Recensione

Dieci anni e non sentirli: lo stilosissimo ritorno di Bayonetta e Vanquish

Possono dieci anni non lasciare traccia del loro passaggio? Guardando a Bayonetta e Vanquish oggi, la risposta non può che essere affermativa. Che il 2010 di Platinum Games fosse stata un’annata da incorniciare era cosa nota già all’epoca, ma il tempo trascorso da allora non ha fatto altro che consacrare definitivamente queste due opere. Sfoderate i vostri tacchi a spillo, lucidate le armi e seguiteci alla (ri)scoperta di due capolavori immortali.

La strega che fece piangere il diavolo

Partorita dalla mente dell’istrionico Hideki Kamiya, Bayonetta veniva al mondo con un solo obiettivo: detronizzare il fratellastro Dante e imporsi come nuova regina degli stylish hack ‘n slash. Impresa tutt’altro che semplice, questa, dal momento che, pur con tutti i suoi difetti, Devil May Cry 4 sembrava aver evoluto il concept del suo predecessore fino al limite massimo consentito, settando in termini di gameplay una vetta impossibile da superare. Il genio creativo del luccicante Hideki non era però di questo avviso e il resto, come si suol dire, è ormai storia.

Dall’iconica possibilità di equipaggiare le caviglie della protagonista con un set di armi per attaccare così con i quattro arti, al “combo interruptus” (ebbene sì, si chiama proprio così e tanto dovrebbe bastarvi) che consente di interrompere una sequenza e riprenderla dopo una schivata, le possibilità messe in campo dal gioco restano sterminate. Il tutto valorizzato ulteriormente poi dal Sabbat Temporale, la declinazione in salsa action del Bullet Time, ennesima novità assoluta per il genere, nonché marchio di fabbrica della serie. Il risultato di questa orgia di idee è un gioco che risulta fresco e originale oggi come dieci anni fa, contraddistinto da un ritmo unico e impreziosito da un perfetto connubio tra tecnicismo e accessibilità. La strega di Umbra saprà infatti regalare divertimento e soddisfazioni tanto ai neofiti, che potranno limitarsi ad affrontare il gioco selvaggiamente, schivando d’istinto e colpendo a testa bassa, quanto ai più hardcore, liberi di approfondire le meccaniche per dar vita a un’inarrestabile sabba di morte. In tal senso resta però un peccato imperdonabile l’assenza di una modalità d’allenamento dove esercitarsi con le combo più avanzate.

Lo spirito rivoluzionario di Bayonetta non si è spento col tempo e risulta accattivante oggi tanto quanto lo era dieci anni fa

In termini di puro gameplay, Bayonetta si conferma essere insomma uno dei picchi più alti mai raggiunti dal genere, un capolavoro assoluto, costretto a chinare il capo solo di fronte all’opus magnus di Hideaki Itsuno che con Devil May Cry V ha saputo rilanciare ancora una volta la saga dei fratelli Sparda. L’avventura della strega di Umbra resta comunque una ancor valida alternativa e considerata la differenza di età tra i due titoli in questione, il risultato è incredibile.

Arcade of War

Diec’anni or sono, parallelamente a Bayonetta, negli uffici di Platinum Games un altro esule di Capcom lavorava alacremente a un secondo titolo che avrebbe consacrato per sempre la compagnia nell’olimpo degli action. Il soggetto in questione altri non era che il buon Shinji Mikami all’opera sullo strepitoso Vanquish, una delle più originali declinazioni che l’affollato genere dei TPS abbia mai conosciuto.

Il gioco, a cominciare dalle testosteroniche fattezze dei suoi personaggi, attinge a piene mani, e senza farne mai segreto, dalla celebre saga di Gears of War, in particolare per quanto riguarda il caratteristico sistema di coperture. Quello che per la serie di Epic è però il nucleo di tutta l’esperienza ludica, in Vanquish serve solo da punto di partenza per dar vita a un gameplay esponenzialmente più snello, adrenalinico e coreografico.

L’orgasmico incedere dell’azione di Vanquish rappresenta tuttora un unicum irreplicabile

E’ difficile descrivere le sensazioni di godimento che si provano pad alla mano non esistendo tuttora nulla di simile sul mercato. Volendo però azzardare un confronto ardito, immaginate come potrebbe essere la trasposizione moderna in 3D di un vertical shooting arcade anni 90 con il suo fluire incessante di azione, piombo, power-up e record da massimizzare. Fatto? Ecco, se a questo aggiungete la possibilità di sfrecciare in scivolata lungo il campo di battaglia spinti a tutta velocità dai propulsori della vostra tuta, schivando le pallottole mentre il tempo scorre al rallentatore attorno a voi, allora forse, forse, avrete una vaga idea di ciò che vi aspetta. Vanquish è un distillato di azione pronto all’uso, un’esperienza bruciante e travolgente da godere tutta d’un fiato. Un’opera seminale che non ha perso un centesimo della sua carica dirompente.

Non fare storie…

Se gli sforzi profusi da Platinum nel cesellare un gameplay al bacio in entrambi i titoli sono una ragione più che sufficiente per rivolgerci a loro con il termine di capolavoro, è innegabile che non tutto sia stato rifinito con la stessa cura.

Le vicende narrate, ad esempio, sono prive di qualsivoglia spessore e rappresentano un semplice pretesto che fa da collante all’azione. E se tutto sommato la trama di Bayonetta è un divertissement godibile e piacevole, a patto di digerire gli eccessi e la follia tipicamente giapponesi che li anima, la banalità di Vanquish inquieta quando cerca di prendersi sul serio. Sarà che siamo figli dei tempi che corrono, ma il machismo imperante, l’eroismo spiccio, la redenzione scontata e i malvagi stereotipati risultano oggi ancor più stucchevoli e fuori luogo di un tempo.

Il comparto narrativo dovrebbe servire da semplice collante tra un combattimento e l’altro, peccato che Vanquish sembri crederci davvero alle volte…

Anche a livello artistico è senza dubbio Bayonetta a brillare tra i due. La strega di Umbra è una delle più iconiche protagoniste della storia recente del medium e il mondo che la incornicia non è da meno. Il risultato è uno schizofrenico mix di iconografia pagana, folklore europeo e mitologia norrena dal notevole impatto scenico che potrebbe non accontentare tutti i palati, ma che di certo non manca di carattere e stile. Al contrario di tutto questo potpourri di ispirazioni e influenze, Vanquish si limita a riproporre un immaginario sci-fi già visto e rivisto. Fatta eccezione per il protagonista e qualche agglomerato metallico nemico, tutto il resto risulta abbastanza sciatto e privo di spunti, lasciando così orfano un gameplay che dal canto suo è invece estremamente caratterizzato e originale.

Belli e monelli

Sul fronte tecnico, la rimasterizzazione per il decimo anniversario porta in dote il 4K a 60 frame al secondo. L’aumento di risoluzione, la fluidità granitica e la diminuzione del motion blur contribuiscono a rendere l’azione molto più definita e leggibile rispetto al passato, ma qualche sforzo in più in questo senso lo si sarebbe potuto fare. Al netto delle moli poligonali ridotte che evidenziano qualche spigolosità di troppo, ma su cui era difficile intervenire, molte texture ci sono sembrate le stesse di dieci anni fa.

Sul fronte tecnico sembra si sia puntato al proverbiale massimo risultato con il minimo sforzo

Persistono alcuni problemi storici come la resa dell’acqua e del fuoco in Bayonetta e le ombre impazzite di Vanquish che pare non abbiano mai potuto godere delle gioie dell’anti-aliasing. Incredibili invece anche a distanza di un decennio le animazioni dei due protagonisti: dalle sensuali schivate di Bayonetta alle pose plastiche di Sam dietro le coperture, i due giochi hanno davvero ancora molto da insegnare.

INFO UTILI

Abbiamo giocato Bayonetta & Vanquish 10th Anniversary Bundle su PlayStation 4 PRO e testato entrambi sia su monitor Full HD che Led TV 4K, restando piacevolmente colpiti dall'impatto generale che i titoli ancora possiedono.

Durata
  • Dieci, dodici ore per portare a termine Bayonetta, la metà circa per Vanquish. Entrambi i titoli sono comunque dotati di un tasso di rigiocabilità estrema e di sfide extra molto impegnative che ne aumentano sensibilmente la longevità.
Struttura
  • 5 livelli di difficoltà per entrambi i giochi, non tutti disponibili alla prima run.
  • Ventuno missioni secondarie per Bayonetta, sei sfide scorporate dal gioco principale per Vanquish: preparatevi a soffrire.
Scheda Gioco

Assegnare un voto a una remastered è sempre un’operazione delicata e discutibile. Mai come in questo caso, però, ci è sembrato impossibile scindere il lavoro di ammodernamento dal materiale originale, perché quest’ultimo ne uscirebbe ingiustamente penalizzato. Se è vero che sul fronte tecnico si sarebbe potuto (e dovuto) fare qualcosa di meglio, non possiamo non applaudire a scena aperta i due capolavori in questione. Vanquish e Bayonetta non sono invecchiati di un giorno e rimangono due esperienze travolgenti che qualsiasi giocatore dovrebbe provare almeno una volta nella vita. Che siate amanti degli action o totalmente digiuni del genere, che abbiate già giocato entrambi i titoli o meno, un secondo giro sulla giostra di Platinum Games vale il prezzo del biglietto!

Giacomo Bornino

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  • Recuperata ora la recensione, bel lavoro jack e finalmente vanquish è disponibile con un frame rate giocabile. Non mi fa impazzire la scelta di venderli insieme su psn a 40 euro ma separati a 25 l'uno, poco giustificabile visto che i giocatori potrebbero benissimo interessanti anche a solo uno dei due.

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