Cinema & Serie TV

Ultraman: le nostre prime impressioni sull’anime originale Netflix

L’eredità è uno dei fardelli più pesanti da portare, capace di schiacciare sotto la sua enorme mole chiunque non si dimostri abbastanza forte. Se in ballo ci sono addirittura le sorti della razza umana, è chiaro come il tutto assume una diversa valenza. Accade, però, che alcune persone sembrano nate appositamente per svolgere un certo compito, per arrivare ad un certo, specifico, momento e gridare al mondo “sono qui, sono pronto”, facendosi beffe, in tal modo, di tutte le avversità e le problematiche del caso.

Tutto ciò accade in Ultraman, nuovo anime in arrivo sul catalogo Netflix, disponibile dal prossimo 1 aprile, realizzato in computer grafica e ispirato al manga omonimo realizzato da Eiichi Shimizu e Tomohiro Shimoguchi. Il manga in questione è il seguito diretto della fortunata serie televisiva del 1966, attualmente serializzato sulla rivista Gekkan Hero’s della Shogakukan con cinque volumi all’attivo. I primi quattro episodi che abbiamo avuto modo di guardare ci hanno lasciato delle impressioni positive, dettate, a onor del vero, in maggior modo dalla trama, intrigante e appassionante, leggermente rivisitata in chiave più “giovanile” e meno seriosa (laddove fosse possibile), coadiuvate da un ritmo sempre frizzante e adrenalinico che non guasta mai.

Trama

Le vicende di Ultraman partono con un flashback: diversi anni prima, la razza umana era sull’orlo dell’estinzione per mano di una spaventosa minaccia aliena, nella persona di Bemular, un guerriero all’apparenza inarrestabile. Avvertita la titanica minaccia, l’essere conosciuto come il “Gigante di Luce” decide di recarsi sulla Terra, in supporto all’inerme razza umana.

Qui il potentissimo essere si fonde con un umano, Shin Hayata, dando così vita alla leggenda di Ultraman. Quello che nasce è un guerriero dotato di poteri straordinari e sovrumani che, con l’aiuto della squadra speciale di supporto per la caccia alle creature ostili (la SSSPD), riesce a salvare la razza umana dal tragico destino a cui Bemular l’aveva indirizzata. Una volta compiuta la sua missione, il Gigante di Luce abbandona il corpo di Hayata – lasciandolo completamente senza ricordi – e la Terra stessa, ormai in pace e ben lungi da ogni sorta di pericolo. Gli eventi narrati nella serie di Netflix partono proprio da qui: esattamente dieci anni dopo, troviamo uno Shin Hayata decisamente invecchiato e papà di un bambino molto speciale, Shinjiro.

Quest’ultimo è il protagonista della storia, chiamato, manco a dirlo, a seguire le orme del padre. Il ragazzo, del resto, ha sempre avuto una straordinaria resistenza ed una forza inspiegabile, e tale motivazione viene presto svelata: nel corpo del piccolo Shinjiro, infatti, ci sono i geni di Ultraman, trasmessi originariamente al padre e automaticamente finiti anche nel patrimonio genetico del bambino.

Le origini del mito

A seguito di un incredibile incidente che vede coinvolto Shinjiro, il padre del ragazzo acquisisce nuovamente i ricordi perduti, grazie anche all’amico di sempre Ide, anch’egli facente parte della SSSPD. Non soltanto: l’uomo dovrà anche accettare la natura del proprio figlio, destinato inevitabilmente a scontrarsi con le forze del male. Queste sono infatti rimaste latenti sul pianeta e pronte a riaffacciarsi al momento giusto. Il corso degli eventi subisce poi un’ulteriore modifica sul piano cronologico.

Shinjiro è ora un teenager, scapestrato e imbranato, che da sempre si pone domande sulla natura della sua incredibile forza. Un giorno come un altro, il giovane viene avvicinato da Bemular in persona, desideroso di rivelare al ragazzo il segreto che Shin gli ha tenuto nascosto una vita intera. Da qui in avanti la serie prende una strada tortuosa e affascinante, caratterizzata da numerosi colpi di scena. Le varie rivelazioni vengono poi sapientemente condite dalla presenza di sempre nuovi personaggi, utili a rimpinzare nel miglior modo possibile un mosaico funzionale e ben orchestrato. Shinjiro è chiamato a prendere in mano l’eredità del padre e tornare a far rivivere il mito di Ultraman, per difendere nuovamente la Terra dalle minacce aliene.

Si avverte, così, la natura riflessiva dell’opera, in cui, più di una volta, i vari protagonisti sono “costretti” a scontrarsi con se stessi, cercando di evolvere il loro operato ad uno status ben più elevato. Shinjiro stesso, infatti, viene subito catapultato di fronte ad una realtà dei fatti completamente inimmaginabile, e qui è possibile osservare la lenta evoluzione del giovane, restio nelle prime battute, ma poi convintosi di aver preso la giusta direzione. La strada, però, è tutt’altro che semplice, e il giovane lo capirà molto presto.

Realizzazione tecnica

Di pari passo col ritmo frenetico e dinamico col quale viene imbastita la storia va la realizzazione tecnica della produzione, dalle diverse fortune. In particolare le animazioni, tutte rigorosamente digitali, sono di ottimo livello, ma non riescono sempre a replicare la spettacolarità della controparte cartacea. I numerosi scontri tra Ultraman e i nemici della Terra sono riproposti in una maniera molto curata, con risultati complessivamente più che soddisfacenti. In alcune sequenze, comunque, è possibile imbattersi in animazioni un attimo troppo legnose, in cui i personaggi sembrano muoversi a rilento; nulla comunque che va a inficiare particolarmente la qualità complessiva dello show. La bontà delle animazioni, però, si scontra col classico “difetto” visivo che attanaglia un po’ tutti i lavori che utilizzano la tecnica in questione. Dal lato strettamente artistico, infatti, la realizzazione complessiva mostra il fianco a diverse problematiche di sorta, in particolare se si paragona l’anime al manga. Questo si nota specialmente nella resa dei personaggi, spesso sin troppo statici e inespressivi, e in alcune sequenze in cui ogni elemento sembra incollato forzatamente su uno sfondo amorfo e svogliato.

Al di la di tutto, però, è impossibile non sottolineare il grandissimo sforzo effettuato dallo studio Production I.G, capace di creare un prodotto qualitativamente validissimo, nettamente in linea con gli standard qualitativi attuali. Molto bella, ad esempio, è la rappresentazione degli esoscheletri da combattimento e in particolare la loro resa cromatica, grazie anche a un lavoro di un certo livello svolto su elementi quali l’illuminazione in generale e alla scelta parsimoniosa degli shader utilizzati, per non parlare della spettacolare resa di esplosioni e particellari vari. Ci è piaciuta molto anche la rappresentazione di alcune creature aliene: uno dei nemici intravisti finora, nella sua crudeltà, è realizzato con un alto tasso qualitativo, a testimonianza ulteriore del grande lavoro svolto sotto questo punto di vista.

Quello che ci ha deluso – e non poco – è il doppiaggio in italiano, decisamente sottotono rispetto a quello originale che, anzi, si è rivelato di grandissima caratura. Ormai questa situazione accade sempre più spesso, e non si limita al solo mercato degli anime, ma è doveroso segnalarlo ancora una volta.

I primi quattro episodi dell’anime originale targato Netflix, Ultraman, ci hanno una bella impressione, ma con qualche punto di domanda. La storia di fondo, ispirata a piene mani dalla controparte cartacea (ma che si prende libertà narrative più o meno evidenti), seppur non facendo gridare al miracolo in termini di originalità, risulta di buon livello e si lascia seguire con piacere. A questo si unisce una realizzazione tecnica di ottimo spessore: animazioni, modellazione e rappresentazione generale degli elementi su schermo sono di forte impatto, flagellata, però, da una resa fin troppo inespressiva e vacua dei personaggi, spesso e volentieri sottotono e discutibile. Complessivamente, però, il lavoro svolto dallo studio Producion I.G. riesce mettere sul piatto un prodotto dai ritmi frenetici, in cui gli scontri tra i difensori della Terra e gli invasori alieni sono frequenti e pirotecnici, egregiamente riproposti dall’ormai inconfondibile stile della computer grafica. In attesa dei restanti episodi della serie, ci sentiamo di consigliare, a tutti gli appassionati del genere s’intende, la serie in questione, che ha tutte le carte in regola per diventare una delle sorprese più piacevoli del catalogo di Netflix di questo scoppiettante 2019.

Salvatore Cardone

Scrivo, cucino, mangio. Spesso contemporaneamente. Necessito di più mani.

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