È stato difficile decidersi a tornare sulle strade di Paradise City. Penso che sia una cosa normale, che capiti a chiunque si trovi per le mani la remastered di un gioco come Burnout su cui ha trascorso mesi interi quasi dieci anni fa. L’adattamento avrà portato dei miglioramenti? Come sarà invecchiato il gameplay? Saprà ancora coinvolgermi? E il motore grafico? Domande a cui, solitamente, voglio trovare una risposta “prima” di acquistarlo, per la seconda o terza volta, e non solo per ovviare alla paura di guastarne il ricordo.
Burnout Paradise deve la sua fortuna a due fattori: una mappa liberamente esplorabile e un sistema di guida arcade basato sui principi di adrenalina, immediatezza e spettacolarizzazione, a discapito di qualsiasi realismo. In sintesi ci si trova catapultati in una città dalle dimensioni piuttosto contenute, con una rete stradale ricca di rettilinei a quattro corsie, senza curve particolarmente strette, ma ricca di un’infinità di scorciatoie, spesso farcite di rampe da prendere alla massima velocità possibile.
Tutto avviene senza pause, in un contesto fatto di sfide a ogni incrocio attivabili con la sola pressione di due tasti.
L’assenza del tachimetro riflette una precisa scelta di game design, ossia quella di non restituire il senso di accelerazione tramite un valore numerico, bensì attraverso la fisica della vettura, lanciata in una folle corsa senza alcun navigatore da seguire o circuito da ripetere, mentre i contorni del mondo di gioco sfumano ai lati della strada. Nella modalità offline le classiche gare contro i PNG sono secondarie, specie in virtù di un’offerta ludica molto più ampia che comprende eventi in cui si bisogna esibirsi in salti acrobatici, altri in cui vince chi butta fuori strada più avversari senza venire distrutto, o ancora raggiungere il traguardo inseguiti da nemici che hanno il solo obiettivo di impedirlo e una sorta di giro lanciato declinato per ogni vettura. Tutto questo avviene senza pause, in un contesto fatto di sfide a ogni incrocio, senza alcun menù, attivabili con la sola pressione di due tasti.
Il parco macchine non ha licenze, e accanto a quelle speciali che ricalcano ora modelli resi famosi dal cinema o quelle più estreme e esotiche come le dune buggy, ci sono tre tipologie di automobili: quelle aggressive e massicce, quelle veloci e quelle per la guida acrobatica, ciascuna delle quali presenta una tenuta di strada e una gestione del turbo differenti. Essendo questa la recensione di una remastered non ha senso indugiare troppo sulla meccanica della concatenazione del boost o di come si entri in burnout dandogli fondo, così com’è giusto solo accennare la presenza di un numero limitato di stazioni di servizio, officine e sfasciacarrozze dove caricarlo, riparare o cambiare vettura, compreso il colore. Bisogna però mettere l’accento sul fatto che questi hotspot sono disseminati per tutta Paradise City e che vanno scoperti uno a uno, alimentando così il desiderio di esplorare una città con scarsissimo traffico e senza una griglia di obiettivi se non quello di accumulare punti vittoria per sbloccare patenti e nuovi bolidi – e ce ne sono un centinaio.
Questo senso di libertà è rimasto invariato e accattivante, nonostante siano trascorsi così tanti anni dalla sua concettualizzazione. L’adrenalina scorre indisturbata mentre si sfreccia a tutto gas anche solo per curiosare e lasciarsi distrarre da una rampa che promette un salto acrobatico, piuttosto che esplorare un’area ancora vergine o raccogliere qualche collezionabile come cancelli da sfondare e cartelloni da abbattere. In caso di incidente tutto rallenta per mostrare l’impatto e i suoi effetti sulla carrozzeria, mentre al pilota non può succedere nulla poichè la scelta di Criterion è stata quella di eliminarli completamente dal gameplay.
In caso di incidente tutto rallenta per mostrare l’impatto e i suoi effetti sulla carrozzeria
Tempo una decina di secondi e tutto riparte, senza conseguenze, spesso permettendo al giocatore di concludere la competizione con successo anche grazie a una curva di difficoltà invero fin troppo morbida. La sintesi di quanto appena scritto è che Burnout Paradise è divertimento puro, senza statistiche da controllare o strategia: un parco giochi automobilistico come lo fu la serie Tony Hawk Pro Skater per lo skateboard, accompagnato da una colonna sonora non originale piena di brani di artisti e gruppi famosi come Avril Lavigne, Depeche Mode, Faith No More, Soundgarden e gli stessi Guns N’ Roses che con la loro Paradise City danno il benvenuto a ogni avvio.
La versione riveduta e corretta per le console di nuova generazione presenta il supporto ai 4K con tanto di 60 FPS stabili; una feature non da poco considerato che a farla da padrone è solo la frenesia della corsa. Va comunque detto che a livello di modelli poligonali e texture il gioco è invecchiato. Si tratta di fattori ininfluenti sulla qualità dell’intrattenimento proposto, ma qualsiasi paragone con altri arcade usciti recentemente è impietoso. Sono però inclusi tutti i DLC pubblicati nel corso degli anni, tra i quali l’implementazione delle moto, con tanto di piloti che in caso di collisione scompaiono, il ciclo giorno/notte e Big Surf Island, un’appendice di Paradise City con nuovi collezionabili, sfide, vetture e percorsi ancor più spettacolari. In questa cornice, recuperare una copia del capolavoro di Criterion è tutto fuorché insensato, sempre che si stia cercando un gioco di corse arcade immediato e senza fronzoli. Tra le poche critiche mosse alla remastered dalla community c’è quella della mancata introduzione del viaggio veloce, ossia la possibilità di catapultarsi in una zona della mappa a piacimento. La segnalo, anche se a mio avviso un’infrastruttura ludica così votata alla guida ininterrotta non ne risente in alcun modo. Chiude l’offerta l’immancabile comparto online, che permette di giocare insieme ad altri sette piloti presi a caso o pescati dalla lista degli amici, ovviamente ricalcando le competizioni della modalità offline.
Sono tornato a Paradise City su PlayStation 4, grazie a una copia prestata da un amico. Il gameplay invariato e tutti i veicoli speciali sbloccati fin dall'inizio mi hanno permesso di godermi l'esperienza offerta da Criterion fin dal primo avvio.
DurataLa remastered del più classico gioco di corse arcade ambientato in un open-world torna sui nostri schermi 4K a 60 FPS garantiti. Restano inalterate le sensazioni di velocità e adrenalina, così come il divertimento assoluto senza pensieri e quella libertà di esplorare una rete stradale costellata di eventi a ogni incrocio. Si tratta comunque di un porting che non migliora l’originale, se non negli aspetti tecnici, anche perché il gameplay esplosivo di Burnout Paradise non aveva bisogno di essere ritoccato. Se vi siete annoiati di settaggi e opzioni, di competizioni realistiche e classifiche, il capolavoro di Criterion vi offrirà la giusta distrazione a un prezzo budget: come si fa a dirgli di no?
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