Recensione

Concrete Genie, l’arte ci salverà!

Titoli come Concrete Genie appartengono a quella categoria di esclusive che, per un motivo o per l’altro, non riescono a raggiungere la stessa potenza mediatica di altre opere e che, di conseguenza, rischiano di passare inosservati alla loro uscita sugli scaffali (digitali e non). Nonostante sia una situazione, vista la mole di titoli che escono ogni settimana, inevitabile, sarebbe davvero un peccato far cadere nel dimenticatoio l’opera di Pixelopus, team californiano qui al loro secondo lavoro dopo quel Entwined uscito nel 2014.

Chi vi scrive si è avvicinato a Concrete Genie in modo del tutto privo di qualsiasi pregiudizio, incuriosito da un comparto estetico di sicuro impatto, ma privo di qualsivoglia informazione dettagliata su trama e gameplay, se non le poche notizie rilasciate da Sony Interactive Entertainment nel corso degli ultimi mesi. Dopo circa quindici ore di gioco e con un trofeo di platino alle spalle, siamo finalmente pronti a parlarvi dell’avventura di Ash contro i bulli della cittadina portuale di Denska. Seguiteci in questo viaggio pieno di vivaci colori tra buffe creature da dipingere e una terribile oscurità da debellare!

L’arte è l’arma migliore per combattere l’ignoranza

Ash è un giovane ragazzo che, come molti altri suoi coetanei, è costretto a vivere la propria vita cercando di evitare il contatto con i bulli del quartiere. Denska, un tempo, era una città piena di vita e di gioia, ma da quando l’oscurità ha cominciato a corromperla pian piano le persone hanno abbandonato la propria casa. L’ambientazione tetra, cupa e dai toni autunnali ben si sposa con l’atmosfera d’inizio gioco, proiettandoci all’interno di una trama dal sapore tipicamente “indie”.

Da sempre amante del disegno e dotato di grande fantasia, un giorno Ash viene però raggiunto dal gruppo di bulletti che, dopo avergli strappato le pagine del suo quaderno dei disegni, lo chiudono all’interno di una funivia diretta al Faro, dove sembra aleggi la presenza di un misterioso fantasma. Sarà proprio il fantasma, che scopriremo essere uno dei disegni di Ash, a donarci un magico pennello capace di dare vita non solo a coloratissimi disegni, ma anche a veri e propri mostri (o geni) che dovremo imparare a controllare per riportare la città al suo stato originale.

Queste sono le basi della trama di Concrete Genie che, salvo qualche momento legato ai flashback del gruppo di ragazzini cattivi, non riesce a regalare momenti particolarmente brillanti. O meglio: a livello di scrittura ci troviamo di fronte a quello che può essere definito come “un compitino”, caratterizzato da personaggi piatti, situazioni risolte troppo in fretta e a una serie d’ingenuità di sceneggiatura che non possono non essere evidenziate. Ma (ed è un “ma” bello grosso), il titolo Pixelopus non ha mai la pretesa di raccontare una storia profonda o articolata, limitandosi a narrare una fiaba sui buoni sentimenti che, a livello di atmosfera, non possiamo non premiare a mani basse. Non ci si aspetta mai nulla di più rispetto a quello che si trova nel corso delle otto, dieci ore necessarie per portare a compimento la storia principale e, grazie a un sapiente mix audiovisivo (che analizzeremo dopo) non possiamo non dire di esserci divertiti e, in alcuni momenti, anche ingenuamente emozionati.

Un pennello per dipingerli tutti

Da un punto di vista ludico, Concrete Genie può essere definito un titolo d’avventura, ma non rientra del tutto negli stereotipi di questo genere di gioco. Lo scopo di Ash, infatti, è quello di accendere tutte le lampadine sparse per la città, obiettivo che può essere raggiunto dipingendo con il nostro magico pennello la parete sulla quale sono poste le luci. Non importa, ovviamente, quello che andremo a rappresentare sul muro con il nostro potere, ma riporre una certa cura nella realizzazione del disegno può dare una grande soddisfazione personale una volta che ci guarderemo attorno nel mondo di gioco.

Esistono due modi, infatti, per avvicinarsi a Concrete Genie: il primo è quello del videogiocatore occasionale, che potrebbe trovare noioso un titolo come quello targato Pixelopus e che, pur di completarlo in fretta, si limiterebbe a fare due pennellate sulle pareti per accendere le luci e procedere così nell’avventura. L’altro tipo di giocatore, invece, è quello che tratterebbe i muri come vere e proprie tele per i propri lavori, impegnandosi nella realizzazione dei dipinti per una sorta di buon gusto e per la ricerca di una determinata estetica. Sia chiaro: il gioco non vi premierà se farete un buon lavoro piuttosto che quattro strisce di colore, ma sarete voi stessi a dover trarre vantaggio (e soddisfazione) dalle vostre opere. Badate bene a questo punto, perché potrebbe fare la differenza sull’acquisto o meno di Concrete Genie.

Per quanto riguarda il gameplay della sezioni di pittura, potremo scegliere tra l’utilizzo della levetta analogica destra (molto scomoda) o il sensore di movimento del Dualshock 4, che ci permetterà di modulare il segno e di dare vita a veri e propri capolavori. Questo va di pari passo con la possibilità di creare dei geni, utili per superare semplici puzzle ambientali e per sbloccare i tanti collezionabili sparsi per l’area di gioco. Tra cartelloni da dipingere, nuovi disegni da apprendere e artworks da sbloccare, Concrete Genie punta a farvi esplorare ogni singolo anfratto di Denska.

Tutto fila liscio come l’olio (da pittura) per l’80% del gioco, quando, per alcuni elementi di trama che non vi vogliamo rovinare, le cose cambiano sensibilmente. Il terzo atto dell’avventura di Pixelopus, infatti, presenta un gameplay rinnovato in ogni suo elemento, capace di mescolare le carte in tavola e di dare inizio a quello che, per certi versi, sembra un gioco titolo differente da prima. Non ci sentiamo di promuovere questa scelta degli sviluppatori perché, purtroppo, il cambio di rotta avviene troppo tardi nell’avventura e il giocatore non fa tempo ad assorbire le nuove meccaniche di gioco che si trova già davanti ai titoli di coda. Un vero peccato.

Piccola parentesi dedicata alla modalità VR presente nel menù principale. Per prima cosa permetteteci di dire che si tratta di una feature totalmente accessoria, paragonabile a un cortometraggio animato presente negli extra di un Blu-ray di un film d’animazione. Sarà quindi possibile giocare tutto Concrete Genie anche senza il visore Sony e, soprattutto, sarà possibile raggiungere il tanto agognato platino anche senza i tre trofei dedicati al VR. La qualità generale di questa breve esperienza si attesta nella media, con una resa visiva sicuramente valida, ma priva di mordente e dalla durata di circa venti minuti. Insomma: non sarà questo a fare la differenza sulla qualità finale del titolo degli sviluppatori californiani.

Quando l’estetica si fa arte

Inutile girarci tanto attorno: a livello artistico, Concrete Genie si rivela essere una piccola perla. I personaggi si muovono con uno stile che, in più di una situazione, ci è sembrato assimilabile a quello della stop motion, mentre la palette cromatica utilizzata in tutta l’avventura è sempre perfetta e perfettamente coerente con le emozioni che il gioco vuole suscitare. Non c’è un momento nel quale non sarete ammaliati dai colori brillanti, dai contrasti tra pareti scure e luci al neon (o lampadine illuminate) o dalle espressioni buffe e dai design dei geni che vi accompagneranno per tutta l’avventura.

Impeccabile anche il comparto audio, che non solo vanta un buon doppiaggio in italiano, ma che presenta una colonna sonora composta da Sam Marshall a dir poco straordinaria e poetica (ascoltatela su Spotify o qui sopra, se non vi fidate). Per quanto riguarda i bug, ci siamo incastrati solamente un paio di volte negli elementi dello scenario (nei Canali) e siamo stati costretti a ricaricare il checkpoint, ma per il resto il titolo si è dimostrato stabile, solido e curato in ogni piccolo dettaglio.

Concrete Genie può quindi aspirare al termine “capolavoro”? Ovviamente no. Ma è davvero importante avere a che fare sempre e comunque con dei capolavori? Non possono esistere titoli più umili, ma capaci di scaldare il cuore e di rivelarsi un ottimo passatempo durante le grigie giornate d’autunno?! Il titolo Pixelopus è esattamente questo: un poetico progetto che, se gli tenderete la mano, saprà trasmettervi il suo calore e vi farà passare 15 ore in compagnia di una storia semplice, di un gameplay atipico e dal ritmo altalenante e di un comparto artistico di ottima qualità. Non so voi, ma credo che opere del genere debbano assolutamente essere valorizzate e, per questo, consiglio a tutti coloro che sono interessati di dare una possibilità a Concrete Genie, un titolo non certo perfetto, ma perfettamente onesto nelle proprie intenzioni.

INFO UTILI

Abbiamo giocato Concrete Genie su PlayStation 4 Pro, dopo aver riscattato la Deluxe Edition, che vanta anche un artbook digitale, la colonna sonora e un paio di temi da poter scaricare sulla nostra console Sony. Dopo aver completato il gioco, abbiamo approfondito anche il breve contenuto aggiuntivo per PlayStation VR, in modo da farvi avere una panoramica totale sul titolo Pixelopus. Ci permettiamo di segnalare, inoltre, come il titolo non sia venduto a prezzo pieno, ma a circa trenta euro, cosa che lo rende più vicino a un titolo indie che a una produzione AAA.

Durata
  • La campagna principale di Concrete Genie può essere completata in circa otto ore, ma che aumentano nel caso si decidesse di esplorare bene Denska.
  • Chi vi scrive ha platinato il titolo Pixelopus in circa quindici ore, raccogliendo tutti i collezionabili e completando ogni singola azione di gioco.
  • Il contenuto VR, invece, ha una durata che spazia dai quindici ai venti minuti, in base a quanto vi perderete a guardarvi attorno.
Struttura
  • Concrete Genie è un adventure, che però esula per certi versi dai canoni tipici del genere. Oltre a saltare a destra e sinistra, infatti, dovremo dipingere le pareti della città per completare i vari obiettivi di gioco.
  • Il terzo atto mette in scena nuove meccaniche di gameplay che, senza rovinarvi l'esperienza, cambieranno sostanzialmente il vostro approccio al gioco.
  • La modalità VR altro non è che una tela digitale dove seguire una piccola storia extra e, successivamente, dove dipingere in totale libertà.
Collezionabili e Extra
  • Il gioco presenta diversi tipi di collezionabili, che aumentano di qualche ora la longevità finale del titolo Pixelopus.
  • Ci sono le pagine del diario di Ash che, una volta trovate, danno accesso a nuovi design per i geni e a nuovi murales da poter dipingere.
  • Sono presenti anche dei piccoli murales che andranno attivati grazie ai geni. Una volta esaudite le richieste dei nostri amici colorati, avremo accesso a piccoli artwork della produzione.
Luca Mazzocco

View Comments

  • Mi ha colpito sin dalla sua prima apparizione alla Paris Games Week del 2017. Mi son segnato il nome e ho aspettato impaziente nuove informazioni e di seguito la sua uscita. Preso al dayone, giocato, finito, esplorato e platinato mi ha però lasciato l'amaro in bocca. Artisticamente tocca vette altissime, anche il sonoro e la sua colonna sonora sono ispirati. Anche se accetto un livello di sfida prossimo allo zero (in titoli come questo ci può stare), fatico ad accettare la longevità così risicata. Mi ha dato una sensazione come se il tutto fosse volutamente abbozzato e abbreviato. Si poteva e doveva fare di più, il gioco aveva del potenziale.
    Un eventuale seguito sarebbe ben accetto. Peccato non ci sarà mai, sicuramente il titolo è passato sottotraccia; probabile che ce lo ritroveremo nella Instant Game Collection dell'abbonamento Plus tra un annetto o giù di lì.

    • Secondo me non è passato sotto traccia, anzi è stato fin troppo esaltato.
      Molti indie di caratura ben maggiore a tutto tondo (dal piano artistico a quello tecnico a quello del gameplay) vengono considerati molto meno (almeno inizialmente, poi magari si fanno un nome) senza avere un colosso come Sony alle spalle.

      Si è detto fin troppo che fosse magico come Sony puntasse sugli indie e così via. Non è una critica a Sony, ma voglio appunto solo dire che capolavori migliori di questo ne escono anche col supporto di altre aziende o addirittura senza alcun supporto esterno

    • La durata di un'opera artistica a questo livello, non deve essere sempre vista come negativa. Spesso un'idea pregnante può lasciare il segno in poche ore, e anzi allungarla solo per farti giocare di più, lascia perdere il senso.

      Il discorso gameplay è diverso, anche lì ci può stare ma certamente a dirla tutta, un po' di idee in più ci possono stare. Ma nel complesso ok.

      Costa 30 euro, non troppo. Comunque non poco per una produzione minore, ma ha Sony alle spalle che un po' il prezzo l'avrà gonfiato.
      Si è visto di peggio, ma anche di molto meglio.

  • In titoli del genere io non mi aspetto mai la perfezione in nessun aspetto, o comunque se ci sono grossi difetti li perdono. NOn mi interessa della longevità o di imperfezioni di gameplay.

    Accetto però le grandi idee. Concrete Genie è artisticamente ispirato ma di idee non ne ha granché, se non il gran lavoro artistico dietro.

    Solitamente "indie" e simili, per impressionarmi, devono avere grandi idee. Il lato artistico è fantastico, ma anche lì ho visto di meglio nonostante gameplay migliore e produzioni più piccole.
    Un titolo indie può impressionare artisticamente molto facilmente con alcune trovate. Non dico Hollow Knight, ma pure un Hyper Light Drifter in pixel art, che sembra banale, è sicuramente meno elaborato di questo titolo, ma è quasi altrettanto ispirato artisticamente senza avere Sony dietro.

    Questo titolo per me è un "meh". Non mi impressionava prima, e non l'ha fatto dopo.

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