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Space Force, la recensione: Steve Carell ci porta alla conquista della Luna

Il 18 giugno del 2018 il governo degli Stati Uniti d’America ha avviato le operazioni per la costituzione della sesta forza armata operativa, la Space Force. L’obiettivo, secondo quanto dichiarato dal presidente Trump in più occasioni, è quello di rendere “l’America di nuovo prima anche tra le stelle”.

La nuova, omonima serie comedy prodotta da Netflix, ideata da Greg Daniel (Saturday Night Live, I Simpson, The Office) e dall’attore Steve Carell (Little Miss Sunshine, Foxcatcher) ha come protagonista proprio la neonata forza armata a stelle e strisce, impegnata a trovare il proprio spazio e a costruire la propria credibilità come tutti gli “ultimi arrivati”.

 

Last but not least

Le vicende partono dalla nomina del generale Mark Naird, interpretato appunto da Carell, a capo della Space Force. A Naird si chiede di dare identità e dignità al nuovo corpo armato e di gestire, affiancato dal dottor Adrian Mallory (John Malkovic), il ritorno sul suolo lunare degli “stivali americani”, fortemente voluto e caldeggiato dal presidente.

Il fulcro comico è posto sulla ridicolizzazione di un certo tipo di patriottismo conservatore

Compiti che ben presto si riveleranno tutt’altro che semplici, tra lo scherno degli altri corpi armati, i sabotaggi russi e cinesi, le intromissioni della first lady (non si fa mai diretto riferimento ai Trump, ma lo si sottintende), che vorrebbe per i nostri uniformi più “cool”, e le follie di Tony Scarapiducci, social media manager della Space Force, interpretato da un istrionico Ben Schwartz.

A complicare ulteriormente la vita del povero Naird, poi, una situazione familiare tutt’altro che tranquilla, con una moglie in carcere per un non specificato crimine e una figlia, Erin, interpretata da Diana Silver, che vive malissimo il distacco da Washington e dalla sua vita precedente.

 

Dr. Strangelove

Non è celato che il personaggio di Malkovic sia ispirato al Dottor Stranamore di kubrickiana memoria ed in effetti il tono generale della serie ricorda moltissimo la pellicola del sessantaquattro, permeata da un umorismo surreale. Il fulcro comico è infatti posto sulla ridicolizzazione di un certo tipo di patriottismo conservatore, caratteristico di certi ambienti militari ed evidentemente condiviso dall’amministrazione Trump.

Lo scontro di visioni è incarnato dai personaggi di Carell e Malkovic

Lo scontro di visioni è incarnato dai personaggi di Carell e Malkovic, per i quali l’ambizione di un nuovo allunaggio rappresenta da una parte l’affermazione di una presunta superiorità a stelle e strisce, dall’altra un grande passo per la scienza e per la propria carriera accademica. Una dicotomia che funziona e che regala momenti di genuina comicità grazie soprattutto ad una scrittura acuta e alle straordinarie interpretazioni dei due protagonisti, i quali sono anche capaci, nella seconda parte della stagione, di allargare lo spettro emotivo dei loro personaggi.

Peccato che la grandezza dei due interpreti principali finisca per mettere in ombra tutta una serie di personaggi secondari che, pur risultando potenzialmente interessanti, trovano in fin dei conti troppo poco spazio per risultare davvero memorabili. Tra questi purtroppo anche il personaggio di Schwartz che, al netto di una convincente prova attoriale, risulta decisamente poco compiuto.

Solo negli ultimi episodi infatti avremo modo di conoscere il lato più squisitamente umano del generale Naird

Analogo destino per il personaggio della figlia di Naird, Erin, che avrebbe potuto certamente avere uno sviluppo più concreto ed interessante all’interno dell’arco narrativo, nonché avere un peso maggiore anche nello sviluppo del personaggio di Carell. Uno sviluppo, quest’ultimo, che permette di empatizzare con il protagonista ma che arriva troppo tardivamente. Solo negli ultimi episodi infatti avremo modo di conoscere il lato più squisitamente umano del generale Naird (e dello stesso Dottor Mallory) con incursioni più convincenti nella sua vita privata.

Rimangono comunque peccati minori al cospetto di una scrittura che, in linea di massima, convince e diverte quanto basta per trainare lo spettatore attraverso i dieci episodi (della durata di circa trenta minuti) che compongono la prima stagione.

 

Odissea nello spazio

Quello che decisamente convince di Space Force è senza dubbio il valore produttivo, decisamente elevato rispetto alla media di prodotti analoghi. La varietà delle location, gli ottimi e misurati effetti visivi, le scenografie dettagliate e gli ottimi costumi, tutto contribuisce a rendere la sensazione di un prodotto di qualità. Dopotutto una commedia fantascientifica merita di essere supportata, per essere credibile, da un valido comparto tecnico e in questo Space Force centra decisamente l’obiettivo.

Quello che decisamente convince di Space Force è senza dubbio il valore produttivo

Un plauso in particolare va tributato alla regia, la quale non si limita, come spesso capita in prodotti di questo genere, a catturare in maniera asettica la performance degli attori, ma contribuisce con precise e valide scelte di linguaggio ad accentuare il potenziale comico delle scene attraverso movimenti di macchina misurati. In sinergia con la regia anche il montaggio lavora, con coerenza, nella medesima direzione.

Molto curata anche la fotografia che si esalta soprattutto nelle situazioni più squisitamente sci-fi, tra sabotaggi satellitari, scimmie a gravità zero e moduli lunari.

 

 

In generale, dunque, la prima stagione di Space Force rappresenta un più che valido inizio per una serie comedy che, pur necessitando di qualche aggiustamento di ritmo e pur soffrendo di qualche personaggio poco sviluppato, ha sicuramente il potenziale per continuare a intrattenere con successive stagioni (dato anche il finale di stagione decisamente “in medias res”).

Onestamente non avremmo disdegnato una maggior “cattiveria” e un taglio in generale più satirico sui temi d’attualità che la serie si propone di trattare. In alcuni momenti infatti si ha la sensazione che lo show voglia limitarsi a tutti i costi su una linea di mero intrattenimento, senza volersi schierare, citare direttamente o approfondire determinate situazioni. Una scelta comunque rispettabile e che non compromette l’ottimo lavoro svolto.

Dal 29 maggio il generale Naird e la sua Space Force approderanno su Netflix con la prima stagione completa. Se avete voglia di risate e di tornare a conquistare la Luna, ci sentiamo di consigliarvene senza remore la visione.

Leonardo Alberto Moschetta

Appassionato di videogiochi dal lontano...ehm..troppo tempo. Amo ogni genere di audiovisivo, in particolare il cinema, al punto da aver trasformato in lavoro questa mia passione. Tra le altre mille passioni: Giappone, Cibo, Vino, Musica, un po'di sport (il fantacalcio conta?), letteratura, fumetti e...

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