Cuphead è il punto di arrivo a cui tutti i videogiocatori degli anni ’80/’90 ambivano nell’immaginare come sarebbe migliorata la grafica bidimensionale con il passare degli anni. I fratelli Moldenhauer infatti hanno cercato di realizzare un titolo che assomigliasse il più possibile ad un cartone animato interattivo, riuscendo nell’impresa. Il progetto però non risente solo di influenze stilistiche videoludiche, ma anche cartoonesche e musicali, diventando un prodotto affascinante, in cui si mescola un’estetica retrò ad una giocabilità solida.
I protagonisti della storia sono due fratelli dalle bizzarre sembianze di una tazza. Come molti personaggi di un lungometraggio animato, il loro aspetto antropomorfo diventa l’espressione di un character design creativo, che parte da un soggetto semplice per poi renderlo immediatamente riconoscibile e iconico.
Un risultato non da poco, considerando che la prolifica industria videoludica dei platform aveva iniziato ad inflazionarne l’immaginario con troppe mascotte animalesche o eroi anonimi, sul finire degli anni ’90.
La trama inizia quando questi due personaggi si cacciano nei guai indebitandosi con il diavolo padrone del casinò in cui erano andati a giocare a dadi. Per poterla fare franca ed estinguere il loro obbligo senza rimetterci, gli viene posta un’alternativa: sconfiggere chi si è indebitato prima di loro, diventando così degli esattori. Peccato che coloro a cui devono rivolgersi siano decisamente inclini ad una violenta, nonché pittoresca, resistenza.
Ci troviamo in un mondo a cartoni animati, tanto colorato quanto cattivo. Gli antagonisti hanno fattezze perfide che distorcono l’aspetto innocente che dovrebbero avere. Il risultato è un contrasto armonico tra le caratterizzazioni e l’estetica. Ecco quindi che la principessa di un mondo di dolciumi agita il pugno minacciosamente contro i nostri, come farebbe un picchiatore, un tenero fiore gigante sorride sadico mentre cerca di impallinarli usando delle ghiande come fossero proiettili e via dicendo.
L’intero motore grafico inoltre è plasmato su fondali e personaggi disegnati a mano e ottimamente animati, aggiungendo anche degli effetti per simulare le pellicole in cellulosa usurate. L’effetto generale è proprio quello di giocare ad un cartone interattivo, raggiungendo lo stato dell’arte per questo tipo di produzione videoludica. La musiche attingono al jazz e al ragtime per creare un accompagnamento che risulti evocativo al pari della grafica, rifacendosi a cartoni come Betty Boop, Steamboat Willie (in cui esordì Topolino) e altri di quel periodo. La direzione artistica dell’intero gioco è quindi basata sul prendere elementi derivati da altri contesti, per poi mescolarli e rielaborarli per produrre qualcosa di originale.
In questo anche la giocabilità non è da meno, in quanto Cuphead è palesemente fondato su di una conoscenza ferrea di Mega Man e Contra e sul medesimo principio di “trial&error”. Entrambi titoli che hanno in comune un livello di difficoltà sostenuto e una commistione tra fasi platform e run&gun. I personaggi possono infatti saltare, usare uno scatto aereo, sparare dei colpi a seconda dell’arma equipaggiata e usare una speciale manovra evasiva, ad uso limitato.
In questo caso però la sfida è stata innalzata oltre il normale, risultando davvero molto coinvolgente e impegnativa per gli utenti navigati, quanto spigolosa e frustrante per i novizi. Chi infatti si aspetta una scorrevolezza paragonabile a quella di Metal Slug, qui invece troverà una progressione molto più rigida e punitiva. Una volta esauriti i punti vita non è possibile continuare e andare avanti, si viene rispediti al punto di partenza del livello e per completarlo bisogna accumulare una pratica e una conoscenza perfetta, per farcela con l’equivalente di un solo credito. La scelta è dovuta al fatto che gran parte dell’avventura si basa sullo sconfiggere una trentina di boss, pertanto la presenza di continua avrebbe semplificato troppo le cose e abbattuto la longevità. Così però non ci sono mezze misure, creando un’esperienza che potrebbe risultare indigesta a molti. L’idea di partenza infatti era che Cuphead fosse basato solo sulle battaglie con i boss e solo dopo che il progetto venne patrocinato da Microsoft vennero aggiunti alcuni livelli a scorrimento orizzontale, più simili ai run&gun classici.
Questa modifica successiva infatti è abbastanza palese nel game design, dal momento che i livelli platform sono separati da quelli con i boss, al contrario di come avviene in questo genere di gioco.
C’è uno stacco netto tra le due fasi, sottolineato anche dal minor numero di sezioni a scorrimento. Si crea quindi una frattura nel ritmo e nella progressione rispetto ai boss integrati al termine di una zona come nei succitati Slug, Mega Man o Contra. Considerando però l’enorme lavoro svolto per la grafica, la natura indie e il dichiarato intento di concentrarsi su battaglie contro nemici intriganti da combattere, questa carenza preclude solo la piena eccellenza nella valutazione. Cuphead è una torta squisita a cui manca solo la proverbiale ciliegina, ma la cui assenza non pregiudica l’insieme.
Cuphead è un run&gun giocabile in singolo, ma anche in cooperativa locale in due. L'elevato livello di difficoltà può risultare ostico per chi cerchi un titolo 2D simile ad un platform dai ritmi più rilassanti, per chi ama le sfide invece ci sarà molto pane per i propri denti. Il gioco è distribuito digitalmente su Xbox One e PC (Steam, GoG.com)
DurataSe state cercando un po' di sollievo dallo stress quotidiano e volete immergervi in mondi…
Ho sempre visto la pizza come mezzo di aggregazione e condivisione, oltre il piacere estremo…
Sono passati tre anni e mezzo dall'uscita della grandiosa Parte II di The Last of…
Le festività natalizie sono il momento perfetto per scartare regali e rilassarsi con una sessione…
Kojima Productions ha confermato che l'adattamento cinematografico live-action del gioco Death Stranding dello studio è…
The Game Awards 2023 ha svelato una lista di vincitori molto interessante, con Alan Wake…