Cinema & Serie TV

Star Trek: Picard – Tra vincoli e conseguenze di un complesso universo

Spazio: ultima frontiera, le parole più conosciute da parte dei fan di Star Trek (ben prima di Star Trek: Picard), una serie televisiva nata negli anni ’60 che raccontava le storie di un equipaggio con il solo obiettivo di esplorare il cosmo alla ricerca di nuove forme di vita. William Shatner all’epoca recitava la parte del capitano James T. Kirk, accompagnato dal mezzo-vulcaniano Spock (interpretato da Leonard Nimoy). Chiusa dopo 3 stagioni e 79 episodi (e seguita da una serie animata), le storie di Kirk e Spock hanno trovato nuova linfa vitale nei film degli anni ’80.

A cavallo del periodo tra il quarto e il quinto, il creatore della serie originale pensò di portare alla vita una nuova serie tv, stavolta ambientata 80 anni dopo le storie precedenti e con un nuovo equipaggio: parliamo di Star Trek: The Next Generation. Ci sono state poi tante serie tv (Deep Space Nine, Voyager, Enterprise e la più recente Discovery), ma l’equipaggio capitanato da Jean-Luc Picard, affiancato dal fantastico essere sintetico Data, è rimasto impresso nel cuore dei fan al punto che dal settimo film è avvenuto il cambio della guardia, portando su schermo entrambi i capitani. Con il ritorno in auge quindi della serie, era scontato che uno dei due storici protagonisti sarebbe tornato, ma effettivamente non ci aspettavamo il modo in cui è stato fatto.

 

 

Picard non è uno Star Trek, anche se ne porta i segni ovunque

Picard non è uno Star Trek, anche se ne porta i segni ovunque: la trama narra le vicende di un ritirato Picard, stanco di credere alla Federazione e ancora turbato dalla morte del suo migliore amico e alleato Data (Brent Spiner), sacrificatosi proprio per salvarlo. La sua vita scorre ormai verso la fine, gestendo un vigneto assieme a dei romulani, quando una strana ragazza irrompe nella sua vita e lo costringerà a tornare in azione, fosse per un’ultima volta, per aiutarla e scoprire quanto più possibile su questo mistero.

Se non traspare da queste parole, allora ve lo spiego più chiaramente: abbandonate l’idea di viaggi interstellari esplorativi, di grande equipaggio e di puntate “procedurali” volte a far scoprire ogni episodio nuove civiltà e nuove avventure brevi. Star Trek: Picard è una produzione ispirata più dalla nuova struttura dedita al binge-watching (sebbene sia una CBS, emittente televisiva), e mostra fin da subito dei toni più dark e complessi di quanto visto in precedenza.

Ogni fantasia – specialmente quelle che sfociano nel fantascientifico – tende a raccontare in vesti diverse delle realtà già avvenute: Star Trek infatti utilizzava razze aliene, dispute e politica per raccontare una morale (blanda o definita che sia). Così come allora, Star Trek: Picard fa lo stesso ma in modo più netto, grazie soprattutto alla fan base ormai adulta e al mondo odierno, decisamente più smaliziato.

Il vecchio capitano dovrà accedere alle sue vecchie conoscenze per poter compiere quello che sembra essere il suo ultimo atto, la sua ultima avventura.

Come tutte le serie a base revival, così Star Trek: Picard prende parte del vecchio cast, lo mescola con qualche new entry e lancia questi personaggi in un turbinio di avvenimenti decisamente veloci. Proprio il vecchio capitano, ormai ritiratosi, dovrà accedere alle sue vecchie conoscenze per poter compiere quello che sembra essere il suo ultimo atto, la sua ultima avventura. Spinto soprattutto dalla voglia di rendere giustizia e, in qualche modo, farsi perdonare dal suo vecchio amico Data, l’ormai anziano Jean-Luc si troverà da un lato in un mondo che è andato avanti (mentre lui è rimasto fermo nel suo vigneto), dall’altro delle vecchie dinamiche che, volenti o nolenti, tendono a ripetersi senza eccezione di razza aliena, obiettivo e allineamento.

 

 

Il budget investito in questa serie salta subito all’occhio

Se l’intreccio è difficile da analizzare con i soli due episodi visti in anteprima, di certo invece il comparto tecnico è fin da subito strabiliante: a partire dalla sigla (che ormai tende ad occupare sempre più tempo all’inizio di ogni puntata) e passando per gli effetti speciali, il budget investito in questa serie salta subito all’occhio. Ogni singolo dettaglio è curato minuziosamente, mostrando come il tempo abbia fatto bene all’universo di Star Trek (soprattutto grazie alle nuove tecnologie). Dove però gli effetti speciali si fermano, entrano in gioco le doti attoriali del cast (e soprattutto di uno strabiliante Patrick Stewart, perfetto nel rivestire i panni di Jean-Luc Picard) e una fotografia atta ad esaltare i dettagli, le piccolezze che rendono magica ogni singola scena della serie.

A concludere il pacchetto ci pensa, ovviamente, il desidero di appagare i fan: sebbene infatti Star Trek: Picard sia visibile anche senza conoscere nel dettaglio ogni singola avventura del capitano o dell’equipaggio, conoscerle rende il nuovo viaggio ancora migliore. Infatti la serie non si trattiene tra piccole citazioni e veri grandi collegamenti con temi, storie e dinamiche del passato. Tra tutte è evidente proprio quella legata al finale del decimo film, che non solo porta alla luce lo status quo “odierno” dei romulani e della Federazione, ma anche i motori (a curvatura) che spingono i personaggi a muoversi sono risalenti a vecchie faide, vecchi progetti e vecchie ambizioni.


Nonostante Star Trek sia ancora nei nostri cuori e nei nostri pensieri grazie a Discovery e ai film reboot (che cambiano la storyline del capitano Kirk a causa di un viaggio spazio-temporale), le vecchie glorie sono dure ad appassire, e forse proprio una serie come Star Trek: Picard può darci ciò che cerchiamo. Se questo sarà un puro omaggio alla serie, un’operazione basata sulla nostalgia o la voglia di raccontare qualcosa di intelligente, solo il tempo (e le altre puntate) sapranno dircelo.


Simone Lelli

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