liceo più sessualmente libero del piccolo schermo torna con la sua formula consolidata e apprezzata, arricchito da qualche volto nuovo.
Ce la faranno Maeve ed Otis a coronare, finalmente, il loro sogno romantico? Non ve lo diciamo, ovviamente.
Gli eventi della terza stagione prendono il via a stretto giro rispetto al finale della precedente stagione. I rapporti tra Otis e Maeve si sono molto raffreddati dal momento che quest’ultima ignora, a causa di Isaac, la dichiarazione d’amore telefonica a cuore aperto di Otis, il quale si è nel frattempo consolato in una relazione di solo sesso con la popolarissima Ruby. Eric e Adam, invece, imparano lentamente a conoscersi mentre Jacob e Jean, in attesa di un figlio, provano a trovare la quadra per essere genitori “disgiunti” ma presenti.
Intorno a loro ritornano tutta la pletora di personaggi che abbiamo imparato a conoscere nelle due precedenti stagioni, da Ola ad Aimee, da Jackson a Rahim; non mancano però alcune nuove entrate, su tutte Jemima Kirke (volto noto di Girls) nei panni della nuova preside Hope e Dua Saleh nei panni di Cal, studentessa non binaria che instaurerà una bella amicizia con Jackson Marchetti.
Sarà proprio il personaggio della Kirke, in veste di antagonista principale, a portare nuovamente scompiglio nelle vite scolastiche (e private) dei diciasettenni di Moordale. La preside Hope infatti, in barba alla sua giovane età, tenterà di trasformare quella che ormai è nota alle cronache come “la scuola del sesso” in un istituto rigoroso e bacchettone, in cui la forma vince sul contenuto e sulle singolarità.
Un personaggio, quello di Hope, che sulle prime lascia un po’ perplessi ma che, con il progredire delle otto puntate che compongono questa terza stagione, si sviluppa grazia ad una scrittura intelligente, che ne rivela complessità e debolezze. Decisamente un’aggiunta valida, nonostante proprio ad alcune azioni della neo preside siano legati i passaggi narrativi meno credibili di questa stagione.
Per quanto riguarda ritmo e scrittura, questa terza stagione rimane nel solco nella precedente, prediligendo un racconto corale che non definisce nettamente protagonisti e comprimari. Come nella stagione precedente, ad esempio, proprio Otis e Maeve risultano ridimensionati sia come tempo a schermo che come sviluppo, soprattutto nella prima metà di stagione.
Maeve in particolare sembra un po’ scevra dal racconto, relegata in una linea narrativa quasi parallela: i problemi con la madre tossicodipendente, l’affidamento della sorellina, l’amicizia con Isaac. La stessa prova attoriale della Mackey è, a mio giudizio, la meno convincente del pacchetto, quasi svogliata, complice sicuramente anche la scrittura non così a fuoco di un personaggio che sembra aver già detto tutto e incapace di evolversi in maniera interessante.
Una pecca che viene evidenziata ancor più, per differenza, dalle straordinarie performance che la serie ha da offrire. In primis la solita Gillian Anderson, che in questa terza iterazione trova ancora più spazio, una spanna sopra tutti gli altri. Eccellenti però anche le performance, ad esempio, di Ncuti Gatwa nei panni di Eric e di Mimi Keene, la quale ci offre un’inaspettato e apprezzabilissimo approfondimento dello spettro emotivo di Ruby.
Una menzione d’onore la meritano poi gli uomini della famiglia Groff, Adam e Michael. Entrambi i personaggi sono tra i più belli e teneri della stagione e tanto Connor Swindells quanto Alistaire Petrie sono semplicemente straordinari.
Il tono di questa terza stagione rimane quello che ha caratterizzato le due precedenti, con una prevalenza della commedia netta rispetto agli altri registri. La scrittura di Sex Education 3 è, per molti versi, più equilibrata rispetto alla precedente stagione che procedeva un po’ troppo all’accumulo. Tuttavia l’impressione è che, in alcuni passaggi, si sia cercato di esasperare certe situazioni senza che ce ne fosse reale necessità.
In uno show che, seppur con i toni della commedia, si è sempre dimostrato capace di offrire uno spaccato inclusivo e tutto sommato credibile della sessualità e affettività degli adolescenti, alcune scene, per quanto di contorno, risultano piuttosto stupide. Feci che volano dai finestrini e trip allucinogeni improbabili portano talvolta Sex Education 3 ad incursioni nel surreale che lo fanno sembrare un po’ troppo American Pie in salsa british. Niente di così malvagio, per carità, ma un peccato veniale che stona in un prodotto piuttosto rifinito in termini di scrittura.
Fiore all’occhiello di questa terza iterazione, invece, alcuni momenti squisitamente drama e genuinamente introspettivi che, abbassando il ritmo generale, aiutano lo spettatore ad empatizzare maggiormente con alcuni dei protagonisti. In generale dunque la scrittura è attenta ed efficace, meno caotica e più a fuoco. Come sempre gli autori sono riusciti a portare in scena senza peli sulla lingua la diversità (anche fisica) genuinamente e senza ipocrisie di sorta. Da questo punto di vista Sex Education è un unicum, un punto di riferimento fulgido.
Giunti a questo punto della recensione di Sex Education 3 è doverosa una lode al comparto tecnico: come anche nelle precedenti stagioni e forse anche di più, questa nuova iterazione della serie regala allo spettatore una mirabile esplosione di colori grazie soprattutto ad un lavoro di costumi e scenografie strepitoso, coadiuvato da un’ottima direzione della fotografia.
Ottimo in linea di massima, seppur con qualche momento meno brillante, il ritmo delle puntate, grazie ad un attento lavoro di montaggio che regala alcune sequenze particolarmente gustose come la clip introduttiva del primo episodio, eccellente anche da un punto di vista registico. La regia è asciutta e puntuale, priva di virtuosismi fini a sé stessi e anzi capace di lavorare in sottrazione per far emergere le performance degli attori.
Insomma un pacchetto estetico sempre molto godibile e dotato al contempo di un’identità ben precisa… e poi c’è una citazione de che mi ha fatto battere il cuore.
In conclusione, come avrete intuito, questa recensione di Sex Education 3 rappresenta una promozione abbastanza piena; al netto di qualche sbavatura, quello che rimane inalterato è il cuore genuinamente progressista di un prodotto ben scritto, ben diretto e ben confezionato. Probabilmente, opinione del tutto personale, non sarebbe una scelta del tutto sbagliata quella di terminare qui, nel pieno della maturità del prodotto, le avventure dei liceali di Moordale. Il rischio di mungere un po’ troppo la vacca comincia a essere palpabile tuttavia il successo probabile di questa terza stagione spingerà quasi certamente Netflix a ordinarne una quarta.
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