Cinema & Serie TV

Ultraman: il nostro giudizio definitivo sulla serie targata Netflix

Essere un eroe non è mai facile. Sulle spalle dei difensori della giustizia e della pace grava un peso a volte troppo arduo da trasportare, specialmente se fare l’eroe è un’attività tanto nuova quanto sconosciuta. Quando poi a diventare un eroe è uno studente delle superiori, in piena età adolescenziale, il tutto assume una connotazione ancor più delicata. Prima di proseguire, però, è doveroso compiere un passo indietro. Come già detto nel corso di quella che è una sorta di prima parte di recensione, scritta dopo aver visualizzato in anteprima i primi quattro episodi della saga, quella di cui parliamo è una storia continuativa, che fa da proseguo ad una vicenda ben più longeva.

La genesi dell’eroe Ultraman, infatti, risiede in un passato ben più remoto: la serie televisiva – targata 1966 – narrava le vicende dell’eroe in questione, chiamato a scontrarsi con minacce aliene continue e inesorabili. A “nascondersi” dietro alla maschera di Ultraman c’è però un essere umano, Shin Hayata, i cui geni si sono fusi col Gigante di Luce, creatura intergalattica giunta sulla Terra per salvaguardarne la specie. Tali eventi si sono conclusi col classico lieto fine della maggior parte delle storie, per poi ripartire a razzo, appunto con un nuovo arco narrativo. In tal senso è arrivato il manga di Eiichi Shimizu e Tomohiro Shimoguchi, di cui la serie in questione, targata Netflix, ripercorre in modo più o meno fedele il percorso narrativo. Gli anni sono passati e il pianeta è ormai in pace, ma tutto sta per cambiare. Una nuova minaccia aliena è all’orizzonte e stavolta, a difendere la razza umana, ci sarà si ancora una nuovo Ultraman, qualcuno che condivide con il signor Hayata, divenuto nel frattempo il ministro della difesa, i geni del Gigante: suo figlio Shinjiro.

Nuovo Ultraman, vecchi nemici

Quella che si palesa dinnanzi agli occhi dello spettatore non è soltanto una classica lotta tra il bene e il male, ma anche un vero e proprio viaggio di formazione per il giovane protagonista. Il sedicenne Shinjiro, infatti, non sembra per niente preparato al destino che lo attende, seppur le avvisaglie di una natura “speciale” hanno sempre attraversato la sua pur giovane esistenza. Al netto di una super forza incredibile ed inspiegabile e di una preparazione fisica al di là di ogni aspettativa, il ragazzo si mostra timido e impacciato.

Il giovane Shinjiro è chiamato a fronteggiare minacce aliene senza freni o limitazioni di sorta, supportato dall’immancabile SSSP, dal signor Ide, grande amico del padre, dal misterioso Endo e, soprattutto, da Dan Moroboshi.

Il suo buon cuore risulta un tratto distintivo anche una volta indossati i panni di Ultraman cosa che, in realtà, accade praticamente subito. I primi quattro episodi, difatti, hanno avuto il pregio (ma potrebbe essere anche un difetto) di partire a razzo, facendo subito catapultare nel pieno degli eventi la storia di fondo che muove il corso dell’anime. Una volta scoperto il segreto del padre e, soprattutto, l’esistenza di minacce aliene, sia nuove sia vecchie, il giovane Shinjiro è chiamato a fronteggiarle senza freni o limitazioni di sorta, supportato dall’immancabile SSSP, dal signor Ide, grande amico del padre, dal misterioso Endo e, soprattutto, da Dan Moroboshi, il quale nasconde più di un segreto e si rivelerà un personaggio molto più importante del previsto. Da qui in avanti, la trama segue un percorso tutto sommato lineare, in cui il novello Ultraman si trova a scontrarsi con creature aliene di ogni sorta, abilmente mimetizzatesi in mezzo agli umani. Il filone narrativo cambia radicalmente con l’apparizione di un serial killer alieno che, a quanto pare, uccide senza pietà chiunque si avvicini a Rena Sayama, una giovane idol molto popolare nel suo Paese.

Ultraman e la squadra della SSSP vengono incaricati di trovare l’alieno in questione, e questo fa sì che il giovane Shinjiro entri in contatto con Rena, che si rivela un personaggio più stratificato di quanto sembrerebbe. La ragazza ha infatti una sorta di rapporto di amore e odio con Ultraman, per ragioni che non vogliamo svelarvi, e il suo apporto risulterà importante ai fini della narrazione in generale, una narrazione che, però, si perde nettamente con l’avanzare degli episodi. Da un certo momento in poi, con l’arrivo di nuovi personaggi – vedi Hokuto – e con l’introduzione di un nuovo impianto narrativo, il ritmo dell’anime si spezza letteralmente in due, accompagnandoci tristemente sino ad un tredicesimo episodio che sa quasi di liberazione.

Non è un Paese per vecchi

A peggiorare il già pessimo quadro della situazione, ci pensa, come vi avevamo già anticipato nella nostra anteprima, un comparto artistico/tecnico singhiozzante ed incerto, che mostra il fianco a diverse mancanze più o meno evidenti.

L’esperimento di Production I.G., per quanto coraggioso, può dirsi riuscito soltanto in minima parte.

L’esperimento di Production I.G., per quanto coraggioso, può dirsi riuscito soltanto in minima parte. Se alcuni dettagli risultano accettabili, come le animazioni nelle fasi più concitate – dunque nei combattimenti e quant’altro – e le esplosioni varie, grazie ad una buona cura per particellari e simili, lo stesso proprio non si può dire del restante lavoro, scialbo e quasi ingiustificabile sotto diversi aspetti. A far storcere il naso, su tutto, è certamente la natura sin troppo piatta degli scenari che, in numerosi casi, ci ha fatto quasi sembrare di trovarci a guardare un album di figurine dotato di moto. La moria artistica generale colpisce anche, e inesorabilmente, sotto il profilo della varietà dei nemici. Tralasciando il “primo nemico”, di cui vi avevamo lodato le fattezze e la cura, i restanti alieni visti durante i tredici episodi soffrono di una totale mancanza di stile e personalità, risultando praticamente identici gli uni con gli altri, fatta qualche piccola eccezione.

La scelta di utilizzare, ancora una volta, lo stile della CGI, si è rivelata fatale in termini qualitativi. Complessivamente, infatti, l’Ultraman targato Netflix diventa quasi un prodotto offensivo per il materiale originario, incapace, nella maggior parte dei casi, di restituire lo stile armonioso e vigoroso delle tavole della controparte cartacea. Un vero peccato, da questo punto di vista, dato che, su diversi aspetti, l’opera riesce pure a convincere, ma nel complesso si piazza piuttosto in basso in un ipotetico indice qualitativo.

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore

Di buon livello, invece, è il comparto sonoro generale che accompagna la produzione. Gli effetti audio quali esplosioni, spade contro spade, e tutto il resto, appaiono di ottimo livello, così come proprio non si può dire niente al doppiaggio originale, preciso e credibile nella maggior parte dei casi.

Quello che proprio non ci ha convinti, e ve lo avevamo già accennato, è la trasposizione italiana dei dialoghi: il doppiaggio nostrano è veramente sottotono, in modo quasi ingiustificabile. Tralasciando la scelta del cast discutibile, in cui spesso gli attori scelti per dare voce alle controparti animate sembrano selezionati con un “testa o croce”, pure il copione e la pronuncia di molti nomi e luoghi risultano completamente da dimenticare. Il risultato è di nuovo di livello decisamente basso, cosa che, purtroppo, sta diventando quasi una triste costante. Ci auguriamo di assistere, nel futuro, a situazioni ben diverse, capaci magari di smentire le nostre ultime affermazioni.

L’adattamento anime di Ultraman ci ha lasciato un bel po’ di amaro in bocca. Escludendo i primissimi episodi, costellati comunque da gravi problematiche di natura tecnica, fatica non poco, su diversi aspetti, risultando un prodotto difficilmente consigliabile e tutt’altro che memorabile. Se l’inizio lascia presagire ad un racconto epico e dal grande tasso narrativo, lo stesso non si può dire né per il prosieguo né per il finale, deludente e inconcludente come pochi. Il tutto senza considerare un lavoro mediocre in termini di animazioni e impronta artistica, decisamente sottotono e incapace di rendere giustizia al materiale originale. Siamo di fronte ad un prodotto consigliabile unicamente ai fan della saga e ai nostalgici, o a chi, magari, non ha grosse pretese quando seleziona qualcosa di nuovo da vedere. Se siete alla ricerca di un bello spettacolo, però, la serie originale Netflix targata Production I.G. probabilmente non fa per voi.

 

Salvatore Cardone

Scrivo, cucino, mangio. Spesso contemporaneamente. Necessito di più mani.

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