Recensione

Ori and the Will of the Wisps: un metroidvania praticamente perfetto

Quando nel 2015 giocammo Ori and the Blind Forest, la casa di Redmond arrancava nei confronti del suo diretto rivale, soprattutto nel proporre un catalogo di esclusive che giustificasse l’acquisto di Xbox. Questo metroidvania, caratterizzato da uno stile artistico che fin dal principio aveva attirato l’attenzione, arrivò sul mercato dando una boccata di aria fresca al catalogo Microsoft e tracciando la strada a quella che sarebbe stata una lenta e cagionevole ripresa. A ben cinque anni di distanza, Moon Studios torna con un sequel carico di aspettative: Ori and the Will of the Wisps. L’attesa è stata ripagata? Scopritelo nella nostra recensione.

Evoluzione o rivoluzione?

Chiariamo fin da subito che questo nuovo capitolo non rivoluziona le meccaniche alla base dei metroidvania, né tantomeno quelle alla base del primo capitolo.

Ci si sbaglierebbe di grosso, però, se lo si considerasse un mero more of the same.

Se l’incipit narrativo e i primi passi nel mondo di gioco sembrano ricalcare in maniera familiare il debutto del 2015, ci si rende conto ben presto che l’evoluzione apportata alle meccaniche di gameplay è quasi radicale. Il nuovo Ori non solo migliora tutto ciò che è stato fatto di buono con il primo capitolo, ma prende a piene mani (e in maniera intelligente) direttamente da altri videogiochi di successo dell’ultimo decennio, Hollow Knight e Rayman Legends in primis.

Un amica da salvare…
Il cuore pulsante di Ori resta senza dubbio la fase platforming.

Tuttavia, una lunga serie di introduzioni hanno reso la sconfinata mappa 2D terreno fertile non solo per le scorrazzate tra una piattaforma e l’altra, ma per l’introduzione di elementi souls like già visti in larga parte in Hollow Knight. Da quest secondarie criptiche che ampliano il background narrativo del titolo, fino ad arrivare addirittura all’introduzione di un cartografo in grado di fornirci la morfologia completa dell’area esplorata (per la verità non così essenziale come sembrerebbe): molti aspetti ricordano il titolo del Team Cherry. L’introduzione di questi elementi, però, è certamente morbida, rendendo il titolo più fluido e scorrevole nelle fasi di esplorazione e scoperta. Non ci saranno mai quest abbastanza difficoltose da portare a termine, così come le posizioni del cartografo non saranno mai troppo nascoste o complicate da raggiungere. Insomma, Ori and the Will of the Wisps resta ancora in larga parte un metroidvania fortemente caratterizzato dalla sua componente platform, immerso però in un contesto che ne rende piacevole praticamente ogni aspetto e che alleggerisce anche un backtracking oldschool di un genere ancora fortemente ancorato agli anni ’90.

INFO UTILI

Il gioco è stato portato a termine nella sua versione per Xbox One S. Purtroppo, bisogna segnalare un comparto tecnico veramente non all'altezza e ben poco ottimizzato su questa piattaforma. Molto frequenti i cali di frame rate nelle situazioni più concitate, così come i problemi di stuttering nel passaggio tra una sezione e l'altra. Ci si imbatte in numerosi freeze anche navigando all'interno del menù. L'esperienza di gioco, comunque, non viene impattata più di tanto, ma in alcuni tratti i problemi tecnici risultano abbastanza fastidiosi.

Durata
  • L'avventura è stata portata a termine in circa dieci ore con un indice di completamento dell'80%.
Struttura
  • La più classica delle strutture metroidvania, impreziosita, però, da numerosi elementi che traggono ispirazione dai platform 2D più moderni fino ad alcuni cenni di struttura Souls like.
Collezionabili e Extra
  • La struttura metroidvania si presta ad una miriade di collezionabili, quasi tutti utili a potenziare il nostro personaggio. L'aggiunta di missioni secondarie à la Souls like ne impreziosisce quest'aspetto, ampliando notevolmente il background del titolo. Endgame poco soddisfacente.
Scheda Gioco
  • Nome gioco: Ori and the Will of the Wisps
  • Data d uscita: 11 Marzo 2020
  • Piattaforme: PC, Xbox One
  • Lingua doppiaggio: Da confermare
  • Lingua testi: Italiano

Dove gli sviluppatori austriaci hanno però investito i maggior sforzi è senz’altro nell’evoluzione del cuore pulsante del gioco: le fasi platform e action. Con l’acquisizione dei vari potenziamenti, le zone si arricchiscono esponenzialmente di dinamismo e risultano esplosive in diverse sezioni, laddove l’uso dei poteri va concatenato in sequenze cariche di adrenalina: che sia lo scontro con un boss (o la fuga da esso) o il superamento di una zona particolarmente ostica, il piacere che si prova nel riuscire a restare diversi secondi senza toccare terra è un vezzo che pochi platform possono permettersi. Tutto ciò lo si ottiene soprattutto grazie ad una curva di difficoltà estremamente bilanciata e ad un sistema di controllo particolarmente responsivo. Mai nel corso dell’avventura vi troverete davanti ostacoli insormontabili.

Il trial and error resta ancora un concetto importante nelle dinamiche di gioco, ma non genera mai frustrazione.

Nella sua nuova proposta di gameplay, Ori and the Will of the Wisps incarna alla perfezione la piena maturazione di un team che ha raggiunto a pieno titolo la consacrazione. Se al primo tentativo Moon Studios aveva mostrato parte del suo talento, oggi lo si può considerare come uno degli studi emergenti più talentuosi nel panorama videoludico.

Uno dei temibili boss presenti nel gioco

L’arte in movimento

Dando una rapida occhiata al comparto tecnico/artistico del gioco, ad uno sguardo meno attento potrebbe risultare un semplice senso di dejà-vu rispetto al prequel. La realtà, anche in questo caso, è ben diversa. Ori and the Will of the Wisps propone una complessità tecnica che mette a dura prova l’hardware di One S (certamente anche a causa di una versione mal ottimizzata), proponendo un motore fisico di tutto rispetto per un metroidvania.

Ogni elemento del fondale con il quale Ori può interagire è vivo e pulsante e risponde alle perturbazioni del sistema.

Si resta così impressionati dal semplice movimento di un bastoncino al quale ci attacchiamo per raggiungere una piattaforma più alta, oppure dal modo in cui le raffiche di vento possono muovere i nemici: Ori è arte in movimento. Lo stile adottato è senz’altro molto vicino al predecessore, ma non è certo un difetto, laddove la bellezza del comparto visivo ha dato un’impronta forte alla riconoscibilità dell’opera. L’uso dei colori è ammirevole e da annoverare tra i migliori lavori fatti in campo videoludico negli ultimi anni. La palette cromatica propone così tante sfumature da rendere quasi difficoltosa, in alcuni casi, la distinzione tra gli elementi di scena e gli oggetti interattivi (a voi la scelta se annoverare questo punto tra i difetti o tra i pregi del titolo). Questo concetto di sfumatura viene trasposto anche dal punto di vista musicale: le colonne sonore proposte sono sfaccettate ed emozionanti e giocano in maniera sublime col ritmo imposto dall’avventura. Il senso di claustrofobia di alcune zone è accentuato da musiche estremamente azzeccate e che veicolano i momenti più dark dell’opera, fino ad esplodere in un finale, a tratti, davvero toccante, accentuato in questo caso da musiche di commiato. Insomma, davvero nessun aspetto in questi cinque anni di sviluppo è stato lasciato al caso ed ogni comparto di questo sequel brilla di luce propria.

La palette cromatica è mozzafiato

Moon Studios: e ora?

Avrete già capito, se siete arrivati a questo punto, che il giudizio su Ori and the Will of the Wisps è estremamente positivo.

Possiamo quasi dire che, in maniera simbolica, un prodotto di tale fattura ha aperto e chiuso il rapporto burrascoso con i titoli first e second party di Microsoft durante l’epoca di Xbox One, sperando che abbia aperto una stagione ben più fruttuosa da questo punto di vista sulle prossime console della casa di Redmond. Moon Studios si è definitivamente consacrata ed ha spazzato via tutti i dubbi di chi l’aspettava al varco del difficile esame della riconferma. Ci si comincia a chiedere cosa faranno dopo e se ci sarà spazio per un eventuale terzo capitolo. Al momento, però, non ci resta che goderci questo splendido esempio di game design racchiuso in un’opera artistica immensa.

 

Stefano Cherubini

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