Diablo 2 Resurrected, ossia “Non ce la faccio, troppi ricordi…” (cit.). Era il primo pomeriggio di una tiepida giornata di primavera. Avevamo mangiato qualcosa al bar della scuola e nel rientrare in aula avevo intravisto la costa di una scatola di cartone che spuntava dallo zaino aperto di un mio compagno di classe: era Diablo 2. Alla fine degli anni ’90 i videogiocatori erano ancora pochi; pochi rispetto a oggi, certo, anche se ormai il loro numero stava diventando più ampio. Per tutto il periodo scolastico siamo sempre stati in due o tre per classe, ma con il fatto che International Superstar Soccer (voi lo conoscete come PES) fosse diventato il banco di prova per dimostrare chi ne sapesse più di calcio, la PlayStation aveva iniziato a diffondersi un po’ ovunque, anche nelle case di chi non aveva mai provato l’ebrezza di un tower da gioco assemblato a mano. Rimasi quindi colpito dal fatto che questo mio amico (che non aveva ancora fatto coming out) avesse una copia fresca fresca di Diablo 2, perché allora noi giocatori PC ci conoscevamo un po’ tutti e guardavamo quelli con la sola PlayStation come dei niubbi senza speranza.
Io non volevo rubare, ma…
Intendiamoci: io ero il più forte della città anche con International Superstar Soccer, ma qui il punto è un altro, ossia che senza pensarci presi quella scatola e tornai a casa alla velocità della luce. Non era mia intenzione rubarla, ci tengo a dirlo, tanto che lasciai nel suo zaino un biglietto con scritto: “Stai tranquilllo, non ti ho rubato Diablo 2. Lunedì te lo riporto e mi faccio perdonare“.
Due ore dopo, quando avevo mosso i miei primi passi nel mondo di Sanctuary, mi suona il telefono di casa. Alzo la cornetta e dall’altra parte c’è il mio compagno, incazzatissimo: “Dammi il tuo indirizzo esatto perché sto venendo a riprendermi il gioco: vedi di farti trovare“. Non so esattamente come avesse fatto a capire che fossi stato proprio io, ma come dicevo i giocatori PC erano pochi e io non ero il tipo da nasconderlo. Resta il fatto che prima di cena, alla fermata della metropolitana vicina a casa, chiesi umilmente scusa, spiegando che non avevo resistito alla tentazione. Il lunedì successivo, tra me e lui, era come se non fosse successo mai niente e divenne presto uno dei miei compagni di classe più intimi: credo che avesse capito cosa mi avesse spinto a quel gesto e non ne parlammo mai più.
la nostra memoria è incapace di conservare ricordi oggettivi
Quella che vi ho raccontato è una storia vera in ogni suo dettaglio; ogni singolo dettaglio… tranne uno: sulla costa della scatola non c’era scritto “Diablo 2” ma “Command & Conquer: Red Alert” ed era il 1997, non il 2000. Anche in questo caso non era mia intenzione mentire, quanto confessarvi che sono passati così tanti anni da quando giocai a Diablo 2 che appena ricevuta la chiave per riscattare Resurrected ho sorriso pensando a quell’accaduto che avrei giurato fosse vero, per poi accorgermi che stavo ricordando l’episodio sbagliato e che quella volta non avevo “rubato” Diablo 2 ma un altro gioco. Ero così sicuro che si trattasse del titolo Blizzard che ho dovuto controllare le date di pubblicazione due volte prima di arrendermi all’idea che la mia memoria mi stesse imbrogliando.
Con questa lunga ma sincera premessa voglio inziare la recensione di Diablo 2 Resurrected con un assioma: non ha senso scrivere un articolo su operazioni come questa facendo continui paralleli tra l’originale e il remake (o la remastered), specie se sono passati quattro lustri, perché la nostra memoria è incapace di averne un ricordo oggettivo. Per dimostrarlo basta pigiare il tasto G mentre si sta giocando a Resurrected e sono sicuro che alla vista di quella risoluzione e quei pixel grossi come briciole di focaccia tutti spalancherebbero gli occhi al grido di “ma no; non era così brutto! Lo hanno fatto apposta per farci sembrare questa versione più bella“. E invece il cazzo: era proprio inguardabile.
Ok, non era poi così inguardabile. Però c’è un altro motivo per cui non ha senso parlare d’amarcord, ed è riassunto nel fatto che se Resurrected è una trasposizione uno a uno di un classico, quindi imprescindibile se uno c’ha la lacrimuccia ma vuole rigiocarselo con una grafica nuova di zecca (e qui finisce la recensione per gli aficionados), è anche un videogioco del tutto nuovo per una larghissima parte della giovane utenza PC, tanto che credo possa risultare fuorviante sentirsi ripetere quanto fosse figo nel 2000 e di quando sia fedele all’originale quello del 2021.
Diablo 2 Resurrected è un hack ‘n’ slash isometrico imprigionato in un RPG
Partiamo quindi col fatto che Diablo 2 Resurrected è un hack ‘n’ slash isometrico imprigionato in una struttura da RPG. In altre parole ci si muove per una mappa con un personaggio che ha statistiche, inventario e un albero delle abilità da far crescere grazie al loot selvaggio e all’esperienza ottenuta sul campo. Il suo unico compito è quello di menare fendenti, lanciare incantesimi, evocare altre creature o scoccare frecce al fine di uccidere qualsiasi cosa si muova (e se ne muove sempre tantissima, tutta insieme). Si può scegliere tra otto classi: barbaro, negromante, druido, amazzone, assassino, mago e paladino. Non sto qui a spiegare in che cosa si differenziano anche perché il gioco non te lo dice e sono abbastanza chiare a tutti quelli che hanno un minimo di esperienza con i giochi di ruolo. Ciò che conta davvero sono i differenti equipaggiamenti, visto che molte armi o armature sono esclusive per ciascuna di esse e per le statistiche. Qui però viene il bello, perché Diablo 2 è un gioco “semplice”.
Ci sono solo quattro voci (forza, destrezza, vitalità ed energia) e quattro “resistenze” (fuoco, freddo, fulmine e veleno). Con il passaggio da un livello all’altro si ottengono punti esperienza da investire in una di queste quattro varianti: fine. Le resistenze sono invece legate esclusivamente all’equipaggiamento. Si potranno quindi indossare armature o scudi con bonus peculiari ma anche incastonare gemme e monili così da aggiungerne di altri. Lo stesso discorso vale per l’albero delle abilità attive o passive, come la possibilità di diventare maestri nell’uso di un’arma specifica (i.e. per il barbaro) o sviluppare l’abilità di evocare un muro invalicabile di ossa e detriti (i.e. per il negromante). Se prima scrivevo che Diablo 2 è un gioco semplice, ora ci tengo a specificare che “semplice” e “monotono” non sono sinonimi. Diablo 2 Resurrected offre infatti decine di variazioni, permettendo addiritutta a classi omogenee di declinarsi in campi molto diversi.
Nella continua evoluzione dell’equipaggiamento risiede tutta la potenza di Diablo 2
Non c’è quindi bisogno di soffermarsi troppo sul fatto che sia un titolo dall’elevatissima rigiocabilità. Nel mio piccolo, tempo due ore nei panni del barbaro che trovo uno scudo raro per soli paladini con tanti di quei bonus (magici e non) da farmi rimpiangere la scelta fatta. In questa continua evoluzione dell’equipaggiamento, prima ancora che delle statistiche, sta tutta la potenza di Diablo 2. Ciascun oggetto può influenzare ogni parametro: dalla possibilità di colpire l’avversario alla velocità e quantità di danno aggiuntivo, dalle variazioni alle percentuali di loot alle tempistiche sul recupero di integrità dell’oggetto (riparabile o non), dalle resistenze a determinati attacchi alla facilità di recupero di mana, vita o vigore. Ci sono migliaia di combinazioni esperibili, spesso sotto il pieno controllo del giocatore che può equipaggiarsi di particolari pietre da incastonare o specifici talismani da conservare nell’inventario per amplificare qualsivoglia aspetto della build (caratteristica introdotta dal DLC incluso in Resurrected). Il gameplay è un susseguirsi frenetico di “ne voglio ancora e ancora e ancora” perché tutto è votato alla massima gratificazione distruttiva di quello che, forse ancora oggi, è l’hack ‘n’ slash più equilibrato (ed esaltante) in circolazione.
In tutto questo mi sono appuntato alcuni elementi di contorno di cui mi piacerebbe parlare, in primis della curva di difficioltà che sale morbida morbida. Non bisogna essere giocatori hardcore per arrivare alla fine del tunnel in singolo, tanto più che la forza del titolo Blizzard sta proprio in quel suo essere un generatore di build tutte da sperimentare alla ricerca di quella perfetta. La crescita del personaggio, se fatta con un minimo di sale in zucca, segue infatti una linea parallela a quella dei tanti nemici da abbattere. Lo stesso vale per l’equipaggiamento. Con questo non voglio dire che il prezzo del biglietto non valga una sola corsa quanto piuttosto che le meccaniche prestano il fianco a più run, senza per questo renderle obbligatorie o noiose (anzi!). In merito alla narrazione, che pur surclassa quella di Diablo 3, resta qualcosa di utile a seguire il protagonista nei suoi spostamenti tra le zone della mappa… ma non regala niente di più. Ci sono comunque missioni secondarie valide, splendidi filmati di intermezzo e oggetti unici che vanno a comporre set prestigiosi, senza contare le aggiunte garantite dall’espansione inclusa tra cui spiccano il cubo Horadrico che permette di fondere pietre, rune e gioielli per ottenere nuovi gingilli secondo un “ricettario” prestabilito. Dai: già che ci sono parliamo un attimo delle mappe e della grafica.
Diablo 2 è ancora il Re degli hack ‘n’ slash
Quest’ultima offre effetti di luce e animazioni che non fanno rimpiangere produzioni tripla A svincolate dalla necessità di essere fedeli a un’IP leggendaria, con picchi qualitativi anche elevati in classi come l’incantatrice e il druido. In maniera del tutto analoga anche le mappe della campagna, al netto di avere confini geometrici netti ereditati dall’iterazione del 2000, si presenta in un pantagruelico susseguirsi di ottimi set piece che caratterizzano (quasi univocamente) ogni ambiente, anche quelli inutili. Chiudiamo il cerchio con la localizzazione in italiano promossa a pieni voti, con il doppiaggio originale che ancora… Oh: mi sono dimenticato il trailer in apertura dell’articolo! Scusate, rimedio subito:
Ho giocato Diablo 2 Resurrected al massimo dei dettagli, senza esitazione alcuna, sul mio Ryzen 5 1600 che non supporta Windows 11, 16 GB di RAM e una GeForce GTX 1660 Ti che Dio la benedica.
DurataSe con questa recensione voglio provare a ingolosirvi come se stessimo parlando di un titolo nuovo di zecca, è altrettanto vero che dovrò tornarci – prima o poi – per approfondire una delle componenti necessarie a capirne la grandezza: l’online. Il fatto è che per consigliarvi di acquistare Diablo 2 Resurrected, foss’anche solo per ascoltare il tintinnio di una pozione o il rumore metallico delle monete raccolte (suoni iconici entrati nell’immaginario collettivo di tutti i videogiocatori), parlare delle partite in coop o del PVP non è fondamentale. Non ho nemmeno difetti da elencare, se non quello di detestare il pathfinding delle unità alleate e la scarsa capienza dell’inventario con la necessità di continui viaggi tra il dungeon e la città tramite l’evocazione dei portali. Uno potrebbe anche raccogliere solo il necessario per proseguire, come armi o armature migliori di quelle indossate, ma se all’inizio c’è la volontà di fare cassa e quindi rivendere oggetti magici o rari, dopo alcune ore nasce una nuova necessità: accumulare equipaggiamento per nuovi personaggi.
Insomma: comprate Diablo 2 Resurrected adesso
Gli sviluppatori hanno infatti introdotto un deposito centralizzato e condiviso, del tipo che – a lato del barbaro – sto portando avanti un negromante che ha il vantaggio di partire con uno scudo magico (che poi è una testa mummificata) e un’armatura molto potenti, senza averli raccolti lui sul campo. Questa caratteristica è abbastanza rilevante, perchè ribadisco che controllare una classe piuttosto che un’altra cambia radicalmente le regole d’ingaggio, tanto che a tratti sembra di giocare a qualcosa di diverso in ogni nuova partita! Insomma: comprate Diablo 2 Resurrected adesso… e non perché ricalca fedelmente un vecchio titolo quasi perfetto, quanto perché “è” un titolo quasi perfetto anche oggi, nel 2021.
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