Recensione

Ace Combat 7: Skies Unknown e l’atavico desiderio di volare

Il colore del cielo ha importanza per te?. Inizia con una domanda l’ultimo capitolo della serie di dogfighting Bandai Namco, quattro anni dopo l’annuncio e a dodici anni dall’ultimo capitolo numerato, esclusivo per Xbox 360. Verso il cielo si fanno domande, si cercano risposte, si sogna immaginando di infrangere la barriera delle costrizioni terrene, e ogni sua sfumatura di colore muta in sincrono alle emozioni di chi lo contempla. E Ace Combat 7 possiede e condivide il più reale dei cieli virtuali, macchiato dalla Seconda Guerra Continentale Useana. Una contesa tra la federazione di Osea e il Regno di Erusea, al culmine di attriti internazionali che vedono al centro della vicenda la costruzione di un ascensore spaziale Oseano al largo delle coste Eruseane, in territorio Useano (paese uscito devastato dai precedenti conflitti), visto come una minaccia alla sovranità del regno. Un romanzo geo-politico raccontato con grandissima classe, per lo più via radio, tra l’abitacolo dei nostri caccia e le sale briefing, con un linguaggio tecnico perfetto e coinvolgente, ma anche con interessantissimi incisi di personaggi che vivono la vicenda da terra, dando sempre un punto di vista bilaterale, umano ed emotivo, in totale contrasto con un altro degli affrontati dalla sceneggiatura, il percorso verso la deumanizzazione degli eserciti. Droni e intelligenze artificiali, prive di empatia e coscienza che sottraggono il fattore umano a un istinto già di per sé autodistruttivo.

C’è una grazia e un’eleganza quasi poetica, tipicamente nipponica, che pervade tutto l’arco narrativo e si riflette in cielo, con un raggio di sole che filtra nell’abitacolo proprio mentre siamo in coda a un caccia nemico. il mirino che diventa rosso; “Obiettivo agganciato”. “Fuoco”. “Obiettivo distrutto”. Tre messaggi dal quartier generale, capaci di agghiacciare quanto di esaltare fino all’euforia. L’arte del dogfighting diventa qui una danza sulle travolgenti tracce orchestrali di Keiki Kobayashi. Muoversi nei cieli restituisce un senso di consapevolezza incredibile, che illude il cervello di comprendere le forze che agiscono su un caccia lanciato a mach 2 in picchiata verso terra, per poi attivare gli aerofreni, virare di colpo e ritrovarsi a guardare le nuvole, sentendone tutto il peso addosso, le vibrazioni, i rumori. Il senso di scala e la gestione degli spazi sono completamente fuori di testa. Vedere un bombardiere nemico avvicinarsi e diventare da semplice segnale sul radar a enorme bestia metallica sotto di noi, a quella velocità, con quell’aggiornamento granitico dell’immagine a 60 quadri a secondo, è una sensazione da pelle d’oca. Merito anche di un mission design clamoroso, che riempie le mappe in modo sempre gestibile ma stimolante, spingendoci a combattere a 3000 metri di altezza per poi ritrovarsi radenti ai tetti dei grattacieli, cercando l’angolo più adatto per colpire i cingolati nemici e far avanzare gli alleati. Riflettendo sempre velocemente, ascoltando gli ordini che arrivano dal quartier generale e confrontandoli al volo con le informazioni di un HUD chiaro e realistico, riuscendo così a sentirsi verosimilmente assistiti ma mai imboccati, mantenendo un tasso di sfida costantemente ammiccante. Ogni missione è così degna di essere giocata più volte, perché fondamentalmente unica in quello che propone, sempre con un’idea diversa, brillante, concedendosi anche le classiche boss fight tiratissime con altri “assi” del cielo. Ci si sente liberi, coreografici, potentissimi, avvolti da feedback sensoriali ed emotivi travolgenti come lo sganciamento di un missile, la traiettoria ben visibile dalla sua scia di condensa, il tonfo ritardato e sordo dell’impatto contro carlinga di un nemico, l’esplosione.

Si passa dalla tensione soffocante di una missione difensiva alla sensazione di onnipotenza quasi divina che trasmette un attacco a sorpresa nel cuore della notte, piombando dalle nubi per portare distruzione su una base eruseana, mentre il panico che serpeggia a terra viene intercettato dalle nostre radio. Proprio le nubi sono forse la più grande delizia estetica di Ace Combat 7 (che per gestire quella scala e quel frame rate ha bisogno di texture terrestri più snelle, ma comunque di grande impatto scenico generale), con la tecnologia trueSKY che ci immergerà in soffici cumuli volumetrici dotati di una fisicità mai vista, rese poi fondamentali anche ai fini del gameplay. Il primo tuffo in un fronte temporalesco è indimenticabile, come impatto scenografico e fisico, con l’aereo bombardato da fulmini e venti, in uno scenario montano già di per sé pericoloso e infame. Tante idee nuove inserite con naturalezza in un impianto solido, piazzato, sicuro di sé, che lo rendono semplicemente il miglior Ace Combat di sempre da giocare, vivere, pur con qualche sensazione di deja vu qua e là. C’è anche il tempo di contemplare panorami da togliere il fiato, colorati da pirotecnici giochi di luce, riflettere, carpire i dettagli di un lavoro svolto con immenso amore e savoir faire, oltre il videogioco. Si sono presi il tempo che ci voleva i ragazzi di Project Aces, e il risultato è un gioco bellissimo, senza tanti giri di parole. Ha tutto il fascino e i sentimenti contrastanti che la guerra scatena negli uomini, e che dal proprio abitacolo sembra di vivere con distacco; “ecco perché preferisco stare quassù”, dirà il nostro compagno di squadriglia Count. Ed è un vero peccato che il nostro alter ego, nome in codice Trigger, non possa rispondere. Un classico guscio vuoto da riempire con la nostra personalità, incredibilmente stonato rispetto all’intensità di ciò che lo circonda, minando spesso la sospensione d’incredulità.

Mi rendo conto che è un discorso personale, ma ormai trovo insopportabile questo tipo di scelte, che concedo solo a Link, in nome della tradizione e del senso che ha fin dalla sua nascita. Discorso a parte per la trama in generale, sempre interessante e molto ben raccontata, come già scritto, ma un po’ meno coraggiosa ed esaltante rispetto ad Ace Combat 5: Squadron Leader, sempre scritto da Sunao Katabuchi e disponibile come bonus per chi ha preordinato il titolo su PlayStation 4 (su One si riceverà invece il sesto capitolo). Più sobria questa, non meno interessante e forse addirittura meglio scritta, ma ricordo ancora la seconda metà di quel capitolo con un po’ di brividi, che questa settima iterazione mi ha dato più sul lato del gameplay. Brividi da modellismo per feticisti quelli che invece trasmette la selezione di aerei, da godere anche e soprattutto in VR (qui in fondo il box dedicato, curato da Francesco), tutti rigorosamente su licenza, bellissimi, elevati a pezzi d’arte contemporanea come Polyphony fa con le automobili. Acquistabili con i punti ottenuti di missione in missione, grazie a un sistema ad albero che restituisce un ottimo senso di progressione. C’è poi tutto un sottobosco di medaglie e obiettivi secondari che esaltano la rigiocabilità e spingono sempre più al perfezionamento, facendosi poi trovare pronti al multiplayer online, che non abbiamo ancora avuto la possibilità di provare ma che promette di aggiungere ulteriore divertimento al pacchetto, con un sistema di prestigio parecchio interessante. Prima di tutto Ace Combat 7 è però un’esperienza di delocalizzazione psico-fisica che elimina i confini tra reale e virtuale, da godere religiosamente con la visuale impostata in prima persona, dentro l’abitacolo, senza bisogno di vedere i postbruciatori in azione ma sentendoli lungo la spina dorsale, sperimentando l’illusione del volo.

INFO UTILI

Ho volato a velocità supersoniche completando tutte le venti missioni della campagna, coprendo una distanza di 7.531 km e amandone ogni centimentro, abbattendo 1.087 bersagli durante il viaggio, grazie a una copia PlayStation 4 gentilmente fornita dal distributore. Ho anche provato Ace Combat 5: Squadron Leader, tirato a lucido per i formati video moderni e trovandolo in splendida forma, un grandissimo bonus per chi ha preordinato il settimo capitolo sull'ammiraglia Sony.

Durata
  • Otto ore per completare l'intensa campagna a livello di difficoltà "normale", ma la voglia di rigiocare le missioni per migliorarsi e conquistare medaglie è ancora altissima.
Struttura
  • Campagna per singolo giocatore impreziosita da una gran livello narrativo, multigiocatore online e modalità VR appositamente studiate.
Collezionabili e Extra
  • Tantissimi aerei acquistabili, altri da conquistare portando a termine particolari obiettivi.

VR a cura di Francesco Dovis

Ace Combat 7 in VR consente di giocare alcune missioni dedicate espressamente a questa tecnologia, senza che sia stata adattata l’intera campagna. La longevità è quindi circoscritta, pertanto si tratta di un comparto aggiuntivo e non un gioco a sé stante. Tuttavia chi possiede un visore VR rimarrà affascinato da come Ace Combat riesce a impiegarlo. La qualità grafica è decisamente alta anche per un gioco in realtà virtuale, riproducendo le ambientazioni davvero molto bene. La cosa sorprendente è che non mancano anche numerosi dettagli che arricchiscono ulteriormente l’effetto scenico rispetto alla media di questo settore. Che siano le goccioline di condensa che compaiono mentre attraversiamo una nube a massima velocità, così come l’illuminazione che cambia all’interno dell’abitacolo, distinguendo le zone d’ombra e luce a seconda della posizione a cui teniamo il sole, tutto contribuisce a rendere estremamente suggestivo l’insieme. Le stesse manovre di decollo e atterraggio dalla portaerei in mezzo al mare hanno una marcia in più se affrontate in questo modo. Ma la cosa più sorprendente è la fluidità e l’incredibile solidità della frequenza di fotogrammi, riducendo praticamente a zero la nausea da movimento persino dopo aver giocato più missioni di fila, nella quale magari sono state effettuate manovre in cui si ribaltava sottosopra il proprio caccia. Ace Combat 7, in definitiva, non offre un comparto VR particolarmente longevo, tuttavia è un valore aggiunto di elevata qualità, un’ottima esperienza VR sostenuta da un comparto ludico solido. Per chi è indeciso se prendere questo gioco e ha un PSVR, la modalità in realtà virtuale farà la differenza per l’acquisto.

Stefano Calzati

Petrolhead di The Games Machine, cummenda di Gameromancer e tuttofare per il Tanzen. Scrivere di videogiochi per me è un atto d'amore dove il fattore emotivo batte quello tecnico.

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