Che il lancio di Google Stadia sia stato uno dei più tristi degli ultimi anni nel settore dell’intrattenimento, penso che sia ormai fuori discussione. Che il colosso americano stia puntando e investendo qualche soldo e un po’ di forza lavoro per migliorare la situazione, pare essere altrettanto vero ma come ci hanno insegnato anni e anni di console e battaglie a colpi di marketing, la differenza spesso e volentieri la fanno i giochi.
E proprio i giochi, incluse le produzioni proprietarie, rappresentano un grandissimo problema per il servizio made in Mountain View tant’è che è stata operata la scelta, direi obbligata, di caricare tutta l’aspettativa del lancio sulle spalle di Tequila Works, il piccolo studio madrileno noto ai più per RiME, che stavolta ha invece risposto all’appello pubblicando GYLT.
I tempi erano stretti e per Google era importante uscire quanto prima sul mercato, provando ad anticipare i concorrenti e a stupire gran parte dell’utenza. Il solo fatto che la prima conferenza pubblica dedicata al servizio si sia svolta sei mesi prima del lancio, dovrebbe darci una dimensione delle tempistiche ridotte per l’uscita di una piattaforma che, a tutti gli effetti, è da considerarsi rimandata al 2020. Non deve stupire dunque l’assenza di grandi esclusive o produzioni AAA commissionate da Google – almeno per ora, s’intende – né tantomeno la volontà di caricare il peso di un lancio, seppure in beta, su di una sola produzione indipendente.
Il servizio è da migliorare ma invece i giochi?
Ecco dunque che, dopo aver stressato un po’ il servizio con Destiny 2, abbiamo messo le mani su GYLT per provare a capire che cosa avesse da offrire la prima esclusiva di Stadia. Il gioco, molto semplicemente, è un’avventura in terza persona con protagonista una ragazzina di nome Sally, che vaga per città e ambientazioni oscure alla disperata ricerca della sua cuginetta scomparsa chiamata Emily. Il concetto alla base del prodotto, per quanto inflazionato, ci è parso fin da subito comunque interessante e curato, con dettagli e contesti scritti per provare a raccontare qualcosa in più del mondo di gioco, tramite talvolta pagine di diario e libri disseminati per la mappa di gioco.
Inoltre, man mano che si procede nella breve avventura (che difficilmente vi terrà impegnati oltre le cinque ore di gioco, ndr), appare sempre più chiara e meno sfumata una seconda linea narrativa che vorrebbe anche ricoprire il ruolo di tema portante del racconto ovvero il bullismo. Una materia coraggiosa per un prodotto d’intrattenimento ma che, purtroppo, non viene affrontata con la giusta forza e finisce per rimanere nell’etere, fumosa per la maggior parte del tempo o celata dietro alcune scelte di design non particolarmente furbe.
La progressione nel gioco è infatti eccessivamente frazionata, senza particolari sfumature, finendo così per dividere in maniera piuttosto netta una fase rispetto alla successiva. E dunque il tutto finisce per ridursi nella più classica delle alternanze esplorazione, enigma e nemici, mai così esaltante e divertente come avremmo sperato. Per quanto la struttura e il design del livelli ci siano parsi curati e anche originali, manca in ogni occasione il senso di inadeguatezza e di pericolo che avremmo voluto sperimentare in alcuni frangenti (come ci segna invece Little Nightmares).
Raccontami una storia ma non dimenticare il gameplay.
Se anche RiME in cuor suo puntava ad affascinare il giocatore con il suo mix personalissimo di ambientazioni e narrazione, lo stesso non si può dire di GYLT che, evidentemente, dal punto di vista del sistema di gioco non brilla né per originalità né tanto meno per la fluidità e la coerenza del sistema di animazioni. La giovane ragazza protagonista dell’avventura può infatti contare su un attacco, utile per respingere i nemici, e su una torcia a batterie necessaria sia per illuminare il nostro cammino che per sconfiggere taluni mostri. Il resto è un miscuglio di mosse, interazioni o situazioni particolari che non lasciano granché al giocatore, così come non convince fino in fondo la progressione narrativa messa in piedi sin dal prologo.
Il comparto grafico infine, per quello che è a tutti gli effetti il primo gioco unicamente disponibile su Stadia, non ci è dispiaciuto e nel corso dell’avventura abbiamo finito per dimenticare più e più volte di star effettivamente giocando a un titolo eseguito chissà su quale macchina dall’altra parte del mondo. Il fascino poi di poter riprendere in qualsiasi momento il gioco, anche su un portatile di Apple – notoriamente anti-videogiochi – senza salvataggi da conservare, aggiornamenti o patch da installare, non ha davvero prezzo.
Sviluppato da Tequila Works - noti ai più per RiME - GYLT è una piccola avventura dalle tinte horror disponibile attualmente in esclusiva su Google Stadia.
DurataGYLT da solo non può giustificare l’acquisto di una console, di una piattaforma o di un servizio ma questo lo sapevamo già e sicuramente è ben chiaro anche negli uffici di Google. Purtroppo però, il titolo non raggiunge e non si avvicina neanche alle vette, relativamente alte, toccate dalle altre due produzioni dello studio, proponendo un sistema di gioco fin troppo classico e banale, ambientazioni sì accattivanti e intriganti in quasi ogni aspetto ma mal raccontate e quindi mal sfruttate nel corso dell’avventura.
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