Inutile girarci intorno: Devil May Cry 5 è una figata spaziale e se siete su queste pagine ormai lo saprete bene anche voi. Stampa e pubblico di tutto il globo ne stanno tessendo incessantemente le lodi da giorni e noi non possiamo fare altro che condividere il loro entusiasmo per l’ennesimo centro di Capcom. Un successo meritatissimo, frutto dell’amore di Hideaki Itsuno nei confronti del brand, di cui è padre adottivo fin dai tempi del secondo episodio, e dell’impegno del team riversato nella non semplice missione di riportare in auge una saga iconica come questa.
I rischi connaturati a una simile impresa, infatti, erano roba da non dormirci la notte. In primis, sulla testa degli sviluppatori si stagliava ancora minacciosa l’ombra dell’apocrifo DmC curato da Ninja Theory, un buon titolo accolto tuttavia con sdegno da parte dello zoccolo duro dei fan più tradizionalisti che mal avevano sopportato le scelte stilistiche del reboot e che mai avrebbero tollerato un altro passo falso. In secundis, c’era la spinosa questione di riproporre una serie che, nonostante un complessivamente buono quarto capitolo, rischiava pericolosamente di avere ormai detto tutto ciò che c’era da dire.
E invece no. Con un sonoro gesto dell’ombrello, abbinato a una buona dose di coraggio e talento, gli sviluppatori hanno tirato fuori dal cilindro quello che con buona probabilità è il miglior episodio di sempre. Scopriamo insieme il perché!
Abbandonato il fiacco filone narrativo dell’Ordine della Spada, dei culti e dei diabolici complotti della città di Fortuna, la trama di Devil May Cry 5 vira con decisione su tinte più intime e personali. Toccando i temi della famiglia e della vendetta, e avvalendosi di meccanismi rodati come quello dell’agnizione, ovvero il riconoscimento di un personaggio da parte del protagonista che va a rompere definitivamente gli equilibri del racconto, gli sceneggiatori hanno imbastito quella che potrebbe essere considerata a tutti gli effetti una moderna, e tamarrissima, tragedia greca digitale.
Nonostante la semplicità del pretesto narrativo, la storia non è affatto priva di mordente
Per l’occasione, accanto ai volti noti di Dante, Nero, Trish e Lady, troveremo anche un paio di personaggi totalmente inediti come l’incantevole Nico Goldstein, la scoppiatissima nipote della creatrice di Ebony & Ivory, che nell’arco di un paio di secondi si è imposta in cima alla lista dei miei amori impossibili, e il tanto misterioso quanto malconcio V. Proprio quest’ultimo, in seguito all’apparizione di un albero infernale in città, il Qliphoth, si rivolgerà al nostro cacciatore preferito per fermare l’ennesimo demone svitato venuto a reclamare il suo dominio sulla Terra, innescando così le peripezie della folkloristica compagine appena menzionata. Nonostante la semplicità del pretesto narrativo, la storia non è affatto priva di mordente e con la giusta alternanza di dialoghi sopra le righe, colpi di scena più o meno scontati e sequenze ad alto tasso di spettacolarità, conduce il giocatore all’epico ed esaltante finale senza annoiarlo mai nelle sue dodici ore di durata.
Si sarebbe potuto fare di meglio? Assolutamente sì, e in particolare dispiace per il quasi totale abbandono delle figure femminili da metà dell’avventura in poi, che nulla avevano da invidiare in quanto a carisma rispetto alle loro controparti maschili. Tuttavia, considerati i precedenti e il ruolo marginale che storicamente svolge la narrativa in questo tipo di produzioni, il risultato può dirsi più che soddisfacente. Personalmente resto inoltre molto curioso di scoprire dove gli sceneggiatori andranno a parare in futuro, ma non divaghiamo, di questo ne parleremo nei prossimi anni.
Archiviati gli screzi di famiglia, passiamo a parlare del gameplay e del combat system, il cuore pulsante che da sempre anima la saga. Giusto per rinfrescare la memoria ai meno avvezzi al genere, ricordiamo che Devil May Cry è il testosteronico padre degli “stylish hack ‘n slash”, un sottogenere degli action in terza persona in cui il giocatore è chiamato a devastare senza pietà i nemici presenti sullo schermo nel modo più stiloso possibile. Che significa, all’atto pratico, concatenare senza soluzione di continuità tutte le combo messe a disposizione dal gioco, nel modo più vario possibile. Il tutto mentre un indicatore tiene traccia della spettacolarità della nostra performance con un voto che varia dinamicamente tra “D” e “SSS”.
Questa quinta incarnazione del brand non stravolge la formula del suo successo, ma la eleva a nuove vette di eccellenza, imponendosi come nuovo standard del genere e rasentando la perfezione in più di un’occasione. Tutto ciò è il risultato di una calibrata e sapiente commistione di vecchie idee e aggiunte originali che insieme rendono fresco ed estremamente divertente il prodotto nel suo complesso. Questa dualità è ben rappresentata dai personaggi giocabili con Dante e Nero che simboleggiano con orgoglio la tradizione tanto amata e V la novità coraggiosa. E parlo di coraggio non a caso, dal momento che anche solo l’idea di avere un eroe che in qualche modo combatte a distanza tramite delle evocazioni, in un gioco così storicamente “fisico”, era già un azzardo in partenza.
DMC 5 non stravolge la formula del suo successo, ma la eleva a nuove vette di eccellenza sfiorando la perfezione
V infatti, grazie ai tatuaggi di cui è ricoperto, può evocare due mefistofeliche creature, un corvo e una pantera, con le quali massacrare i nemici tenendosi alla larga dallo scontro diretto, avvicinandosi agli sconfitti solo per infliggere loro il colpo di grazia ed eliminarli definitivamente. A questa struttura di base si affiancano l’immancabile sistema di combo, la barra del Devil Trigger con la quale potenziare gli attacchi, un libro di Blake (V ne è ossessionato) da leggere per recuperare l’energia demoniaca, e altro ancora, ma non vogliamo scendere troppo nel dettaglio. Ciò che ci preme evidenziare, piuttosto, è come anche questa scommessa sia stata vinta dagli sviluppatori e rappresenti un caso unico nel suo genere che, anche se limitato a sole cinque missioni, costituisce una parentesi interessante che potrebbe essere approfondita e reinterpretata in futuro anche da altri studi di sviluppo. Uno su tutti: Platinum Games.
Ad ogni modo, la parte del leone la fanno ancora i due sbruffoni storici della serie, e non sarebbe potuto essere altrimenti. Se Nero serve a introdurre gradualmente il giocatore alle battaglie, è con Dante che il ventaglio delle possibilità esplode letteralmente in mano all’utente. Il livello di complessità e tecnicismo che Devil May Cry 5 raggiunge nelle sue battute conclusive è stellare e supera di misura anche la sua diretta rivale Bayonetta, facendo la gioia di tutti gli appassionati che dovranno spendere ore e ore per padroneggiare un sistema di combattimento mai così vario e stratificato.
Inutile farvi una carrellata di tutte le possibilità offerte, sappiate solo che ogni personaggio dei tre menzionati impone un approccio totalmente differente agli scontri e alla gestione degli spazi, aspetto quanto mai fondamentale, ed è contraddistinto da almeno un elemento di game design che ne condiziona totalmente le meccaniche: le evocazioni, come dicevamo, per V, i diversi innesti robotici per il braccio di Nero che gli conferiscono ciascuno un’abilità diversa, la ruota degli stili e delle armi per Dante che, tramite la pressione dei grilletti e della croce direzionale, può alternare abilità e strumenti di morte in tempo reale durante le combo. Il feeling pad alla mano è qualcosa di entusiasmante oltre ogni limite che deve essere saggiato in prima persona: provatelo, non ve ne pentirete!
Come nota a margine di tutto questo ben di diavolo, menzioniamo infine l’ottimo bilanciamento della difficoltà che rende il titolo perfettamente accessibile anche al giocatore più inesperto (escluse giusto un paio combattimenti coi boss tarate un filo troppo verso l’alto).
Anche sul versante tecnico Devil May Cry 5 non teme confronti e sfoggia la miglior incarnazione del RE ENGINE che abbiamo visto finora. Al netto di una fluidità granitica, sempre ancorata sui sessanta frame al secondo, il titolo non rinuncia a massicce dosi di effetti particellari che dipingono la messa in scena dei combattimenti, così come a texture di ottima fattura che, tra l’altro, ci sono sembrate nettamente migliori di quelle viste in Resident Evil 2. Ad ogni modo, è il lavoro svolto dal team sulla resa dei volti dei protagonisti, la loro caratterizzazione e le relative espressioni facciali il vero fiore all’occhiello di tutta la produzione. Un risultato che non stentiamo a definire come uno dei migliori di sempre, sia per “bellezza poligonale” dei modelli, che per carisma esagerato degli stessi. A distanza di oltre 20 ore di gioco capita ancora di dover raccogliere la mandibola da terra. Applausi.
Altro giro di elogi anche per quanto concerne la colonna sonora che accompagna indiavolata le battaglie, crescendo d’intensità all’aumentare del punteggio ottenuto. Ogni personaggio ha la sua musica specifica e si spazia dall’hard rock per Nero al death metal per Dante. Per quanto possa valere, il tema principale del gioco “Devil Trigger” è entrato istantaneamente nella compilation che mi accompagna durante gli allenamenti: vi caricherà più dei demoniaci globi viola.
Purtroppo l’eccezionale comparto tecnico non è sostenuto da un’altrettanto valida ispirazione artistica
Sfortunatamente però, non è tutto oro ciò che luccica, e nonostante la bontà del motore grafico, non possiamo non segnalare un versante artistico dalla qualità altalenante. Alcuni boss in particolare ci sono sembrati fin troppo anonimi per far parte di un capitolo di Devil May Cry (nonostante siano “ludicamente” ottimi), così come alcune ambientazioni che fanno da sfondo all’avventura. Nulla di troppo grave, sia ben inteso, ma gli scenari urbani, per quanto ben realizzati, peccano un po’ di fascino, e le fasi all’interno dell’albero demoniaco, seppur esteticamente più affascinanti, finiscono col diventare tutte uguali e un po’ banali.
Discorso simile anche per quanto riguarda la complessità degli scenari che tendono a svilupparsi in maniera estremamente lineare, mostrando una certa pigrizia di fondo. Ovviamente nessuno avrebbe voluto enormi mappe esplorabili in un gioco simile, ma non ci sarebbe dispiaciuta qualche ramificazione in più, esattamente come si intravede in un paio di missioni che purtroppo però rappresentano un’eccezione piuttosto che la regola. Peccato.
Chiudono il quadro una regia di ottima fattura che incornicia ed esalta il fluire dell’azione e le spacconate dei nostri eroi, insieme a una perfetta gestione della telecamera che, salvo rare eccezioni, non inciampa mai.
Ho giocato Devil May Cry 5 su un pc equipaggiato con Ryzen 5 2600, AMD RX 590 e 16 GB di RAM. In Full HD con tutti i settaggi al massimo il gioco non ha mai fatto una piega, a conferma dell'ottimo lavoro di ottimizzazione svolto da Capcom. Ho avuto modo di vedere il titolo in azione anche su PS4 PRO dove gira altrettanto bene, al netto di qualche minima rinuncia sulla pulizia dell'immagine e sull'uso dei particellari.
DurataIn definitiva, possiamo affermare senza paura di essere smentiti di trovarci di fronte a uno dei migliori hack ‘n slash di sempre. Sul versante ludico Devil May Cry 5 supera in facilità anche le nostre migliori aspettative: attingendo a piene mani dal passato, ma con il coraggio di rinnovarsi e migliorarsi quando necessario, raggiunge un risultato che alza irrimediabilmente l’asticella qualitativa del genere di riferimento. Potendo inoltre contare su un comparto tecnico da primo della classe, una colonna sonora potente e rabbiosa, e un “cast” impareggiabile, anche le piccole sbavature artistiche, così come la qualità incostante del level design, passano ben presto in secondo piano. Tant’è vero che la voglia di punire il titolo per qualche muro invisibile di troppo o l’ennesimo corridoio ci è talvolta passata per la testa, ma puntualmente a distanza di pochi secondi veniva spazzata via dalla maestosità di una delle tante boss fight e dai conseguenti siparietti dei protagonisti. Come si può parlare male di un cacciatore di demoni che balla il moonwalk? Ecco esatto, non si può!
Entusiasmante e divertentissimo, Devil May Cry 5 deve essere provato (e amato) da qualunque appassionato di videogiochi si definisca tale. Dante è tornato!
Se state cercando un po' di sollievo dallo stress quotidiano e volete immergervi in mondi…
Ho sempre visto la pizza come mezzo di aggregazione e condivisione, oltre il piacere estremo…
Sono passati tre anni e mezzo dall'uscita della grandiosa Parte II di The Last of…
Le festività natalizie sono il momento perfetto per scartare regali e rilassarsi con una sessione…
Kojima Productions ha confermato che l'adattamento cinematografico live-action del gioco Death Stranding dello studio è…
The Game Awards 2023 ha svelato una lista di vincitori molto interessante, con Alan Wake…