Giocare a Captain Toad: Treasure Tracker è come avere un gattino che gironzola per casa, guardarlo con gli occhi a forma di cuore e un sorriso ebete dipinto in faccia, apparendo incredibilmente rincoglioniti all’esterno mentre interiormente ci si sente beati, come Gautama quando ascese al Nirvana. Questa è la più grande magia di un’opera nata quasi per gioco, come intermezzo dei livelli di Super Mario 3D World, fino a conquistare un posto nella costellazione di esclusive Wii U, brillando di luce propria e facendo innamorare con il suo carisma irresistibile quanti hanno avuto la fortuna di metterci mano. Perché il capitano è un personaggio vivo, che non si vergogna di mostrare tutto lo spettro delle sue emozioni, talmente tenero e dolce da sciogliere il cuore di Alexandre DeLarge e dei suoi drughi, capace con il suo charme, la sua testolina rotonda e la sua camminata morbida e baldanzosa, nonostante il peso dello zaino che si porta in spalla, di far vacillare anche il più fondamentalista sostenitore dei videogiochi “adulti”.
Perché una volta alzato il drappo della sua estetica folgorante, con i suoi colori saturi, le ambientazioni capaci di concentrare in un solo colpo d’occhio tutte le meraviglie naturalistico-architettoniche del Regno dei Funghi, le animazioni gommose, fluide, tranquillamente in grado di rivaleggiare con il meglio dell’animazione in computer grafica, quello che rimane è un gameplay puzzle platform capace di farci regredire ai giochi dell’infanzia. Ogni livello è un piccolo diorama da rigirarsi tra le mani (letteralmente, giocando i modalità portatile su Switch, la versione che abbiamo tra le mani grazie a Nintendo, o su 3DS), osservando tutto il ricchissimo bouquet dei suoi minuscoli dettagli. Piccoli ecosistemi virtuali pieni di vita, segreti e trovate geniali, freschissime, una dichiarazione d’amore ai giocatori senza bisogno di diamanti, perché solo il level design d’autore “è per sempre”. Un gioco di alterazione prospettica capace di svelare continuamente nuovi passaggi, pulsanti, leve e soluzioni, semplicemente sfiorando l’analogico destro e guardando tutto sotto un altro punto di vista, cercando sempre il cento per cento, quasi un obbligo morale oltre che un piacere assoluto in titoli del genere, ovvero tre gemme, un’azione speciale svelata solo al completamento del livello, e la classica stella finale, da conquistare per passare alla successiva pagina del racconto. Un design che si sviluppa attorno alle pochissime abilità del nostro simpaticissimo amico, impossibilitato a saltare per colpa dello zaino da esploratore che funge lo zavorra, abbastanza lento anche quando corre, limitato dalle sue cortissime leve (provate voi ad avere i piedi attaccati al bacino) eppur determinatissimo, capace di usare marchingegni e cannoni spara rape (ortaggio retaggio del particolarissimo Super Mario Bros. 2, quello occidentale), nonché di spostare telepaticamente certi blocchi (non ditegli che a farlo è il giocatore che pasticcia sul touch screen), ma sopratutto dotato di grande coraggio e curiosità, doti fondamentali dell’archeologo perfetto.
Treasure Tracker è però soprattutto una love story, quella che lega il nostro capitano a Toadette, compagna di vita ed esplorazione rapita dal malvagio Wingo, uccellaccio del malaugurio che l’ha ghermita tra i suoi artigli proprio al termine di una spedizione, spingendo il più tenero degli eroi a un pellegrinaggio volto al salvataggio dell’amata di fucsia vestita. Un incantesimo che a Nintendo riesce sempre bene, quello di spronare il giocatore a salvare la sua amata, una motivazione senza tempo, evergreen come i Beatles, raccontata attraverso intermezzi che ci mostrano un Toad sconsolato e arrabbiato ogni volta che pianta la tenda per riposarsi. Adorabile.
Nonostante questa sia una fedele riedizione della versione Wii U, porta con se anche qualche sfiziosa novità, come i pubblicizzati livelli esclusivi ispirati a Super Mario Odyssey (a cui non sono ancora giunto in questi due giorni di prova) e le sfide del Toad pixelloso, simpatico diversivo in stile nascondino, perfetta scusa per rigiocare ancora i livelli, non più relegate all’amiibo. Ci sarà modo di parlarne in sede di recensione, così come di altre cose, a ridosso dell’uscita del 13 luglio, ma il consiglio di uno che all’epoca lo aveva completato in tutte le sue sfumature e amato alla follia, è di ordinarlo senza remore, soprattutto se ve lo siete persi nel 2015 e se cercate un perfetto titolo estivo da fruire ovunque. Una spremuta di buonumore, ghiacciata e dissetante.
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