Scrivere qualcosa su Metal Gear Survive è piuttosto difficile. Il gioco sin dal suo annuncio è stato tempestato di critiche negative da parte dei fan storici della saga di Metal Gear Solid, visto che è il primo realizzato da Konami dopo la separazione da Hideo Kojima. Non mi addentrerò nei dettagli di questa scissione, che sicuramente ha sancito la fine del brand di Metal Gear per come lo conosciamo, ovvero un’estensione della mente (autoriale) del buon Kojima. Ciò che conta è il prodotto Metal Gear Survive, capire cosa abbiamo tra le mani, senza partire prevenuti o fare dietrologie.
Il gioco è ambientato in una timeline alternativa che inizia dopo la fine di Metal Gear Solid: Ground Zeroes. La distruzione della Mother Base è solo l’inizio, visto che sopra essa si apre un portale interdimensionale che inizia a risucchiarne i resti. Verremo presto a scoprire che questo tunnel spazio-temporale si affaccia su una dimensione parallela di cui il governo americano è a conoscenza, soprannominata Dite, come la città che fa da ingresso alla parte più oscura dell’Inferno di Dante Alighieri.
Dite è abitata da strani esseri simili a zombi, i Vaganti, fatti di un particolare cristallo, chiamato Kuban. Il Kuban può essere utilizzato come fonte energetica e gli Stati Uniti hanno in passato mandato squadre a recuperarlo. L’ultima è scomparsa, il loro nome? Corpi di Caronte ovviamente, i rimandi a Dante sono continui. Ci verrà chiesto di creare un personaggio che si addentrerà in solitaria a Dite per recuperare i corpi speciali dispersi e assieme a loro accumulare quanta più energia Kuban gli sia possibile. Ed ecco che una volta sciorinate le informazioni fondamentali il gioco ci viene consegnato in mano aprendosi al puro gameplay, senza le miriadi di interruzioni a cui ci ha sempre abituato Hideo Kojima. E la natura del titolo si svela immediamente: Metal Gear Survive (nomen omen) è un gioco di sopravvivenza con elementi stealth, presi pari passo dalla serie da cui deriva.
Il cuore di Metal Gear Survive è il Campo Base, da modificare e potenziare usando le risorse e quello che troviamo dentro Dite. Il mondo di gioco, come già detto, è infestato dai Vaganti (ma non solo, ci sono altre creature mostruose che ci troveremo ad affrontare) che sono il pericolo principale. Si tratta di muoversi silenziosamente ed eliminarli senza farsi scoprire. Il protagonista ha dei parametri di fame, sete e resistenza da tenere sempre sott’occhio, che hanno il brutto vizio di scendere vertiginosamente, forse a volte troppo velocemente, rendendo il muoversi per le mappe a tratti frustrante. Il resto del gameplay è mutuato pari passo dall’originale Metal Gear Solid V, così come il motore grafico, gli scenari e le animazioni. Nonostante il lavoro di riciclo sia quindi evidente, allo stesso modo è riscontrabile uno sforzo notevole di caratterizzazione artistica delle aree di gioco.
Dite è un mondo silenzioso e inquietante. È oscuro e alcune sue parti sono completamente avvolte dalla polvere, una strana nebbia tossica. E credetemi, aggirarsi nei meandri della dimensione dei Vaganti mette parecchia ansia e la componente horror del gioco fa ampiamente il suo dovere. Anche perché nella Polvere la minimappa non funziona, e nemmeno è possibile consultarla nel menù. Siamo soli, con le nostre conoscenze pregresse del territorio e la nostra abilità nel consultare la bussola.
L’altra componente fondamentale di Metal Gear Survive è quella della difesa dalle orde. Che si tratti di proteggere il campo base oppure uno scavatore attivato per estrarre energia Kuban, spesso ci troveremo a dover gestire ondate di Vaganti che puntano a distruggere tutto il nostro lavoro. Sono i momenti più difficili del gioco, dove è richiesta molta pazienza e abilità strategiche volte a risparmiare le difese e amministrarle durante le varie ondate, così come le munizioni. Mentre il timer scorre implacabile si devono piazzare reti, filo spinato, mine, cercando di arrivare vivi allo scadere del tempo.
Tutto nel gioco deve essere creato, dalle barricate ai singoli proiettili; tutti oggetti che possono essere portati con sé in dosi limitate, trasformando ogni sortita dal campo base in una vera e propria sfida. Il gioco non si prende affatto cura del giocatore e non è difficile immaginare che molti possano abbandonarlo, per questo. Anche perché la campagna principale è di fatto un gigantesco tutorial, che in una quarantina di ore ci accompagna piano piano in tutte le sfaccettature della natura survive del gioco. Solo a titoli di coda terminati questo si apre totalmente e al giocatore è chiesto di amministrate la base costruita fino a quel punto e sopravvivere più a lungo possibile. Quindi i fan dei survival nudi e crudi dovranno pazientare parecchio prima di poter mettere le mani su quello che potrebbe essere definito il gioco vero e proprio.
Sorprende invece la carenza di contenuti nella Modalità Online. Al suo annuncio, sembrava che il titolo dovesse essere un gioco praticamente solo multigiocatore, invece attualmente le cose che offre la modalità multiplayer sono poche, limitandosi alle meccaniche di orda viste nella campagna in singolo, solo declinate a più giocatori. Sicuramente conviene provare le missioni in multi perché sono ricche di risorse, che una volta recuperate potranno essere usate nel gioco principale. E se ne ottengono tantissime, un numero tale da risultate quasi sbilanciato rispetto a quelle ritrovabili in singolo, tanto che la cosa da imparare a fare sin da subito è sfruttare il multiplayer per accumulare beni con cui facilitarsi la vita nella campagna principale. Appare però chiaro come ciò releghi l’online a mero luogo dove fare incetta di roba per poi proseguire più speditamente da soli.
La trama mischia orrore e fantapolitica, anche se la sceneggiatura non raggiunge praticamente mai i picchi a cui la serie ci ha abituato, preferendo mettersi di lato, con sporadiche cutscene e parecchi dialoghi via radio. L’assenza di Kojima si sente, quindi? Assolutamente, la narrazione è piuttosto povera, la regia quasi sempre anonima, tranne in qualche particolare filmato che riprende i guizzi Kojimiani di The Phantom Pain. Però i temi di cui si occupa il gioco non cozzano con quelli a cui ci ha abituati negli anni il creatore della saga, cambia solo la messa in scena, senz’altro più povera anche per via della natura più piccola del progetto.
Metal Gear Survive però si dimostra un survival solido e piacevole da giocare, a patto di sorpassare lo scoglio della lunga parte iniziale. I detrattori devono scendere a patti col fatto che il gioco ha del buono; è uno spin off della serie, come già ne esistono parecchi sviluppati quando ancora Kojima era in Konami, con un look particolare e qualcosa da dire a chi saprà non fermarsi ai pregiudizi.
In definitiva Metal Gear Survive è un buon gioco di sopravvivenza, nonostante debba scontrarsi con il peso enorme del nome che porta. Ci sono imperfezioni qua e là, una certa ripetitività di situazioni e una difficoltà non bilanciatissima; ma in generale diverte e impegna, proponendo una grande quantità di compiti da portare a termine, mischiando lo stealth a elementi da horror d’azione. Entrando nell’ottica dello spin-off della serie e spogli da qualsiasi tipo di preconcetto, ci si ritrova con un survival game solido e dignitoso.
Ho giocato Metal Gear Survive con una copia fisica, su una PlayStation 4 Pro. In una quarantina di ore ho completato la campagna principale, portando a termine anche un po' di missioni secondarie e giocando online (più che altro per aiutarmi nella raccolta dei materiali per la modalità in singolo).
Struttura
Collezionabili e Extra
Scheda Gioco
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