La storia videoludica recente ci ha insegnato quanto, al netto dell’inevitabile evoluzione avvenuta nel cuore e nella mente dei videogiocatori, il passato e le origini di una qualsivoglia operazione sono due valori fondamentali. Guai a dimenticare da dove si è iniziato, dunque, giacché si potrebbe finire con lo smarrire inesorabilmente quell’estro creativo o comunque caratteriale che, nel tempo e col tempo, può decidere il successo o meno di un intero ecosistema. Ciò è un po’ quel che è avvenuto allo storico brand Call of Duty, gloriosa saga di sparatutto in prima persona che, col passare degli anni, ha inesorabilmente iniziato a perdere quelle che poi sono le due caratteristiche fondamentali per potersi definire un successo commerciale: qualità produttiva e – soprattutto – interesse generale da parte del pubblico, inesorabilmente dirottato verso altro lidi. Per tal motivo, urgeva assolutamente una presa di posizione importante da parte di Activision Blizzard. Per fortuna, il momento è arrivato e, in tutta onestà, lo si capiva già dai primissimi vagiti di questa (vecchia) nuova operazione.
Quale modo migliore di affrontare lo spaventoso futuro se non quello di abbandonare il nefando passato recente e di riabbracciare con forza le proprie origini? Probabilmente nessuno, e ne avevano ben donde. Il nuovo corso di Call of Duty riparte da quel magistrale capitolo che corrisponde al nome di Modern Warfare che, nel 2007, ha saputo stregare il mondo intero grazie alla creazione non soltanto di un gioco clamoroso, ma anche alla genesi di un immaginario vivo e caratteristico in cui spiccava anche e soprattutto un cast d’eccezione. Non è assolutamente un caso che buona parte delle sfortune recenti del brand siano passate dall’abbandono o dalla scarsa cura offerta alla Campagna in singolo, accessoria per molti in un gioco del genere ma fondamentale per offrire una contestualizzazione concreta di cosa si sta facendo e perché e, per tal motivo, si è deciso di fare le cose in grande. Al timone dell’operazione è stata chiamata Infinty Ward, creatrice non solo dello, appunto, iconico capitolo di cui parlavamo poc’anzi, ma anche dei meno fortunati Call of Duty: Ghosts e Call of Duty: Advanced Warfare, che dunque si è ritrovata per le mani un’operazione tutt’altro che semplice, ma potenzialmente vincente. Va detto che gli sviluppatori stessi hanno subito chiarito che sì la manovra avrebbe dato vita ad un remake del capitolo uscito nel 2007, ma avrebbe anche rappresentato un vero e proprio punto di ripartenza totale per la saga.
Affrontare il futuro ripartendo dal passato, dunque, è il mantra alla base e vogliamo subito farvi uno spoiler bello grosso su come questa “storia” evolverà: la scelta è più che azzeccata. Chiaramente non tutto è perfetto, ma se la direzione intrapresa da Infinity Ward e Activision per la propria – storica – creatura è questa, tutti gli amanti delle sparatorie (virtuali, chiaramente) possono dormire sonni più che tranquilli.
Terrorismo videoludico
Un’operazione così delicata non poteva che ripartire proprio da dove aveva – probabilmente – lasciato il segno maggiormente, e vale a dire la Campagna in singolo. Le gesta degli iconici personaggi creati ormai oltre dodici anni or sono come il Capitano Price, l’indomito Nikolai e altri ancora, sono state però rielaborate e ammodernate, per offrire ai giocatori una storia scoppiettante, frenetica e soprattutto ben scritta. La parola d’ordine, in realtà, è probabilmente un’altra: attualizzazione. La vicenda generale, infatti, prende le fondamenta da un argomento attuale e che, ormai da diversi anni, sta monopolizzando l’attenzione mediatica di buona parte delle notizie di cronaca e politica: il terrorismo. Il filone narrativo che muove le avventure in single player di Call of Duty: Modern Warfare ruota intorno a un manipolo di soldati che, per ragioni e motivazioni diverse, entrano in contatto per sventare quella che rischia di diventare una minaccia su scala globale.
E lasciateci dire che se proprio non originale, poiché pesantemente influenzata da un piglio cinematografico papabile e da qualche cliché di troppo, la storia si mantiene molto interessante da seguire e soprattutto da “vivere” fino alle battute finali, raggiungibili in – come nella tradizione della serie e un po’ anche del genere di appartenenza – in poche ore (cinque o sei). Ciò accade chiaramente grazie alla splendida caratterizzazione dei protagonisti in campo: la bella e spietata Farah, ad esempio, che con la sua leadership e la sua determinazione risulta impossibile da non amare, un po’ come accade con gli altri due protagonisti principali, Alex e Kyle, diversamente caratterizzati ma comunque fondamentali nell’economia del racconto. A fare le fortune della trama principale della campagna è in verità la capacità di trasmettere nel migliore dei modi tutto l’orrore della guerra, che si respira a pieni polmoni dal primo all’ultimo minuto di gioco. Questo è impreziosito anche dalla sapiente gestione delle sequenze, che spaziano in alcuni casi anche su diversi piani temporali, che hanno la capacità di riuscire a replicare – a volte in modo anche piuttosto diretto – la nuda paura che si può ritrovare negli occhi di un bambino a cui hanno appena assassinato la madre o di un gruppo di ignari passanti che si ritrova coinvolti in un attentato kamikaze. D’altronde, gli eventi partono proprio così: un attentato kamikaze lancia l’allarme nelle truppe militari statunitensi, chiamate a sedare quello che a breve diventerà un vero e proprio intreccio geo-politico di matrice tutto sommato “classica”, in cui le forze nemiche sono rappresentate dall’esercito russo e da un gruppo di terroristi di matrice mediorientale. Quello che stupisce è che qui, un po’ come accade nella realtà, si nota chiaramente quanto il confine tra il giusto e lo sbagliato sia tutto sommato molto flebile. Seppur strizzando l’occhio alla “fazione” dei protagonisti, che tutto sommato appaiono sempre come quelli meno “deplorevoli”, nella storia imbastita da Infinity Ward, in buona sostanza, non ci sono né buoni né cattivi e tutti, con proporzioni diverse, si macchiano in qualche modo di atti e scelte cruente e spietate. La Campagna in singolo di Call of Duty Modern Warfare funziona anche e soprattutto pad alla mano.
Le (poche, ma giuste) ore necessarie per completare il tutto offrono la giusta dose di varietà ed appagamento al giocatore, grazie ad un incedere sempre più ritmato e frenetico degli incarichi da portare al termine. Senza ignorare alcuni passaggi eccessivamente morti e decisamente meno riusciti, possiamo dire che probabilmente questa è la miglior campagna che la serie abbia mai avuto e sicuramente una delle più azzeccate in generale per un prodotto del genere di appartenenza. La varietà, ma soprattutto la bellezza, di alcuni incarichi, impreziositi da un’altrettanto splendida differenziazione delle ambientazioni, che spaziano dai centri urbani di San Pietroburgo al deserto del fittizio stato dell’Urzikstan, accompagnati anche da una recitazione ed una digitalizzazione degli attori ottime, è sicuramente lodevole e viene ben supporta da un game play di fondo pulito e sfaccettato e da un livello di sfida tutto sommato piacevole e mai frustrante. Va detto che i nemici rappresentano una minaccia sempre più che altro a causa del numero più che per la loro abilità “fucile alla mano”, ma si tratta comunque di un qualcosa di decisamente trascurabile di fronte ad una scrittura tanto curata e ad una solidità ludica tutto sommato di primo livello. Un racconto solido, dunque, che non perde l’occasione di strizzare l’occhio ai fan con riferimenti e citazioni a personaggi e situazioni iconiche per il brand, cosa che esplode definitivamente durante le sequenze finali della campagna stessa in cui vengono tirati fuori personaggi indimenticabili e iconici per chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la serie.
Special Ops & Sopravvivenza: l’end-game che non t’aspetti
La Campagna in singolo risulta importante anche per un’altra questione, di stampo prettamente ludico. Essa infatti si lega fortemente ad una delle modalità di gioco più attese di questo nuovo Modern Warfare, e vale a dire le Special Ops, che si sbloccano infatti soltanto dopo aver visto i titoli di coda della suddetta. Queste rappresentano senza dubbio una parte fondamentale nell’economia generale della produzione, in particolare per quel che concerne il gioco online e – dunque – passabili come una sorta di end-game. Si tratta infatti di missioni vere e proprie legate alla trama, che in buona sostanza portano avanti l’operato delle truppe militari impegnate nel sedare le rivolte in seno agli eventi narrati nella storia principale. In verità, i richiami alla trama sono comunque abbastanza blandi, ma tutto sommato funzionano e riescono a restituire quella sensazione di immersività generale necessaria per contestualizzare le varie attività. Infinty Ward, senza mezzi termini, ha fatto intendere di puntare molto sulle Special Ops, e ha promesso un supporto continuo fatto di nuove missioni e attività varie nel corso dei prossimi mesi. Per il momento il tutto si “limita” a quattro missioni, complessivamente ben diversificate ma che puntano sostanzialmente ad un obiettivo comune. Queste attività, sulle prime battute, sembrano decisamente promettenti, grazie anche all’idea di introdurre i vari “Ruoli” per poter bilanciare al meglio l’approccio ad esse, ma sono comunque vittima di una sorta di costrizione nell’effettuare alcune scelte “tattiche” in alcuni casi sicuramente lampante.
Va anche detto che, queste missioni, che di solito si traducono in un semplice andare da un punto A ad un punto B, soffrono di uno sbilanciamento in termini di difficoltà abbastanza imponente. Portarle a termine senza un team organizzato, infatti, ci è sembrato pressoché impossibile, a causa dell’elevato numero di nemici che continuano a spuntare senza soluzione di continuità, circondando e sterminando i quattro mal capitati in pochi istanti. Senza troppi giri di parole, ci sentiamo di additare proprio le Spec Ops come l’anello più debole dell’intera produzione e, seppur sorrette da un’idea di fondo potenzialmente intrigante, non riescono a tenere fede alle buone premesse della vigilia. Chiaramente, il tutto è quasi un esperimento, e dunque non ci sentiamo di demonizzarne troppo lo scarso risultato, ma ci aspettavamo certamente di più e ci aspettiamo un qualche tipo di ritocco alla formula, magari con aggiornamenti futuri. Nettamente più riuscite, invece, sono le missioni della modalità Sopravvivenza, l’equivalente in salsa Call of Duty della modalità “Orda” dei vari Gears, ecc. Si tratta in buona sostanza di resistere a diverse ondate di nemici sempre più numerosi e aggressivi che, col tempo, vengono accompagnati anche da soldati corazzati, elicotteri e mezzi di distruzione via via sempre più efficaci e che per questo motivo richiedono tanta accortezza per essere completate, senza però mai diventare frustranti o sbilanciate. Durante le ondate è possibile anche accumulare denaro (semplicemente uccidendo i nemici) per poi spenderlo per potenziare il proprio arsenale ed offrire un apporto alla causa sempre maggiore. Ci siamo sicuramente dilettati e divertiti molto di più in questa attività rispetto alle Spec Ops, certo, ma il fiore all’occhiello del titolo di Infinity Ward, e non potrebbe essere altrimenti, rimane sicuramente il multiplayer competitivo.
Solidità ludica
Chiunque abbia seguito la genesi e la prosecuzione di questo progetto, ha sin da subito capito una cosa: il cambiamento era nell’aria. E alla fine così è stato, perché bastano pochi minuti di gioco per appurare il tutto. State tranquilli: uccidere un avversario è sempre super eccitante e dannatamente frenetico, ma qui si avverte fortemente il cambio di rotta tanto auspicato in passato. Muoversi è sì sempre un atteggiamento perpetuo e fulmineo, ma viene accompagnato con maggior parsimonia da elementi quali il posizionamento e la coesione, che acquisiscono una valenza maggiore a causa anche di una nuova linfa vitale offerta al level design delle mappe, ora nettamente superiore e ben congegnato. Seppur non tantissime, le mappe proposte o le porzioni di esse (a seconda della modalità) sembrano ben organizzate e disegnate, offrendo complessivamente un’esperienza di gioco nettamente superiore rispetto al passato. Senza super salti e cose “innaturali” varie, diventa dunque fondamentale giocarsi le proprie carte affidandosi ad una programmazione nettamente più tattica degli approcci, dando così ai giocatori una varietà d’azione più elevata. Questa maggiore spinta sulla programmazione e sulla scelta attenta dell’atteggiamento da utilizzare, nonché delle armi da portarsi dietro, si sposa perfettamente con la volontà di Infinity Ward di guardare sì al futuro, ma ripartendo dal passato. Spicca in questo sistema l’aggiunta dell’Armeria, che consente di sbloccare (attraverso il classico sistema di livellamento del proprio personaggio) una grande quantità di bocche da fuoco, divise per tipologie e parametri vari, a cui è possibile aggiungere e modificare altrettanti parametri, grazie all’ausilio di un sistema di personalizzazione veramente imponente. Ad ogni arma si possono cambiare mirino, impugnatura e quant’altro, offrendo così al giocatore una lista di possibilità ludiche molto corposa.
Ogni modifica aumenta alcuni parametri, ma ne abbassa anche altri, e dunque sta al giocatore trovare il giusto equilibrio. Molto apprezzata è anche l’introduzione di una sorta di abilità passive (per tre slot) da equipaggiare durante i match, che si sbloccano mano che si procede con i livelli del giocatore. Esse offrono bonus a volte anche molto utili e contribuiscono senz’altro alla maggiore profondità ludica che Infinity Ward ha saputo donare al proprio pargolo. Il tutto è accompagnato, lasciatelo dire, da un gunplay veramente sontuoso, in cui il feeling delle tante armi presenti si sente tutto e restituisce al giocatore un feedback entusiasmante. A maggior ragione diventa fondamentale la scelta delle armi ma anche della dotazione (personalizzabile come sempre o affidata alle “Classi predefinite”), la cui scelta diventa di primaria importanza già dalle primissime battute. Se a tutto ciò si aggiunge la totale assenza di meccanismi di “favoritismi” come casse premio o acquisti in game con valuta reale, è chiaro come Modern Warfare sia in grado di ergersi con grande scioltezza come uno dei punti di riferimento della scelta competitiva attuale per quel che riguarda gli sparatutto in prima persona. Ciliegina sulla torta è infine la programmazione futura che Infinity Ward ha già ben espresso: tutti i contenuti post-lancio saranno totalmente gratuiti e arriveranno in contemporanea, continuando così a supportare appieno quella splendida realtà che corrisponde al nome di Cross-play (che approfondiremo più avanti).
Varietà e qualità: il comparto Multigiocatore
Come abbiamo avuto modo di dirvi più volte, uno dei punti di forza più evidenti del nuovo corso imbastito da Infinity Ward col suo Call of Duty Modern Warfare è certamente il comparto multigiocatore. Accanto alla solita grande varietà di modalità “classiche” come Deathmatch a squadre, Dominio e via dicendo, Modern Warfare porta in dote diverse novità sul piano dei contenuti originali, che corrispondono al nome di Gunfight e Ground War, che rappresentano due volti completamente all’antitesi dell’esperienza videoludica in sé.La prima delle due è, semplicemente, uno scontro due contro due in mappe di dimensioni contenute ma impreziosite da un level design sapiente e appagante, che sa offrire a ogni scontro quel ritmo allo stesso tempo frenetico ma tattico e che richiede una forte qualità organizzativa da parte dei giocatori in campo. Non si tratta certamente di una modalità rivoluzionaria, chiaro, ma offre comunque una ventata d’aria fresca tutto sommato tangibile. Discorso ben diverso per l’altra grande novità del pacchetto multigiocatore, quella che noi conosciamo come “Guerra Terrestre”. Si tratta di una versione ingigantita di “Dominio”, in stile Battlefield per dirla in breve, in cui due squadre da 32 giocatori si sfidano su mappa in larga scala per la conquista e il controllo di diverse zone strategiche.
Non manca ovviamente l’utilizzo di mezzi come blindati, elicotteri e potenziamenti vari, cosa che fornisce l’assist definitivo per catalogare la modalità in questione come quella nettamente più estroversa e caratteristica delle serie e che si distanzia maggiormente da quello che è lo stile iconico di un brand come Call of Duty. Complessivamente, il tutto funziona bene, ma non ci sentiamo di promuovere a pieni voti la suddetta modalità. Alcun mappe infatti offrono vantaggi eccessivi a chi, ad esempio, predilige l’aspettare in modo quasi forsennato gli avversari, sfruttando le enormi scappatoie strutturali dell’ambiente circostante, e quindi danno vita a partite potenzialmente meno interessanti. In generale ci sentiamo di dire che forse il gameplay decisamente più frenetico e dinamico tipico della saga forse non si sposa esattamente al meglio con le peculiarità di una modalità simile, ma alla fine della corsa non possiamo non ammettere di esserci comunque divertiti non poco nelle varie partite disputate. Discorso nettamente diverso per le altre aggiunte “minori” del comparto mutligiocatore, ossia Cyberattack e “Realismo”. Ambedue le visioni del gioco, infatti, soffrono di una pochezza in termini di fascino, poiché il tasso di divertimento generato dagli scontri si esaurisce abbastanza rapidamente dopo i primissimi tentativi. Va detto comunque che il tutto funziona sempre a dovere, e lamentarsi della varietà dell’offerta ludica del titolo di Infinty Ward sarebbe un qualcosa di veramente difficile da spiegare.
Bello e possibile
La beltà ludica di Call of Duty: Modern Warfare si sposa perfettamente con un piccolo miracolo di natura tecnica compiuto dal team di sviluppo. Oltre ad un level design magistrale in molti casi, segno evidente di un cambio di rotta imponente, in cui molte mappe danno veramente la sensazione di trovarsi in un gioco completamente diverso per soluzioni e situazioni varie, a lasciare a bocca aperta è certamente il comparto tecnico-grafico, altro tallone d’Achille storico della serie (almeno negli ultimi anni).
Il lavoro compiuto da Infinity Ward è semplicemente strepitoso, e lo si avverte sin dalle primissime battute, magari in compagnia di Alex, Farah e Kyle nella Campagna in singolo. La modellazione dei volti è strepitosa e le animazioni facciali rasentano il fotorealismo, ma per fortuna non finisce qui. Anche “sul campo” i passi avanti giganteschi si vedono tutti e con molta facilità. La modellazione generale, le texutre, i modelli poligonali e tutto ciò che concerne la parte visiva del titolo ci appare quasi inattaccabile, sia online sia offline, e siamo veramente entusiasti di poterlo affermare. Splendida è, ad esempio, anche la gestione dell’illuminazione che specialmente nelle mappe più “buie”, che in notturna dà il meglio di sé. Molto positivi sono anche gli effetti sui particellari vari, anche se ci ha lasciato un po’ di amaro in bocca la scarsa distruttibilità ambientale e la pochissima interazione con gli oggetti presenti nelle mappe, rigorosamente piazzati giusto per design e nient’altro. Molto buono è anche il comparto sonoro: il feedback delle varie armi è incredibilmente curato e variegato e per un orecchio più attento è molto facile distinguere una bocca da fuoco da un’altra semplicemente ascoltando i rumori degli spari. Il gioco è poi completamente localizzato in italiano, con ottimi risultati. Il tutto è accompagnato da una solidità e da una stabilità di un frame-rate granitico su PlayStation 4 Pro, che soltanto raramente ha dato qualche piccolissimo – e quasi impercettibile – segnale di cedimento.
E poco importano la presenza di qualche texture in bassa risoluzione o il caricamento tardivo di queste ultime. Sul piano tecnico, così come su quello della stabilità, Call of Duty: Modern Warfare funziona benissimo, così come funziona molto bene anche la stabilità dei server. Trovare le partite è molto semplice e veloce e i match non vivono mai di rallentamenti o di problematiche di sorta. Il vero “miracolo” però è stato compiuto con l’introduzione del cross-play: per la prima volta nella saga i giocatori PC, PlayStation 4 e Xbox One possono giocare insieme, a patto di usare il medesimo input per i comandi. Si tratta indubbiamente di una scelta super intelligente che, insieme alla scelta della distribuzione totalmente gratuita dei contenuti post-lancio, può soltanto giovare ad un prodotto che già così riesce a soddisfare un po’ tutti i palati.
Ho giocato Call of Duty: Modern Warfare su PlayStation 4 Pro, collegata a una Tv Samsung 43" 4K HDR 10, con l'ausilio di una soundbar da 350 watt, per un'immersione generale più che galvanizzante. Ho impiegato circa sei ore per completare la Campagna, a difficoltà Normale, e soltanto in qualche occasione mi è capitato di trovare difficoltà. Nonostante tutte le premesse della vigilia, sono rimasto in parte deluso dalle Spec Ops, al momento lontane da ciò che avrebbero dovuto offrire. Ho provato il gioco grazie ad un codice fornito dallo sviluppatore.
DurataCall of Duty: Modern Warfare è un esperimento più che riuscito. I ragazzi di Infinity Ward hanno messo mano a quello che potremmo definire un “usato sicuro”, ma in modo sapiente e diligente, portando così sul mercato un prodotto semplicemente imprescindibile per tutti gli amanti della saga o comunque del genere. Una Campagna in singolo solida, un comparto mulitigiocatore ricco di possibilità e una revisione generale del feedback delle armi e delle abilità dei personaggi sono il fiore all’occhiello di una produzione quasi perfetta, accompagnato dall’azzeccatissima decisione di offrire un supporto post-lancio gratuito. Se a questo si aggiunge un comparto grafico imponente e la possibilità di giocare con tutti gli amici grazie al cross-play allora è chiaro che ci troviamo di fronte ad un prodotto imponente. Peccato per alcune scelte di level design di alcune mappe e per alcuni passaggi nettamente meno interessanti nella storia, ma soprattutto per le Spec-Ops, decisamente insipide e che necessitano di una forte rivisitazione per poter offrire veramente qualcosa di interessante al giocatore. Il quadro totale è comunque più che positivo, e sfidiamo chiunque a dire il contrario: Call of Duty è tornato, accompagnato magari dai baffi eccitanti del buon vecchio Capitano Price!
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