Recensione

A Plague Tale: Innocence, un romanzo storico interattivo

A Plague Tale: Innocence, secondo i principi dell’antropologia relativa, è un capolavoro. Voglio scriverlo subito, perché prima di mettermici ho atteso qualche giorno. Non volevo che la mia recensione fosse viziata dall’entusiasmo dei titoli di coda o da una sola run, quindi ci tengo a sottolineare che sto riempiendo questo foglio di testo dopo diciotto ore di gioco, ossia il doppio di quelle richieste per portare a termine il lavoro di Asobo Studio. Questo dilungarmi tra la desolazione delle terre di Francia nel XIV secolo, nel pieno della Guerra dei cent’anni e sullo sfondo della grande epidemia di peste che ha decimato la popolazione europea sul finire del Basso Medioevo, non è necessario per godersi l’esperienza… ma quando ci si innamora, anche i collezionabili hanno bisogno di attenzioni. Avendolo giocato su Steam confesso di aver speso alcune ore persino su Ansel, la modalità fotografica offerta da NVIDIA per le sue GeForce, ma bando alle ciance e ci rileggiamo dopo un trailer ufficiale per capire insieme se questo straordinario videogioco vale i vostri soldi oppure no. 

Se avete amato titoli del calibro di Quantum Break o Hellblade Senua’s Sacrifice (qui la nostra recensione) non ci sono motivi validi per sconsigliarvene l’acquisto immediato. A Plague Tale: Innocence è tecnicamente impeccabile, con texture e modelli poligonali che non hanno nulla da invidiare a tripla A più rinomati e cavalcando la via del fotorealismo architettonico con asset stupefacenti. Non ho mai notato cali di frame rate o pop-up; nessun effetto tearing e stuttering ha rovinato la mia partita, al contrario esaltata da un’occlusione ambientale stupefacente visto e considerato il largo uso che viene fatto di fonti luminose in movimento. Tutto merito del motore proprietario, la cui bontà si può evincere dal trailer postato poco sopra senza tirare in ballo i premi vinti nel 2009 dal loro FUEL o i risultati a video di collaborazioni più recenti (The Crew 2, anyone?). Segnalo giusto che alcuni colleghi, provandolo su PlayStation 4 liscia, hanno detto che la versione PC è più performante, specie per quanto riguarda la qualità delle texture… però, ecco: quando non accade?

Accantonando il comparto tecnico, promosso a pieni voti, il vero cuore di A Plague Tale: Innocence è il suo gameplay story-driven… e mi perdonerà l’editor se non trovo termini italiani altrettanto efficaci per esplicitare quanto le fasi narrative e quelle di gioco siano calate le une sulle altre senza quasi una soluzione della continuità. Ci sono dei filmati, certo, ma il flusso del racconto non si interrompe mai, anche al cospetto di un’area con ostacoli da superare che richiedono una sincronizzazione aliena a quella dei walking simulator. Quello di Focus Home Interactive non è un prodotto che appartiene a questo genere, sia ben chiaro, ma le meccaniche messe sul piatto sono poco impegnative e se siete tra quelli che guardano solo il voto è importante spiegarlo per bene. Facciamo un passo indietro allora: A Plague Tale: Innocence è una sorta di gioco stealth dove all’utente viene richiesto di superare una ronda o una fiumana di ratti neri assassini tramite il movimento furtivo, elementi di distrazione che liberano la via giusto il tempo necessario a passare oltre, qualche uccisione all’ombra dell’erba altra grazie alla fionda in dotazione alla protagonista oppure, come appunto nel caso dei piccoli roditori, servendosi di fonti di luce statiche o dinamiche per tenerli alla larga.

le fasi narrative e quelle arcade sono calate le une sulle altre senza quasi una soluzione della continuità

Quella appena descritta è solo l’infrastruttura di base; l’impalcatura di un gameplay funzionale a raccontare la storia della fuga di Amicia de Rune e del fratellino Hugo, inseguiti dall’Inquisizione, verso lidi più sereni (prima) e alla scoperta (poi) del mistero che si cela dietro all’epidemia di peste. Non voglio e non devo entrare nel merito della trama tout court, però è opportuno soffermarsi sulla qualità della scrittura, dei dialoghi, della caratterizzazione dei comprimari e, per ultimo ma non ultimo, dell’orizzonte narrativo in cui tutto ha luogo. Se il comparto grafico, sorretto da una colonna sonora medievaleggiante principalmente composta da strumenti ad arco, permette di immergersi senza fatica nell’atmosfera umida e “sporca” dei villaggi contadini europei di quel periodo storico, la sceneggiatura rende giustizia alla drammaticità con cui Amicia passa dall’essere una ricca figlia di nobili allo status di fuggitiva sempre in pericolo; all’enfasi con cui cresce il rapporto tra lei e Hugo, costretto dalla madre a vivere, fino ad allora, in poche stanze isolate dal resto del borgo; alla crescita personale di entrambi i fratelli che devono affrontare, in maniera coatta, la morte, la pestilenza e gli orrori di una terra dilaniata dalla guerra. È questo l’aspetto che, più di tutti gli altri, inquadra il gioco come un capolavoro a tratti irrinunciabile; è questo saper fondere un contesto allargato che spazia dal conflitto franco-inglese alla cattività avignonese, senza sacrificare temi più introspettivi quali l’amore per un amico o il sacrificio individuale al fine di un bene superiore. Per farla breve: avete presente il Braveheart di Mel Gibson? Ecco, qualcosa di simile.

Torniamo un attimo alla colonna sonora giusto per spiegare che è stata composta dal talentuoso Olivier Deriviere, già autore delle musiche di Obscure (Hydravision – Microids, 2005), Alone in the Dark (Eden Games – Atari, 2008), Remember Me (Dontnod – Capcom, 2013), Get Even (The Farm 51 – Bandai Namco, 2017), Vampyr (Dontnod – Focus Home Interactive, 2018) e molti altri titoli meno conosciuti. Si tratta di composizioni senza cantato, per certi versi simili alla musica da camera ottocentesca in cui ogni strumento ha un suo ruolo precipuo, straordinariamente efficienti nel restituire, anche a livello uditivo, la sensazione di “vivere” un’esperienza interattiva nel XIV secolo d.C. Su YouTube ne trovate degli estratti, quindi potete farvi un’idea chiara – tipo qui – della bontà di ciò che ascolterete (perché arrivati a questo punto dovreste averlo già acquistato, sì?).

l’esperienza è ammaliante, senza pause noiose o ripetitività

Veniamo ora al nocciolo della recensione, ossia a quel gameplay oggetto di alcune critiche per via della sua semplicità e linearità. A questo riguardo commentavo con alcuni amici di Facebook che per quanto anche la vagina potrebbe essere sintetizzata come una cavità cilindrica che non concede particolari libertà di movimento, essa resta uno dei grandi desiderata dell’uomo eterosessuale medio per via di fattori a lei esterni. Lo stesso si potrebbe dire di A Plague Tale: Innocence, laddove se pur si tratta di un lungo canalone in cui avvengono fatti che in parte si è chiamati a “risolvere” e in parte si devono subire passivamente, l’esperienza è ammaliante, senza pause noiose o ripetitività. Nella pratica si traduce con Amicia e almeno un comprimario che devono raggiungere un determinato punto di interesse, che sia una via di fuga o un oggetto da recuperare ai fini della storia. Non ci sono missioni secondarie, se escludiamo alcuni momenti legati ad altri personaggi e un discreto numero di collezionabili ben contestualizzati e di sicuro interesse, come i fiori e le erbe mediche utilizzate a quei tempi per curare i malati, strumenti di uso quotidiano inservibili nel gioco ma descritti esaustivamente nella loro funzione o “memorie” che inquadrano gli eventi storici sullo sfondo.

È vero: tutto procede in maniera lineare, senza fronzoli, ma le meccaniche con cui si possono superare nemici e topi, portatori di peste e istantaneamente letali, cambiano in ognuno dei diciassette capitoli di cui è composto il titolo. Gli avversari umani si possono distrarre, facendoli spostare dalla loro posizione, attirare per poi seguirli alla chetichella, colpire con la fionda mettendoli fuori gioco se non hanno un elmo ma anche addormentare con un intruglio alchemico preparato ad hoc, ustionare per farli liberare dall’armatura così da renderli vulnerabili o attirarli fuori dalla luce di una torcia, magari spegnendo quella che portano, al fine di farli divorare dai neri mammiferi appestatori. Questi ultimi, refrattari alla luce, possono essere allontanati accendendo un bracere, fatti “brillare” con l’apposito preparato, attirati altrove con una pozione maleodorante e carne animale o scagliati indirettamente verso avversari che offriranno involontariamente la propria vita permettendo ai protagonisti di muoversi in direzione dell’obiettivo.

le meccaniche con cui si possono superare nemici e ratti della peste continuano a evolversi

Il sistema di gioco è molto vario, cresce costantemente aggiungendo elementi al menu radiale da cui si possono selezionare e preparare grazie a un sistema di crafting invero molto semplice, caratterizzato dalla raccolta di una dozzina di risorse utili tanto al miglioramento della fionda quanto alla preparazione di particolari proiettili a base di sassi. Non voglio entrare nel dettaglio poiché la scoperta di queste variabili, come scrivevo qualche paragrafo fa, è parte integrante della narrativa di cui A Plague Tale: Innocence è pregno. Posso però anticipare che l’alchimia, intesa non come pratica filosofica quanto come disciplina chimica e metallurgica, è il filo rosso conduttore di quasi ogni sfaccettatura della storia (e non solo di Amicia de Rune e Hugo). Se proprio si deve trovare un difetto significativo nella struttura esso è identificabile nell’evoluzione del level design che segue, di pari passo, quella dell’inventario. In alcune occasioni questa relazione sembra posticcia, è vero, ma è un “limite” di un’infinità di altri titoli appartenenti a ogni genere possibile, dalle avventure grafiche punta e clicca agli FPS. Ca va san dire che se non vi piacciono esperienze guidate e volete cibarvi solo di battle royale o MMORPG, “questo non è il droide che state cercando” (semicit.).

INFO UTILI

Ho giocato A Plague Tale: Innocence grazie a un codice PC fornito dal publisher, godendomelo a 1080P e dettagli al massimo pur con la mia timida GeForce 1050Ti.

Durata
  • Indicativamente vi ci vorranno una decina di ore, ma se vi lasciate catturare dai collezionabili e, nel caso di acquisto su PC, dalla modalità fotografica... beh: potrebbero volercene anche il doppio.
Struttura
  • È sostanzialmente un'avventura stealth in terza persona in cui la narrativa la fa da padrone.
  • È presente un sistema di crafting per migliorare la fionda, unica arma in dotazione alla protagonista, e creare proiettili alternativi.
  • Ci sono diverse tipologie di avversari, umani e animali, che si possono superare silenziosamente o, alla bisogna, eliminare senza farsi scoprire.
Collezionabili e Extra
  • Ci sono tre tipologie di collezionabili, che vanno dai fiori ed erbe mediche utilizzate in quel periodo storico ad alcuni oggetti inservibili ma che inquadrano gli eventi nel contesto allargato in cui ci si muove. Sono ben fatti e funzionali all'immersione.
Scheda Gioco
  • Nome gioco: A Plague Tale: Innocence
  • Data d uscita: 14 Maggio 2019
  • Piattaforme: PC, PlayStation 4, Xbox One
  • Lingua doppiaggio: Inglese
  • Lingua testi: Italiano

Ho appena controllato il conteggio dei caratteri e sto per finire lo spazio a mia disposizione, quindi chiudo con un consiglio spassionato rivolto a chi ama il lavoro di Ninja Theory, Remedy Entertainment, Naughty Dog e tutti gli altri team di sviluppo che fanno della koinonia tra azione e narrativa la loro raison d’etr: comprate A Plague Tale: Innocence. Giocatelo senza farvi distrarre, con le cuffie e, nel caso di acquisto sulla master race, munitevi di un buon pad come quello di Xbox One. Vi basterà sapere che il titolo firmato dai francesi di Asobo Studio non è un open world e che il suo scopo è quello di intrattenervi con un tipo di romanticismo interattivo di cui non esistono tanti altri esempi contemporanei. Compratelo e sostenete la causa di chi crede che questo medium non si debba misurare con la spanna della libertà di un inventario infinito, di una mappa senza confini, di sottomissioni tutte uguali per il puro piacere del grinding o del multiplayer competitivo. Compratelo perché è un bel gioco, di quelli che rimangono sotto la pelle anche se si è dei veterani dal cuore duro anestetizzati all’amore della semplicità.


Questo articolo contribuisce a sostenere la ricerca scientifica sulla sindrome di Rett. I dettagli dell’iniziativa li trovate seguendo questo link.

Roberto Turrini

Per 10 anni sulle pagine di The Games Machine ha sognato una vita a tre con Lara T'Sioni ed Elena Fisher; poi ha scoperto che non sapevano cucinare e si è dato all'autoerotismo.

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