Crackdown 3 si presenta con una divertente filmato, dove spadroneggia Terry Crew volto e mascotte del gioco. Un misterioso blackout ha messo KO l’intero globo terrestre, fatta eccezione per New Providence, misteriosa isola privata dominata dalla Terra Nova, la Corporation senza scrupoli responsabile dell’attacco terroristico. Compito della nostra squadra è quello di indagare sul fenomeno, e assicurare alla giustizia la carismatica CEO Elizabeth Niemand, antagonista che sembra uscita dall’unione di qualche libro sull’affermazione di se stessi per aspiranti imprenditrici di successo e Atlas Shrugged, romanzo-mattone della filosofa anarcocapitalista Ayn Rand. E proprio quando il capitano con le fattezze di Terry Crew sta per concludere la più classica delle arringhe su quanto il suo team sia imbattibile, ecco che una gigantesca esplosione polverizza in un istante il nostro elicottero con tutta la squadra di agenti.
Di tutta la squadra ci salviamo solo noi, ma l’esplosione ci ha privato di pressoché ogni arto. Nulla che le tecnologie rigenerative dell’Agenzia non possano risolvere, fortunatamente. Dopo una brevissima fase di tutorial siamo pronti per entrare in scena.
All’inizio della partita possiamo scegliere l’agente che preferiamo tra un’ampia lista, ognuno dei quali ha bonus e potenziamenti unici. Personalmente mi sono fiondato sul Commander Jaxon, quello con l’aspetto di Terry Crews, ma avrei potuto cambiare personaggio in qualsiasi momento durante la partita. Inoltre esplorando la mappa è possibile raccogliere le sfere DNA di altri agenti, sbloccandone di nuovi e più forti.
Giocare a Crackdown 3 è un tuffo nel passato, e almeno nelle primissime fasi sembra quasi di avere per le mani un titolo old-gen: la grafica non è esattamente uno dei punti di forza del titolo. Poi l’effetto svanisce, e l’architettura futuristica di New Providence, così come i suoi colori vivi e accesi, riescono in qualche modo a vincere sulla pochezza del comparto tecnico.
New Providence si presenta come una mappa di gioco relativamente vasta, suddivisa in distretti con livelli di difficoltà (per quanto non esplicitati) diversi. Per poter arrivare ad Elizabeth Niemand è prima necessario sgominare la sua banda di luogotenenti. In totale sono tre i rami aziendali della Tera Nova da sabotare: logistica, sicurezza, industria. Ognuno di questi ha i suoi dirigenti di rango diverso, come ci si aspetta dall’organigramma di una qualsiasi azienda del male, e per far fuori il boss di livello più alto bisogna prima eliminare gli sgherri che stanno sotto le sue direttive. Niemand a parte, sono otto in totale i boss del gioco.
Prima di attirare l’attenzione di un dirigente della Terra Nova, e quindi scoprire la sua posizione sulla mappa, è necessario sabotare il suo dipartimento completando una serie di attività divise tra obbligatorie e meramente opzionali. Per far fuori Roxy, l’intelligenz artificiale che gestisce le ferrovie di New Providence, ad esempio, ho prima dovuto conquistare almeno tre stazioni ferroviarie. Ma abbiamo anche l’opzione di liberare un’altra mezza dozzina di stazioni secondarie della monorotaia. Le missioni che ci permettono di sbloccare i relativi boss sono varie, ma alcune risultano leggermente tediose e ripetitive. Mentre i combattimenti coi boss ci faranno affrontare una varia moltitudine di nemici con una discreta abbondanza di mech sempre più grossi e cattivi. L’approccio, salvo un paio di eccezioni, rimane comunque sempre lo stesso: scaricare piombo a più non posso, senza grosse strategie. Una filosofia che accompagna quasi tutte le attività del gioco: non c’è molto da riflettere, né esistono tattiche da studiare e assimilare. Il trucco sta nel sputare fuoco in abbondanza, complice il fatto che la vita si ricarica via via che eliminiamo i nemici, il che impone un’azione costantemente dinamica ed aggressiva.
In Crackdown 3 la parola d’ordine è libertà: non esiste un ordine con cui completare le missioni, il cui livello di sfida ci viene suggerito solo da una percentuale di possibilità di sopravvivenza. Nulla ci vieta di partire dalle più difficili e poi dedicarsi a quelle pensate per le prime fasi di gioco. A dirla tutta, nulla vieta nemmeno di tentare la sorte e sfidare il boss finale già dopo il tutorial—se non il fatto che sarà pressoché impossibile farcela.
Per sopravvivere alle minacce che infestano New Providence è fondamentale migliorare le abilità dell’agente e il suo arsenale. Alcune nuove armi si possono raccogliere dai nemici abbattuti, mentre quelle più forti si raccolgono da appositi piedistalli normalmente posizionati in bella vista nelle aree della mappa occupate dagli obiettivi primari o secondari. La varietà delle bocche di fuoco presenti in Crackdown 3 è piuttosto forte, tra spara acido, minigun, revolver, mitragliatori, lancia saette e altre armi sci-fi. Anche sul fronte equipaggiamento Crackdown dà assoluta libertà al giocatore: le munizioni non scarseggiano mai, e non esistono nemici che richiedano una specifica arma per essere abbattuti. Per farla breve, già dopo poche ore di gioco andavo in giro con un equipaggiamento full-pesanti, fatto di razzi a grappolo, bazooka e lanciagranate. Divertente? Davvero tantissimo, ma la conseguenza è che non esiste un nemico, a prescindere dalle sue dimensioni o dalla sua cattiveria, che non sia riuscito ad abbattere con (troppa?) facilità. Un tema su cui comunque torniamo tra pochi paragrafi.
Quanto al sistema di progressione, in totale sono cinque le abilità del nostro agente che possiamo far salite per un totale di cinque livelli: agilità, guida, uso delle armi esplosive,uso delle armi comuni e forza fisica. Se la maggior parte di queste salgono di livello via via che le utilizziamo in modo regolare —ad esempio quella degli esplosivi sale semplicemente uccidendo nemici con lanciarazzi e altre armi distruttive—, l’agilità prende un’altra strada. L’intera mappa di Crackdown 3 è stata disseminata di token verdi, spesso in aree sopraelevate,che richiedono di dare sfoggio delle nostre abilità di parkour. Alcuni token per aumentare l’agilità si trovano sopra a grattacieli molto elevati, altri su lampioni, e via così. In un primo momento prendere le sfere agilità nascoste nei punti meno accessibili può sembrare una impresa ardua, ma, via che riusciamo a raccogliere punti, crescono anche le nostre capacità: l’agente si muove in modo più rapido, e acquistiamo alcune utili abilità come il doppio salto (triplo quando si raggiunge il livello massimo) e lo scatto a mezz’aria. Si crea così un circolo virtuoso dove più token si raccolgono, più sarà una passeggiata prendere quelli successivi. Una scelta che ho trovato particolarmente felice.
Ed è proprio l‘anima platform del gioco a rappresentare uno degli elementi più convincenti di Crackdown 3: le lunghe sessioni di arrampicata che precedono alcuni combattimenti, l’esplorazione libera e frenetica di New Providence, e diverse attività secondarie, come le Torri della propaganda, da scalare superando piattaforme semoventi e ostacoli grazie al mini jetpack dell’agente, sono nel complesso le parti meglio riuscite del gioco. Anche se, per capirci, non siamo a livelli di altri grossi titoli che hanno fatto dell’evoluzione verticale del mondo di gioco il loro punto di forza.
La città è disseminata di punti di rifornimento, basta passarci sopra per sbloccarli. Come intuibile permettono di ricaricare le munizioni e accedere al ricco arsenale di armi trovate fino a quel momento. Inoltre, fuori dai combattimenti, aprendo la mappa è possibile effettuare un viaggio rapido in uno qualsiasi dei punti di rifornimento già sbloccati. È il modo più semplice per muoversi da una parte all’altra della’isola , in alternativa si possono usare le macchine dei civili e (una volta raggiunto un certo livello dell’abilità di guida) dei nemici. La guida dei veicoli è estremamente arcade, per usare un eufemismo, e c’è un evidente problema nella gestione delle loro collisioni, innaturale, e spesso causa di situazioni piuttosto frustranti. Anche per questo motivo durante la mia esperienza di gioco sono state davvero poche le occasioni in cui ho deciso di mettermi dietro al volante: molto più appagante muoversi fluttuando trai grattacieli, o usare i più comodi viaggi rapidi.
Per completare le attività principali di Crackdown 3 mi ci sono volute poco meno di sette ore. Davvero poche, anche se devo ammettere di essermi lasciato alle spalle numerose attività opzionali e secondarie. Procedendo con maggiore calma, dandosi al completismo più sfrenato (incentivato da una ricca offerta di obiettivi secondari) verosimilmente si può aggiungere alla longevità almeno un’altra mezza dozzina di ore di gioco, o poco più.
A pesare è anche un livello di sfida non proprio impegnativo: l’intelligenza dei nemici non pervenuta, munizioni in abbondanza, e possibilità di saltare la maggior parte delle orde di nemici che si frappongono tra noi e i nostri obiettivi, rendono Crackdown 3 un gioco piuttosto semplice scegliendo una difficoltà intermedia.
E ci avviamo dunque a rispondere alle domande finali: cosa è Crackdown 3? E a chi è rivolto? Il gioco dei Sumo Digital è sicuramente un titolo con tanta infamia e qualche lode, dove i difetti non compromettono comunque mai completamente l’esperienza di gioco. New Providence è un enorme parco giochi per il divertirsi senza pensare troppo, ed è vero che molte delle attività sono ripetitive, ma è altrettanto vero che far saltare in aria orde di nemici con armi sempre più sgangherate non smette mai di divertire.
La sua anima palesemente sfrontata, votata ad un approccio disimpegnato, dove l’unica strategia vincente è quella di vomitare il più alto numero di proiettili e razzi contro i nemici, può sicuramente dare grandi soddisfazioni a chi cerca qualcosa di leggero tra un titolo tripla A e l’altro. Se poi siete trai possessori di Xbox o PC dotati di un abbonamento al servizio Game Pass, allora dargli una possibilità diventa quasi un atto dovuto. Al contrario, per chi cercasse un’esperienza di gioco più strutturata e completa, verosimilmente Crackdown 3 finirà per dimostrarsi una grossa delusione.
INFO UTILI
Ho giocato a Crackdown 3 su Xbox One, sfruttando il servizio in abbonamento di Microsoft Game Pass.
Curiosamente sono disponibili due client: uno per la campagna e uno per il multiplayer, una soluzione intelligente che spero di rivedere anche in altri titoli. Al termine della campagna, ad esempio, si può liberare un bel po' di spazio dall'hardisk mantenendo la possibilità di farsi qualche partita online a Wrecking Zone. Quest'ultima si presenta come piuttosto scialba, seppur dotata di qualche elemento interessante: distruttibilità radicale, meccaniche di gioco che fanno largo uso della verticalità della mappa e delle abilità di salto e schivata degli agenti.
Purtroppo l'assenza di progressione, il fatto che ci troviamo tutte le armi sbloccate fin da subito, e che, in altre parole, non ci siano nemmeno degli elementi puramente estetici da dover conquistare partita dopo partita, non danno grossi incentivi per passarci molte ore. Peraltro al momento sono disponibili solo due modalità: la classica caccia ai distintivi degli avversari, e l'altrettanto classica conquista delle zone. Complessivamente un'esperienza mulitplayer piuttosto modesta.
La campagna è stata provata in single player, non ho avuto modo di testare il co-op.
Durata
La longevità non è il punto di forza di Crackdown 3, che si presenta come un open world molto atipico. La campagna è stata conclusa in appena sei ore e mezza, in altre quattro ore ho concluso buona parte delle attività secondarie.
Struttura
Crackdown 3 poggia su un opern world di dimensioni convincenti, dove a regnare è la totale libertà di gioco. Otto in totale i luogotenenti della Terra Nova da far fuori, ma se proprio ce la si sente, il boss finale può essere eliminato già durante le primissime fasi di gioco. O almeno ci si può provare.
Collezionabili e Extra
Sfere del DNA, sfere agilità, chioschi da distruggere: Crackdonw 3 ha una vasta gamma di oggetti da collezionare, ricevendo in cambio vantaggi nel gioco e numerosi obiettivi
Umberto Stentella
Veneziano di terra ferma e classe 1994. Nella vita prende sul serio poche cose, tra queste Star Wars, le energy drink e i gatti. Moderatamente boxaro, ama qualsiasi gioco dove si faccia pew pew. Si è occupato di cronaca e tecnologia per alcune testate online e cartacee.