200 Milioni. E’ questa la cifra che oggi definisce Minecraft come serie, tuttavia non stiamo parlando dei cubetti necessari a costruire una qualche città virtuale, ma dell’impressionante numero di copie vendute. La creatura di Markus Notch Persson è ormai più che un gioco; è un fenomeno, e come tale viene gestito, producendo non solo oggettistica legata ad esso, ma anche qualche derivato videoludico, come il gioco di ruolo oggetto di questa recensione.
Trasformare Minecraft in un’altra tipologia di gioco è al tempo stesso facile e difficile. Facile perché l’opera originale è l’archetipo del sandbox neutro, una fucina per creare e costruire molteplici cose. Difficile perché proprio partendo da basi così generiche anche la più timida scelta fatta dagli sviluppatori finisce per risultare netta. Che tipo di gioco fare? Che caratteristiche dovrebbe avere? Prendere una decisione significa assumersi anche la responsabilità di plasmare Minecraft in una forma che rischia di non adattarsi al suo pubblico di riferimento, talmente enorme da essere difficilmente identificabile nelle sfumature di gusto.
Il titolo giunto sugli scaffali virtuali di console e PC alla fine è a metà tra gioco di ruolo e hack&slash alla Diablo, ma poteva essere altre mille cose, perché in fondo gli bastava avere il nome di Minecraft per richiamare l’attenzione. Forse al punto da far pensare che se non si fosse chiamato in tal modo, non avrebbe neanche ricevuto molta attenzione basandosi sulla sua semplice caratura.
E la genericità è il metro stilistico dietro ogni singolo aspetto di questa produzione, al punto da renderlo un titolo pensato per piacere a chiunque, ma forse non entusiasmare nessuno. Aspetto, quest’ultimo, che sembra dovuto ad una ricerca spasmodica per provare a renderlo accessibile a tutti, ma proprio tutti i duecento milioni che già hanno comprato l’originale.
La giocabilità è forse la parte migliore di tutta quanta la produzione, in quanto risulta semplice, immediata, scorrevole e rilassante. Ci sono pochissime azioni da compiere e ciascuna si esegue con una banale pressione di pulsante, senza manovre complicate con cui i colleghi cercano di offrire una curva di apprendimento per i giocatori più esperti. Imparare le meccaniche di Minecraft Dungeons è velocissimo e alla portata anche dei più piccoli, tuttavia alla lunga viene a mancare quella profondità ludica tale da offrire qualcosa di più sostanzioso e il tutto sfocia ben presto nella ripetitività.
Un attacco a corto raggio e uno a distanza, una schivata e una magia; i modi di affrontare i nemici diventano ben presto pochi e il senso di reiterazione di cose già fatte viene ulteriormente enfatizzato da altre caratteristiche che incidono negativamente sull’insieme, come la longevità.
Concludere Minecraft Dungeons una prima volta non arriva ad occupare più di sei ore circa, portando il gruppo di baldi eroi cubettosi a sconfiggere il malvagio antagonista di turno più in fretta di qualsiasi altro hack&slash sul mercato, indie inclusi.
L’unica soluzione per non disinstallare il gioco subito dopo consiste nel riaffrontare tutte le missioni della campagna alle due difficoltà superiori. Per superare anche questa sfida però sarà indispensabile ripetere e ripetere missioni già completate onde potenziare il proprio personaggio e ottenere bottino ed equipaggiamento di qualità superiore.
Il reperimento di questi oggetti però è legato ad un sistema di elargizione casuale, per cui non si è mai sicuri di cosa si otterrà, finendo spesso per continuare a rifare cose già fatte solo in attesa che sia la volta buona di ricevere lo strumento che fa al proprio caso.
L’unica alternativa è raccogliere smeraldi nel corso dei livelli, ma questi possono essere barattati presso i mercanti solo con altre lootbox regolate da un algoritmo casuale, lasciando sempre il giocatore privo di scelta su cosa ricevere. Tramite punti esperienza si possono ottenere dei potenziamenti, come utili effetti speciali assegnati a spade o corazze, tuttavia neppure questo arriva ad esentare dal ciclo continuo di rastrellamento del bottino, in quanto la parte essenziale su cui costruire la crescita del protagonista è proprio l’insieme di armi e armature. Il sistema generale è anche in questo caso semplice da gestire, in quanto privo di statistiche numeriche complicate, tuttavia completamente regolato dalla casualità delle lootbox, che non consente di scegliere in modo ordinato la progressione.
Solo la cooperativa stempera leggermente la monotonia del tutto, permettendo di accompagnarsi con un gruppo di amici in battaglia (in locale o in rete su invito) e risultando godibile grazie ad una difficoltà che sala in base al numero di giocatori presenti, mantenendo la sfida sempre proporzionata.
Purtroppo per attenuare questo aspetto non si può contare neppure su di un comparto ruolistico ben delineato. Avere a disposizione un’ambientazione fantasy su cui potersi inventare le cose più disparate avrebbe potuto concedere molto spazio creativo agli sviluppatori, tuttavia questa opzione è stata ignorata. Nell’insieme viene dunque a mancare quell’insieme di dialoghi, scelte, interazioni, che avrebbe potuto mantenere alto l’interesse dell’utente offrendogli una storia ricca di dettagli e aneddoti utili a caratterizzare il proprio eroe o il mondo di gioco. La stessa conformazione dei livelli, selezionabili come aree chiuse da un menù, mentre ci si trova nell’accampamento centrale, fa mancare un senso di organicità e ampiezza che avrebbe delineato meglio il tutto.
In generale Mincraft Dungeons è un gioco che pur non essendo sgradevole, non eccelle in nessuna sua componente e risulta penalizzato da una carenza di contenuti piuttosto pesante, anche per un titolo indie.
Minecraft Dungeons è un titolo di fascia indie, venduto al prezzo di circa venti euro. Tuttavia i suoi contenuti risultano molto esigui, al punto da rendere indispensabile aspettare l'arrivo di ulteriori aggiornamenti o DLC affinché raggiunga delle proporzioni paragonabili a quelle di qualsiasi altro hack&slash sul mercato.
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