Dove eravamo rimasti? Nello spazio, dalle parti di Marte, ad oltre duecento milioni di chilometri dalla Terra. Una vera e propria distanza siderale rispetto alle poche decine di chilometri che separano l’Inghilterra dalle spiagge della Normandia. Call of Duty, dopo più di un lustro passato con lo sguardo sul futuro, cosa questa da molti giudicata indigesta, torna dove tutto era iniziato, con i piedi ben saldi per terra, nel lontano 2003.
WWII ci (ri)porta quindi sul fronte occidentale facendoci rivivere la corsa verso il Reno, sul finire della seconda guerra mondiale. Un setting quindi iper abusato, che abbiamo imparato a conoscere attraverso tutti i media possibili negli ultimi anni, ma che complice la sua recente assenza dai nostri schermi (salvo titoli di nicchia o free-to-play a a base di carri armati) risulta tutto sommato “fresco”, non solo per i giocatori più giovani, ma anche per chi come me aveva fatto il grande salto verso Omaha Beach sedici anni fa, nel Medal of Honor di 2015 Inc. Si torna a casa quindi, dove tutto era iniziato.
La stessa cosa non si può dire per la messa in scena della campagna, nonostante Sledgehammer Games le provi tutte per diversificare e rendere più ariose e varie le sue dinamiche. WWII qui cede il fianco al peccato mortale di tutti i Call of Duty, un senso di deja vu costante, bilanciato però da un buon ritmo e dalla solita regia iper cinetica a cui la serie ci ha ben abituato. Ciò non vuol dire che la campagna non funzioni o funzioni poco, tutt’altro, ma che il senso di meraviglia, benché stuzzicato da una cosmesi di grandissimo livello, può venire meno. Come dire, la “solita” difesa della trincea, la “solita” missione silenziosa, la “solita” missione su mezzi in un contesto tutto sommato “familiare”. Gli sviluppatori indubbiamente hanno messo in conto questa sensazione, inserendo di conseguenza delle variazioni sul tema atte a rendere le ore passate in solitaria il più diverse possibile. Riuscendo a mio parere solo a metà nell’intento. Un plauso va fatto comunque alla scelta di andare oltre la trita riproposizione dell’abusata infiltrazione del campo avversario, a favore di setting e situazioni decisamente particolari, nuove per la serie.
Le dinamiche sono stealth totali, non c’è spazio per arrivare all’obiettivo diversamente, e proprio questo può sfociare in situazioni da trial and error, nonostante una intelligenza artificiale non proprio ai livelli di produzioni stealth propriamente dette. Un buon tentativo, decisamente “coreografico” ma che risulta tutto sommato decisamente avulso dal carattere e dal tono generale della campagna. Meglio in tal senso ad esempio la battaglia a bordo dello Sherman, magari un filo troppo lunga, ma elettrizzante, ben congegnata e dal tasso di sfida decisamente alto.
Purtroppo però la campagna di WWII perde un po’ la bussola e dimostra di non avere “il tiro” dei primi due capitoli della serie (per non parlare di World at War) nella scelta di voler raccontare le vicende personali del protagonista, di inserire quindi una storia all’interno della Storia, quella con la S maiuscola. Nonostante la presenza di numerosi comprimari, di scene dove viene esplicitato il rapporto di fratellanza tra i vari commilitoni, l’empatia non scatta mai, risultando a conti fatti un di più di cui non se ne sentiva affatto il bisogno. Conta la missione, non chi ne prende parte potremmo quasi dire. Il ritmo si abbassa drasticamente e non si vede l’ora di tornare ad imbracciare un’arma e fare fuoco. Pad alla mano il gunplay è quello solito a cui il franchise ci ha abituato, l’unico appunto che mi sento di fare è che nelle fasi iniziali, sbarco compreso, il gioco è un po’ troppo “compresso”, le battaglie non sono così ariose e di ampio respiro come dovrebbero, il tutto poi all’insegna di una intelligenza artificiale, che, come scritto precedentemente, non è certamente esemplare. Quando invece , nella seconda parte della campagna gli spazi si allargano, Call of Duty: WWII esplode letteralmente, regalandoci missioni al cardiopalma, e quel senso di rivivere la Storia che sembrava un po’ latitare inizialmente. Senza poi dimenticare che la mancanza di rigenerazione automatica dell’energia cancella una delle meccaniche cardine della serie, azzerando di fatto la sicurezza di un riparo. Non si sta mai fermi insomma, il medikit va richiesto e utilizzato. Anche qui insomma si tratta di un ritorno alle radici della serie “spiazzante”, ma decisamente funzionale.
Dove però questo nuovo Call of Duty ha messo in gioco tutto è ovviamente la componente multiplayer, data l’ovvia mancanza di tutte quelle dinamiche iper cinetiche degli ultimi capitoli dal setting fantascientifico.
Senza timore di essere smentito posso dire che la scommessa di Sledgehammer Games è stata vinta.
I fan più accaniti dei doppi salti, delle corse sui muri e delle scivolate possono dormire sonni tranquilli. WWII non ha perso nulla in termini di ritmo e velocità di gioco, il cuore ludico è rimasto invariato, col solito time to kill ridotto all’osso e una balistica “leggera” e gratificante ben oltre certi dettagli realistici. E’ sempre una questione di velocità e riflessi, anche se non ci sono missili a ricerca, laser o mitragliatrici dalla rateo di fuoco tendente a infinito. Le partite sono quindi “più leggibili”, sempre spettacolari anche senza i numeri da circo a farci compagnia. L’ottimo level design, propone mappe che ci fanno visitare luoghi iconici della seconda guerra mondiale, con campi di battaglia perfetti per ogni tipo di giocatore, sia quelli che preferiscono ingaggi dalla media-lunga distanza che quelli più avvezzi al combattimento ravvicinato. Nulla di nuovo sotto il sole quindi, ma la solita capacità degli sviluppatori di creare mappe che non scontentano nessuno, mai banali dovendo essere “medie”, sempre ricche di spunti tattici per ogni tipo di giocatore.
Come se non bastasse Call of Duty: WWII si smarca decisamente dai suoi precursori grazie anche all’introduzione della lobby prepartita interattiva chiamata Quartier Generale, assimilabile concettualmente alla torre di Destiny. La visuale passa in terza persona: da qui è possibile accettare missioni giornaliere, provare le score streak (ovviamente a tema WWII, ma efficaci allo stesso modo di quelle moderne), darsi a piccole sfide uno contro uno e scegliere la divisione di appartenenza, ovvero le nuove classi pensate per questo episodio. Sono cinque, ognuna con un certo tipo di armamento e di equipaggiamento specifico fatto su misura per come si è deciso di interpretare la componente multigiocatore. Ad esempio la Fanteria (fucili) è dotata di baionetta, e al salire di livello sblocca un accessorio principale aggiuntivo, caricatori extra, o maggior velocità in modalità mirino. E’ possibile cambiare divisione al volo tra una morte e l’altra, non ci sono restrizioni di armi, fermo restando che l’accessorio “di classe” rimarrà legato alla divisione originaria. Niente baionetta su fucile da cecchino, o supporto per la mitragliatrice sul fucile a pompa. Una personalizzazione diversa nella forma, ma piuttosto simile al passato, che funziona e non castra le ambizioni dei giocatori.
Dove però WWII lascia il segno è con l’inedita modalità di gioco Guerra, una frenetica e lunga partita divisa tra attacco e difesa, impersonando a turno entrambe le fazioni. Il gioco di squadra è il prerequisito fondamentale di questa modalità, ben più necessario rispetto alle classiche modalità ad obiettivo. Assaltare una postazione o difenderla, questo è il succo del gioco, il tutto però in mappe di generose dimensioni, disegnate apposta per questa modalità, dal design diverso da quelle standard, senza ovviamente alterare il feeling tipico pad alla mano della serie.
Il resto dei contenuti del pacchetto multiplayer è come da tradizione bello corposo, con tutte quelle tipologie di gioco che abbiamo imparato a conoscere nel corso degli anni. Anche qui tutto come da manuale, senza particolari sbavature e con Uccisione Confermata che si conferma (scusate il gioco di parole) come al solito divertentissima.
A chiudere l’offerta di gioco ci sono poi gli zombi nazisti, un vero e proprio classico, che anno dopo anno ha saputo conquistare sempre più giocatori, grazie ad un bel tasso di sfida, alta rigiocabilità e easter egg sparsi per le mappe a rendere la sopravvivenza ancor più misteriosa ed elettrizzante. Se possibile tutto è ancor più oscuro, tetro e spaventoso rispetto alle ultime uscite, ma anche un filo più fruibile per aiutare i neofiti della modalità. Attenzione, ciò non vuol dire che Nazi Zombies sia meno impegnativo, più facile insomma, ma solo meno “criptico”. Graficamente parlando Call of Duty: WWII è senza dubbio un bel vedere e rispetto alle ultime edizioni sembra contare su una conta poligonale più solida, su scenari più ampi e su una “distruttibilità ambientale” complessivamente maggiore. Quello che più mi ha colpito è il solito lavoro da Oscar sul motion capture dei volti, il dettaglio maniacale nella ricostruzione accurata del setting storico e la solita, strepitosa regia capace di immergerci con efficacia negli orrori del secondo conflitto mondiale.
Ho giocato Call of Duty: WWII su PC
DurataCall of Duty: WWII segna quindi un bel ritorno per la serie dove tutto era iniziato, proponendo un’esperienza di gioco che, pur essendo di base sempre uguale a se stessa (e non potrebbe non esser altrimenti ovviamente!), riesce ad essere decisamente “fresca” grazie ad un multiplayer che non ha per nulla perso smalto senza i numeri da circo futuristici delle ultimi edizioni e ad una modalità zombi come al solito terribilmente longeva ed appagante. La campagna è forse l’unico punto dolente: tutto sommato buona, ma senza particolari guizzi, figlia della voglia di raccontare una storia personale di cui non si sentiva proprio il bisogno.
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