Recensione

Parkasaurus: l’unico erede di Theme Park

Comprate Parkasaurus; compratelo se avete amato Theme Park, se siete rimasti delusi da Jurassic World Evolution, se vi siete stufati del free-building dei vari Coaster, se siete alla ricerca di un divertimento genuino, accessibile anche a chi non passa le sue giornate su Crusader Kings III, ricco di dettagli da tenere sotto controllo ma con quella grafica low poly che lévati. Parkasaurus è la quintessènza del genere tycoon: abbandona la strada del realismo dei giochi Frontier, prende le distanze dalla frenesia – comunque funzionale – del Rise of Industry dei Dapper Penguin Studios e sposa quel senso di scoperta e meraviglia minuto per minuto che – davvero – solo alla Bullfrog nel 1994 è riuscito di implementare in meccaniche simili. E poi ci sono i dinosauri: colorati, con personalità e desideri individuali, curati da uno staff ben lontano dall’anonimato a cui ci hanno forzatamente abituato. Non sto scherzando: andate e compratevi Parkasaurus adesso.

Avete presente la classica mappa del mondo con vari scenari sbloccabili? Ecco: in Parkasaurus si parte proprio così. Completato il tutorial, che insegna giusto le meccaniche di base, si può partire con l’inaugurazione dei primi parchi a tema. Possono essere territori vergini, strutture abbandonate o in crisi economica, ma la sostanza non cambia. C’è un budget iniziale, alcuni macro obiettivi utili a sbloccare perk con cui migliorare l’efficacia gestionale del giocatore su tutti gli scenari, c’è una scacchiera – magari con ostacoli inamovibili – sulla quale iniziare a disegnare i primi recinti. Ognuna di queste zone deve’essere caratterizzata per adeguarla all’habitat dei nostri amici dinosauri: pianura, palude, deserto e tre varianti per ciascuna di queste (i.e. la pianura può essere declinata anche a taiga o a foresta pluviale). Il menu contestuale è molto semplice e permette di intuire immediatamente quante piante, cespugli, acqua, rocce o terreno è necessario per soddisfare i requisiti minimi. C’è da perdersi, ma anche no.

comprate Parkasaurus; compratelo se avete amato Theme Park

Tutto è molto chiaro e le opzioni iniziali danno grande libertà pur lasciando al giocatore la facoltà di sbloccarne ulteriori investendo punti ricerca nel classico albero delle tecnologie. Ce ne sono due: uno dedicato agli elementi dello scenario/infrastrutture e si paga, appunto, con la risorsa “ricerca” raccolta dallo scienziato assunto per fare da guida o studiare i dinosauri presenti nel parco; l’altro si paga con i “cuori”, ossia punti raccolti al termine di ogni giornata (proporzionalmente alla felicità degli animali) con cui migliorare la relazione diretta con la fauna ospitata nel parco (alimentazione, cure, set piece…). Le prime fasi sono lente ma avvincenti: con le risorse a disposizione si può acquistare solo un uovo, sempre che lo scenario non presenti già tanti dinosauri magari rinchiusi in piccole “gabbie” e che andranno salvati. La Dinopedia integrata ed essenziale spiega chiaramente quanto dev’essere grande lo spazio riservato al singolo esemplare, cosa mangia, quali sono i suoi bisogni primari. Una volta costruita la prima area il parco sarà già invaso da visitatori paganti a cui si dovrà dare da mangiare, offrire una toilette pulita, servizi informativi, luci, panchine o gazebi per fargli godere l’esperienza anche di notte o farli sedere per riposare.

Mi avete seguito fino a qui? No perché mentre scrivo mi rendo conto di quanto sia complicato descrivere le tante cose che si possono fare quando apprenderle è stato semplice come bere un bicchier d’acqua. Credo che questo sia un vero selling point di Parkasaurus: Washbear Studio – studio canadese composto da due veterani del settore che hanno lavorato anche su Guacamelee! – ha saputo realizzare un’interfaccia intuitiva con poche istruzioni testuali, complice anche un insieme di icone facilmente riconducibili alle variabili di ciascun elemento. Voglio fare un esempio: la mia triceratopa appena nata si è ammalata quasi subito. Vengo avvisato da uno dei veterinari del parco. Controllo le sue statistiche e mi sembra che siano in equilibrio. Il veterinario analizza le feci: sono blu. Confronto quindi l’infografica di riferimento che suddivide per specie e per colore delle feci le malattie possibili, ciascuna di queste assoggettabile a uno dei sei parametri costituenti la “salute” generale dell’animale.

l’interfaccia è intuitiva con poche istruzioni testuali

Per il triceratopo il “blu” indica un problema di privacy (tra gli elementi più importanti da tenere sottocchio) ma la visuale strategica che misura umidità del terreno e rapporto tra aree esposte e aree riservate è bilanciata. Lola, però, continua a stare male e mi metto a guardarla mentre si muove: pochi secondi sono sufficienti a capire. Il suo recinto è orizzontale ed esposto su tre lati; quello protetto è molto stretto e non contiene zone di erba alta utili a farla dormire. Inoltre la sua mangiatoia è al centro di una zona esposta su tre lati e la sua privacy non viene in alcun modo rispettata. Sposto la mangiatoia, metto qualche riparo sul lato inaccessibile ai visitatori (ciascuno con desideri e bisogni tipo i Sim della Maxis) e boom: Lola inizia a guarire. Nel mentre di tutto questo avrei anche potuto trattarla con dei farmaci apposta ma avrei solo curato un sintomo senza risolvere il problema. Tutto questo è avvenuto senza spiegazioni testuali e la comprensione della meccanica mi è stata possibile grazie alla semplice correlazione tra colori, statistiche, icone e l’osservazione diretta dell’ospite: non male davvero! Ovviamente i dinosauri possono anche distruggere le recinzioni, irrompere tra la folla tipo il T-Rex di Steven Spielberg e richiedere una sedazione immediata prima di essere messi al sicuro, ma anche questo fa parte del divertimento.

Ho accennato prima ai due alberi delle tecnologie e voglio farvi riflettere su quanto scrivevo in questo speciale sui city-builder a proposito dei DLC. Parkasaurus, diversamente da quanto proposto da un Planet Coaster a caso, esplicita già chiaramente quanti contenuti siano già presenti nella versione vanilla e che per sbloccarli, realizzando quindi uno degli splendidi parchi che si possono ammirare nel trailer caricato a inizio recensione, non servono altri quattrini ma solo il tempo di giocare abbastanza. Sembra assurdo, tornando indietro nel tempo, che un videogioco esca scevro di opzioni perché destinate a successivi “pacchetti” da acquistare separatamente, ma oggidì il mercato è cambiato e abbiamo perle strategiche – tipo Crusader Kings II o Cities: Skylines – che annoverano trenta/quaranta contenuti aggiuntivi non compresi nel prezzo. Washbear Studio, al contrario, pubblica un prodotto in larga parte “finito”, chiedendoci solo di giocare per sbloccare nuovi scenari ed elementi accumulando risorse sul campo. Ai miei occhi questo è un secondo selling point clamoroso, che traccia un solco profondo tra l’acquisto al day one e quel “aspetto che esca in saldo la complete edition” di cui i forum di videogiochi sono ormai satolli.

la versione vanilla di Parkasaurus è davvero completa e rifinita

Il terzo elemento che va a giustificare il mio “comprate Parkasaurus adesso” è la sua direzione artistica: fluido come un bagnoschiuma, bello come un diorama che cambia colore al passaggio delle stagioni, animato con stile da vendere, il lavoro di Washbear Studio riesce a stupire fin da subito. Forse si sarebbe potuto fare qualcosa di più sulla squadratura delle pozze d’acqua e sulla compenetrazione dei poligoni (a mio giudizio unici nei estetici), ma lo studio è pur sempre composto da soli due sviluppatori e se vogliamo guardare l’insieme per quello che è ci troviamo difronte a un miracolo del game design (ok, forse è un po’ eccessivo ma m’è uscita così). Tra le tante scelte cromatiche, con elementi saturi in puro stile low poly, quella di caratterizzare i dinosauri con colori caldi come il magenta o il viola mi è ancora incomprensibile, resta il fatto che – per quanto bizzarri – sono coerenti col quadro tratteggiato dagli sviluppatori.

INFO UTILI

Ho ricevuto un codice direttamente da Chris McQuinn e l'ho giocato sul mio Ryzen 5 1600, forte di una GeForce GTX 1660 Ti che lo faceva girare in FHD sul mio 32 pollici senza alcuna esitazione.

Durata
  • Come per ogni tycoon che si rispetti non esiste una "durata" oggettiva: potrebbe anche essere infinita.
Struttura
  • Parkasaurus è un gestionale a tema con i dinosauri e un sistema di alberi delle tecnologie per sbloccare nuovi elementi dello scenario e perk grazie alla raccolta di risorse.
Scheda Gioco
  • Nome gioco: Parkasaurus
  • Data d uscita: 13 Agosto 2020
  • Piattaforme: PC
  • Lingua doppiaggio: assente
  • Lingua testi: inglese

Tirando le somme, Parkasaurus è il Theme Park che stavo aspettando da anni (e non solo perché la cattiva abitudine di avere visitatori che buttano la pattumiera sul marciapiede è di casa anche qui). Non ho mai sopportato il concetto di free-building implementato da Frontier, che in questo genere la fa da padrone, quindi ritrovarmi con una mappa geometrica in cui collocare ogni elemento dello scenario è già una goduria che metà basta. A questo si aggiungono delle meccaniche di azione/reazione immediate, uno sviluppo piuttosto veloce del parco e un sistema di acquisto di nuovi ospiti animali che richiede l’utilizzo di tutte le risorse accumulabili (denaro, punti ricerca, punti cuore, pietre e fossili da trovare con un minigioco tipo Tetris). Al netto di quanto già scritto, al primo avvio mi son detto: stasera mi gioco almeno il tutorial. Erano le 23 circa. A un certo punto c’è stato un forte temporale, con tuoni, fulmini e vento forte, quindi son salito per verificare che non mi entrasse l’acqua dalla porta d’ingresso. Prima di tornare in taverna ho guardato l’orologio: erano le 02:23. Son seguite bestemmie, mal di schiena e “non ho più l’età”, però quanta soddisfazione! Non per ripetermi eh, ma.. comprate Parkasaurus (qui).


La recensione di Parkasaurus contribuisce a sostenere la ricerca scientifica sulla sindrome di Rett. Trovate i dettagli dell’iniziativa a questo link.

Roberto Turrini

Per 10 anni sulle pagine di The Games Machine ha sognato una vita a tre con Lara T'Sioni ed Elena Fisher; poi ha scoperto che non sapevano cucinare e si è dato all'autoerotismo.

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