Quando Shrek uscì al cinema insieme alla sua comicità politicamente scorretta, portò un interessante spunto di riflessione, ossia che è più facile vivere e fare delle grandi imprese se sei il principe azzurro, ammirato ed osannato da tutti. Meno facile è essere lasciati in pace e fare ogni tanto una buona azione se sei un orco che tutti vedono come brutto e malvagio. Lo stesso spunto si potrebbe applicare sia alle vicende che caratterizzano i protagonisti di Tales of Berseria, sia al gioco stesso, un gioco che nonostante alcuni aspetti abbastanza deludenti, presenta dei lati davvero ben fatti. Andiamo con ordine e vediamo di fare meglio la conoscenza di questo orco buono.
Tales of Berseria è l’ultimo titolo ufficiale della saga di Tales of, prodotta da Bandai Namco. Uscito sia per le console di casa Sony, PlayStation 3 e PlayStation 4 (anche se su PlayStation 3 è uscito solo in Giappone), sia per PC. Una prima nota importante di Berseria è che presenta alcuni legami con il titolo uscito immediatamente prima di esso, ossia Tales of Zestiria. Il primo legame si può riscontrare nel fatto che Berseria riprende molte delle meccaniche che avevano caratterizzato il gameplay di Zestiria, mentre il secondo è che Berseria è a tutti gli effetti un prequel di Zestiria, ambientato nello stesso mondo, ma mille anni prima e con la comparsa di alcuni personaggi già presenti nel suo predecessore (esiste una valida spiegazione a questo, che diventa chiara una volta giocato ad anche solo uno dei due titoli).
La storia segue le gesta di Velvet Crowe, una ragazza che a causa di un evento chiamato “Luna scarlatta” ha visto la sua vita cambiare drasticamente. Durante la notte dello strano evento, un morbo chiamato “Demonite” si è propagato tra la popolazione del mondo causando in molti la trasformazione in mostri, noti come Demoni. Come se non bastasse il cognato di Velvet, Arthur, durante la stessa notte, sacrifica il fratello minore della ragazza per ottenere il potere di sconfiggere i Demoni e così salvare il mondo. Consumata dalla rabbia, Velvet viene affetta dal morbo e si trasforma in un Demone in grado di divorare qualunque cosa con il suo arto sinistro. Con questo nuovo potere la ragazza si scaglia contro Arthur in cerca di vendetta, ma senza successo e così viene rinchiusa in una prigione isolata dal mondo. Passati tre anni Arthur è ora conosciuto e celebrato in tutto il mondo come il redentore Artorius Collbrande, leader e guida dell’abbazia, un ordine ecclesiastico a capo di un esercito di persone note come “Esorcisti”, ossia soldati che hanno ottenuto il potere di combattere i Demoni grazie al rituale di Artorius. Sta a Velvet fuggire dalla sua prigione ed usare i suoi poteri per vendicarsi di Artorius e porre fine ai suoi piani.
Questo “riassunto” della trama di Berseria può dare solo una vaga idea di cosa ha da offrire questa storia. Parlo di vaga idea perché il viaggio che andiamo a compiere insieme a Velvet e compagni è tutt’altro che semplice. Stiamo parlando di una storia scritta davvero bene e che può considerarsi uno dei gioielli di questo titolo. Non solo ogni membro del nostro party è caratterizzato perfettamente a livello narrativo, ma anche i personaggi secondari sono tutto fuorché scontati o noiosi, fino ad arrivare ai cattivi del titolo che a più riprese dimostrano anche loro di essere personaggi molto più complessi di quanto si possa pensare all’inizio. E’ opportuno menzionare come Velvet e compagni non siano dei veri e propri eroi, infatti sarebbe più corretto parlare di antieroi. La società vede nell’abbazia e in Artorius i loro salvatori, quindi chiunque cerca di opporsi a loro viene visto come un agente del male. Oltre a questo il gioco, a più riprese, ricorda ai giocatori che le azioni dei nostri protagonisti, anche se in apparenza dettate dalla necessità, hanno delle conseguenze che possono risultare negative per la popolazione e che per tale motivo non vengono affatto viste di buon occhio dai più. Tutta questa serie di elementi dona più strati di complessità alle vicende narrate nella trama, presentando ai giocatori più di qualche spunto di riflessione su quanto hanno appena visto. Questo è forse uno dei maggiori passi in avanti rispetto a Tales of Zestiria dove, se anche in alcune occasioni si cercava di dare più spessore alle vicende e ad alcuni personaggi, questi risultavano comunque decisamente piatti e divisi tra buoni e cattivi in maniera definitiva.
Lasciando da parte la trama ci spostiamo verso quello che è l’altro pilastro cardine del gioco, ossia il gameplay. Come abbiamo detto in precedenza, in questo ambito, il legame tramite Berseria ed il suo predecessore è forte, anche se Berseria più che ripercorrere i passi di Zetsiria, cerca principalmente di prendere quello che di buono vi era in esso per migliorarlo e perfezionarlo appositamente per questa nuova avventura. Possiamo dire addio al sistema dell’armatizzazione (che in certe battaglie diventava praticamente obbligatorio da usare) e al blocco di due umani e due malak (che limitava la scelta dei personaggi da usare nel party), in favore di un sistema che favorisce un più ampio numero di strategie tra cui scegliere ed una maggiore libertà nel formare la squadra di gioco (sempre costituita da quattro personaggi, tra i sei disponibili e di cui se ne può scegliere uno da guidare in battaglia). Per quanto riguarda il sistema di combattimento ogni personaggio può eseguire delle combo, concatenando delle arti (una sorta di tecniche se vogliamo) assegnate a quattro tasti. Ad ogni tasto possono essere assegnate quattro arti da concatenare, le quali variano a seconda di quando viene premuto quel determinato tasto all’interno della combo (se ad esempio il tasto cerchio viene premuto per primo si esegue un’arte, mentre se viene premuto per secondo si esegue un’altra arte e così via…). L’ordine delle arti da eseguire, così come la loro disposizione, può essere interamente personalizzata nel menù apposito, in ogni momento, per il personaggio che stiamo guidando. In caso non si voglia modificare la disposizione delle arti e lasciare quella automatica, è possibile farlo ed il gioco tende a perfezionare la loro disposizione sui primi tre tasti cercando di creare delle combo più fluide possibili, man mano che nuove arti vengono sbloccate. Per quanto riguarda il quarto tasto viene data completa libertà al giocatore di impostare la combo come meglio crede.
Man mano che il gioco prosegue si ottengono sempre maggiori possibilità di scelta, insieme a degli strumenti che suggeriscono come è meglio concatenare le varie arti per rendere gli attacchi più fluidi. Impostare le arti nel modo migliore per eseguire le combo non è solo una meccanica presa in prestito dai picchiaduro, anzi è molto importante a livello tattico in quanto ogni arte è dotata di vantaggi su determinati tipi di nemici, o ha un elemento che la caratterizza, o ancora può provocare determinati stati alterati. Proprio questi stati alterati non vanno trascurati, come magari si potrebbe fare in altri RPG, in quanto infliggerli agli avversari ed evitare di subirli è molto importate.
Abbiamo parlato delle combo e di come si eseguono, ma non abbiamo parlato di cosa serve per eseguirle. Ogni personaggio inizia lo scontro con delle anime, che sono tre in condizioni normali, quattro se il nemico viene sorpreso alle spalle, due se siamo noi a venire colti di sorpresa. Tale numero di anime, varia da uno a cinque ed è anche il numero massimo di arti che possono essere concatenate in una combo, è necessario quindi ottenere anime dai nemici e per farlo bisogna o eseguire una schivata perfetta, o uccidere un nemico o infliggere uno stato alterato. Infliggere stati alterati è proprio il metodo più comune ed efficiente per guadagnare anime (o per per perderle visto che le stesse valgono per il nostro party), e bisogna fare molta attenzione a mantenere il bilancio delle anime in favore dei nostri personaggi, in quanto più se ne posseggono più è facile subire uno stato alterato e, viceversa. Avere poche anime significa trasformare scontri, che normalmente sarebbero facili, in veri e propri incubi.
Oltre alle varie meccanchie già citate ci sono anche da considerare abilità che permettono di aumentare ancora di più la portata delle combo come le Break Souls Artes e le Mystic Artes (le tecniche finali storiche della serie), o i cambi di personaggi durante lo scontro. Tutte queste tecniche avanzate aiutano ad arricchire ancora di più la varietà delle possibili strategie utilizzabili. Considerando che i nemici diventano sempre più ostici man mano che l’avventura procede, diventa evidente come il semplice schiacciare tasti a caso perda efficacia abbastanza presto, soprattutto a livelli di difficoltà più alti. Non nascondo che, persino al livello di difficoltà normale (a cui ho completato il titolo), ho trovato boss che mi hanno dato del filo da torcere semplicemente per non aver considerato bene tutte le opzioni a mia disposizione ed essere invece semplicemente andato contro di loro a testa bassa, sperando di sopraffarli con la pura potenza.
Per quanto riguarda l’aspetto prettamente tattico del titolo abbiamo anche qui alcune possibilità interessanti. Oltre a comprare le varie armi ed armature, o trovarle come bottino dopo aver sconfitto un nemico, è possibile potenziare ogni singolo pezzo di equipaggiamento presso i vari mercanti, aumentandone le statistiche. Per ottenere i materiali necessari al potenziamento è possibile cercare nelle varie aree di gioco o ottenerli dai mostri sconfitti, o anche distruggere pezzi di equipaggiamento inutilizzati. Oltre alle classiche statistiche, ogni arma o armatura è dotata di alcune abilità passive. Alcune di queste possono essere apprese man mano che si indossa il pezzo di equipaggiamento in battaglia, mentre altre sono casuali e variano in base al singolo pezzo ottenuto, o al suo livello di potenziamento. In diverse occasioni mi sono ritrovato con equipaggiamenti che, nonostante risultassero superati in un determinato frangente, si sono dimostrati ancora utili per bilanciare le statistiche dei miei personaggi (grazie ai potenziamenti) e in più donargli qualche piccolo bonus passivo per ottenere un vantaggio in battaglia.
Fino ad ora abbiamo elogiato Tales of Berseria, sia dal punto di vista narrativo, che quello del gameplay, ma è arrivato il momento di toccare più di qualche tasto dolente. Se prima avevamo due aspetti veramente ben curati, sul lato tecnico abbiamo un titolo che lascia molto a desiderare. A livello di grafica parliamo di un gioco che soffre parecchio il fatto di essere stato sviluppato in cross-platform, offrendo dei modelli poco dettagliati e più generalmente un dettaglio grafico che anche sulle console di scorsa generazione non sarebbe stato particolarmente buono. Anche le animazioni non sono proprio il massimo e sono ridotte nel numero e ciò lo si vede maggiormente nelle cutscene dove i personaggi si ritrovano a ripetere spesso le stesse movenze, senza troppo varietà o naturalezza. Sul versante del level design, se da un lato abbiamo alcune aree che risultano a livello concettuale ed artistico abbastanza interessanti e suggestive (basti guardare la città di Loegres o il villaggio di Aball), a livello di resa si rivelano abbastanza insoddisfacenti. Il problema forse più evidente del level design risiede proprio nei layout delle varie aree, che si somigliano molto tra di loro. Ciò è possibile vederlo soprattutto nei dungeon, come le grotte, che vedono ripetersi sempre delle alternanze di lunghi corridoi e di aree aperte con qualche mostro, diventando di fatto i livelli più noiosi da affrontare. Durante il corso del gioco la sensazione è stata spesso quella di avere tra le mani un titolo che artisticamente poteva avere qualcosa da dire (come dicevo in precedenza per il design di alcune aree, o di alcuni personaggi principali) mentre poi, quando è arrivato il momento di inserire tutti questi elementi nel gioco vero e proprio, è stato fatto più di qualche compromesso, appiattendo così anche quei guizzi artistici che potevano esserci in fase di progettazione. Per quanto riguarda il sonoro, il doppiaggio non è affatto male, con gli attori che riescono ad interpretare bene i loro personaggi e a contribuire nella loro caratterizzazione anche nei momenti che possono essere più delicati. La soundtrack del gioco è invece abbastanza deludente, in quanto presenta sì qualche brano carino da ascoltare, ma niente che rimanga particolarmente impresso, e anche quando si guarda alla varietà dei brani non è che essa sia poi così vasta.
Ho giocato a Tales of Berseria su PlayStation 4 completando la storia principale e alcune missioni secondarie di approfondimento della storia dei personaggi, il tutto a difficoltà normale. Ho tralasciato alcune missioni di caccia e alcuni boss opzionali per cui mi sarebbe servito aumentare considerevolmente il livello dei miei personaggi.
DurataEcco che dopo aver approfondito meglio i vari aspetti che contraddistinguono questo titolo, diventa più chiaro il suo paragone con l’orco Shrek. Stiamo parlando di un titolo che, se guardato solo dal punto di vista del gameplay e della storia (l’anima) offre tanto, ma che avrebbe potuto offrire parecchio di più se non avesse avuto un comparto tecnico appena sufficiente (l’esterno da orco). Purtroppo il motore grafico datato e un level design mediocre non rendono affatto giustizia al prodotto e anche la colonna sonora risulta dimenticabile. Nel complesso il gioco vale però la pena di essere giocato, anche solo per affrontare questo viaggio di vendetta insieme a Velvet, Laphicet, Rokurou, Eizen, Eleanor e Magilou e per conoscere le loro storie e vedere come si evolvono in un mondo a loro ostile, il tutto comunque condito da un gameplay molto soddisfacente e divertente, che fa ben sperare per il futuro della saga di Tales of.
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