Recensione

Age of Wonders: Planetfall – la recensione for dummies

Come per la recensione di Stellaris, la premessa per scrivervi di Age of Wonders: Planetfall è quella di non avere la pretesa di “parlare” a un pubblico di hardcore gamer. In primis perché i giocatori che vivono di pane e strategia a turni avranno già acquistato il titolo di Triumph Studios; in secundis perché l’approfondimento a cui riesce arrivare quel tipo di utente non ha bisogno di un articolo che, per forza di cose, può toccare solo la superficie di un gameplay tanto complesso quanto quello proposto da Paradox. Andiamo però con ordine, partendo dall’abituale trailer già capace di offrirvi una panoramica dettagliata sul gioco.

Me la sono presa comoda: gli strategici a turni 4X come Planetfall o Imperator: Rome – attendetevi una sua recensione in tempi brevi – sono spesso “vittime” di repentini aggiornamenti in grado di cambiare le carte in tavola e stravolgere i meccanismi proposti al day one. Con la premessa di cui sopra, non avrebbe avuto senso correre per uscire con un articolo in qualche modo già viziato da una patch. Tanto Imperator: Rome – per cui stiamo aspettando la build 1.2 Cicero, dopo la 1.1 Pompey di maggio – quanto l’ultima fatica di Triumph Studios, arrivata con un aggiornamento da installare a pochi giorni dalla pubblicazione e un altro arrivato la settimana successiva, rientrano nella categoria dei videogiochi che durano (almeno) un lustro, anche grazie alle dozzine di contenuti scaricabili che in qualche maniera continuano a rinnovare la proposta ludica.

Sembra un Civilization dai combattimenti à la X-COM e un’espansione territoriale per province preso di peso da Stellaris

Per capire che Age of Wonders: Planetfall faccia parte di questa categoria, però, sono sufficienti due ore di campagna, laddove un tutorial piuttosto parco di informazioni e una wiki in-game con dozzine di voci da consultare non bastano per orientarsi in questo grand strategy che, in estrema sintesi, può essere descritto come un Civilization dai combattimenti à la X-COM e un’espansione territoriale per province che sembra essere presa di peso da Stellaris (qui la nostra opinione).

Qualcuno di voi, probabilmente, avrà già una lunga esperienza con Age of Wonders III e troverà pleonastico quanto appena scritto, ma ci scommetto una pizza di Rosario che là fuori ci sono centinaia di potenziali Vanguard in attesa di qualcuno che gli spieghi perché valga la pena dare una chance a questo all-4X-you-can-eat alquanto ambizioso. Sì, perché dovete immaginarvi di essere catapultati in mondo di caselle esagonali popolato da fazioni sopravvissute – ed evolutesi di conseguenza – a una sorta di misterioso fallout avvenuto due secoli prima. Avrete quindi la vostra piccola colonia, quasi disabitata, da far crescere e prosperare annettendo province, avamposti e strutture limitrofe, per poi fondarne una seconda molto più distante rispetto a quanto ci hanno abituato i titoli appartenenti a questo genere.

il feedback sulla progressione della conquista planetaria è tangibile

L’essenza di questa caratteristica è quella di poter specializzare alcune aree della mappa nella produzione di risorse alimentari, industriali, etc. dando l’impressione tangibile di una vera e propria espansione territoriale su larga scala, da un lato snellendo la macro gestione di troppe “città”, dall’altro scampando il pericolo di fondarne senza soluzione di continuità al solo fine di allargare la propria area di influenza. Anche se potrebbe sembrare una cosa di poco conto, per il neofita della grand strategy avere un feedback tangibile sulla progressione della conquista planetaria tramite l’occupazione di nuclei preesistenti è, a mio umile avviso, un punto di forza su cui non scherzare. Lo sviluppo della singola colonia, in realtà, procede in maniera abbastanza canonica, ossia mettendo in coda di produzione le varie strutture che permetteranno di far aumentare la popolazione, la felicità della stessa, addestrare o costruire truppe e mezzi d’assalto e via così. Non bisogna aspettarsi la varietà – o le Meraviglie – a cui ci hanno abituati i Civilization, annacquando la sensazione di padroneggiare uno stile di gioco unico dettato dalle scelte fatte, ma credo che una maggior linearità nelle opzioni porti a un disorientamento iniziale inferiore, al netto che la curva di difficoltà di Planetfall è invero ripidissima per chiunque. Parallelamente anche l’albero delle tecnologie – che qui è sdoppiato in due categorie: militare e sociale – percorre strade già battute. Da una parte si concentra sulla potenza bellica e il suo equipaggiamento, dall’altra sulla “vita” della popolazione, sull’ottimizzazione della raccolta risorse e sull’ampliarsi del ventaglio degli interventi di macro politica attivabili. Segnalo che tra le risorse spendibili c’è quella dell’influenza, ossia una sorta di “punteggio” accumulabile in grado di definire il potere di acquisizione territoriale o intervento in stile deus ex machina anche su scala planetaria.

Arriviamo così agli scontri a turni in stile X-COM, con milizie assortite, macchine da guerra e comandanti dalle abilità peculiari e acquisibili con un sistema di punti esperienza da investire a piacimento. Ogni unità si può moddare con le tecnologie scoperte e si possono attivare delle azioni speciali tipo bombardamento aereo, solo declinate secondo lo stile futuristico di Planetfall fatto di laser, nano particelle e droni in grado di alterare lo status degli avversari. Come per il capolavoro di Firaxis a turnare è tutta la squadra che può comprendere fino a sei “pedine”, alcune delle quali composte da più elementi tipo i fucilieri che viaggiano a gruppi di tre. Visto che allo scontro partecipano tutte le squadre adiacenti all’esagono scelto come obiettivo, si possono giocare battaglie campali da 42 unità… ed è una cosa che non si vede in tutti i 4X.

si possono giocare battaglie campali da 42 unità… ed è una cosa che non si vede in tutti i 4X

Notevoli anche la possibilità di automatizzare il combattimento, persino da un punto di vista prettamente didattico, e quel pizzico di narrativa che accompagna le missioni della campagna. Per il resto vale la regola del “chi è meglio equipaggiato vince”, nel senso stretto dell’assunto, lasciando ai capolavori del genere il compito di stuzzicare l’intelligenza del giocatore per inventarsi strategie d’essai e ribaltare uno scontro in cui si sta avendo la peggio. Su questo tema mi sono confrontato con l’amico Claudio Fabbri di Gameplay Café, vero hardcore gamer di casa Paradox e collaboratore di BoP Italia (una community impegnata da anni nella localizzazione gratuitamente degli strategici del publisher svedese) che ha sintetizzato con un: “Avrei preferito una maggiore possibilità di sviluppo delle unità base, perché altrimenti la tattica più conveniente [è quella di] fare una tech rush alle unità più grosse e poi menare tutti”. Confesso che nel panorama dell’offerta ludica di Planetfall, davvero di grande respiro, questo gameplay meno sofisticato non è stato per me un grosso limite al divertimento, al netto di averne fruito sempre in solitaria a livello di difficoltà “normale”. Si possono creare squadre molto diverse e specializzarle in base alla necessità, privilegiano la velocità o la massa critica a seconda del bisogno o della missione – e ce ne sono tante, anche secondarie – del momento.

Se la campagna principale procede per pianeti e obiettivi che offrono uno spaccato di tutte le opzioni di gioco possibile, garantendo uno scorrere narrativo coerente con il contesto, gli scenari rappresentano la classica modalità di conquista planetaria. Si può scegliere la fazione – con modelli e ingaggi unici – la tecnologia segreta che rappresenta il fulcro strategico su cui si dovrà lavorare per ottenere la vittoria, perk, background e abilità passive del comandante per un totale di combinazioni che non riesco davvero a calcolare. Dal punto di vista tecnico io non ho grosse sbavature da segnalare se non qualche rallentamento durante il turno di combattimento nemico, certamente causato dalla mia NVIDIA GeForce GTX 1050 Ti che, al massimo del dettaglio, non riesce a stare al passo. Modelli, animazioni, morfologia delle mappe, palette e contrasti di colore sono curati e realizzati con grande attenzione per l’estetica, ivi compresa l’interfaccia: fa il suo dovere cercando di snellire – per quanto possibile – l’impatto dei menu sul mondo di gioco. Sono sicuro di averlo già scritto: la curva di difficoltà sale molto rapidamente. Age of Wonders: Planetfall non è un titolo adatto agli strateghi della domenica e ha bisogno di tempo per essere compreso anche solo nelle sue meccaniche elementari.

INFO UTILI

Ho giocato Age of Wonders: Planetfall grazie a un codice fornito dal publisher su PC AMD Ryzen 5 1600, 16 GB di RAM, SSD e NVIDIA GeForce GTX 1050 Ti al massimo livello di dettaglio possibile.

Durata
  • Come per tutti i grand strategy non esiste una "durata" standard, quindi potrei riassumere con un "potenzialmente infinita ma dipenderà dai prossimi DLC".
Struttura
  • Mappa di gioco a esagoni;
  • il gameplay mischia quello di Civilization a quello di X-COM, quindi gestione strategica dell'espansione planetaria e zoom sui combattimenti tra le unità;
  • multiplayer garantito da una community abbondante e affamata.
Scheda Gioco

Ne voglio comunque consigliare l’acquisto – e senza troppi indugi – a tutti quei lettori che amano le ambientazioni futuristiche, vorrebbero affacciarsi ai 4X tripla A, hanno fatto spallucce al Civilization: Beyond Earth nel 2014 e sono affascinati dalla libertà di movimento offerta dagli strategici a turni. Si troverebbero sul piatto due prodotti differenti, serviti come una portata unica molto raffinata: grand strategy e tattica militare spicciola in un contesto narrativo di tutto rispetto, dove l’unica e quasi imperdonabile pecca sarebbe l’assenza di una localizzazione italiana. Ca va sans dire: quello della lingua è un ostacolo quasi insormontabile per i non anglofoni che si cimentano con giochi come Planetfall e bisogna tenerne conto in fase di acquisto, correndo altrimenti il rischio di sentirsi frustrati da meccaniche che non si capiscono fino in fondo. Il voto a fondo pagina è solo un numero; un numero che può servire al pubblico a cui è destinata questa recensione per capire quanto sia piaciuto a me; un numero che colloca Age of Wonders: Planetfall nell’olimpo dei 4X insieme a quasi tutta la recente produzione targata Paradox.


Questo articolo contribuisce a sostenere la ricerca scientifica sulla sindrome di Rett. Trovate i dettagli dell’iniziativa a questo link.

Roberto Turrini

Per 10 anni sulle pagine di The Games Machine ha sognato una vita a tre con Lara T'Sioni ed Elena Fisher; poi ha scoperto che non sapevano cucinare e si è dato all'autoerotismo.

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