Recensione

Predator Hunting Grounds: si salvi chi può…

Se state per leggere quanto scritto di seguito, vi chiedo di fare prima un piccolo sforzo. Sgombrate la mente e date libero sfogo alla vostra fantasia, chiudete gli occhi e seguitemi in un lungo viaggio nel passato: tornate a ieri, all’anno scorso e indietro ancora di almeno un decennio.

Fatevi cullare dalle pieghe dello spazio-tempo e, quando siete pronti, schiudete finalmente le palpebre. Davanti a voi, Predator: Hunting Grounds

“Lasciami indovinare… tu devi essere bello dentro!”

Non mento: il primo impatto con il gioco è stato straniante, straziante. Incapace di credere ai miei occhi, più volte ho sospettato di aver avviato un titolo della scorsa generazione. Anzi di più, la versione alpha di un titolo della scorsa generazione. Visivamente, Predator Hunting Grounds è brutto da togliere il fiato. Roba da sindrome di Stendhal, ma al contrario. 

Visivamente, Predator Hunting Grounds è brutto da togliere il fiato

Onde evitare fraintendimenti, chiariamo subito una cosa. Mai, dico mai, avrei voluto dedicare il primo paragrafo di una recensione al comparto tecnico della produzione. Un elemento, questo, lungi dall’essere una priorità in sede di valutazione. Ma stavolta il caso è talmente eccezionale da imporre uno strappo alla regola. E attenzione, perché non si tratta di uno sterile dibattito del tipo “è bello, non è bello”. Fosse così potremmo anche soprassedere, ma non è questo il caso e non possiamo passare oltre. Non possiamo perché i problemi grafici (e non solo) di Predator pregiudicano l’esperienza nel suo complesso e, almeno su PlayStation 4 Standard, il titolo si muove in bilico sul filo dell’ingiocabilità.

L’oscena quantità di aliasing, il texture pop-in su ogni singolo oggetto in scena (manco nei menu compaiono in tempo!) e l’impasto cromatico bastano a provocare il mal di mare e a rendere ingiustamente difficoltosa l’identificazione dei bersagli nello spazio. A questo grazioso quadretto si aggiunge poi un frame rate granitico, inamovibile da sotto i trenta fotogrammi al secondo, che nelle scene più concitate si assesta orgogliosamente attorno ai 15-20 fps, rendendo impossibile, di fatto, anche solo prendere la mira. Con buona pace del cross-play.

Su PlayStation 4 Standard la situazione è drammatica, con aliasing in ogni dove e cali a 15-20 frame

A onor di completezza segnaliamo anche modelli poligonali ed esplosioni (in)capaci di rivaleggiare con gli albori di inizio generazione scorsa. E ancora, animazioni, quando presenti, ai limiti dell’abominio, fisica pressoché inesistente e feeling delle armi preistorico. Ma andiamo avanti…

Demenza artificiale

Predator Hunting Grounds si configura come un multiplayer asimmetrico 4 vs 1, sulla falsa riga di prodotti come Evolve, Dead by Daylight o il più recente Resident Evil Resistance. Nella fattispecie, un quartetto di soldati, il Fireteam, deve vedersela con il Predator, un letale cacciatore alieno, protagonista dell’omonimo film del 1987. 

Bisogna ammettere che, proprio nell’impostazione di gioco, il titolo svela le sue carte migliori. Alla formula di partenza, infatti, Illfonic ha apportato originali e significative modifiche che dovrebbero elevare la produzione oltre la mediocrità della concorrenza, almeno sulla carta. Un valido esempio è la varietà di obiettivi da portare a termine per il Fireteam. Per raggiungere la vittoria, infatti, gli umani non sono obbligati a eliminare lo Yautja, ma devono svolgere altri incarichi per contrastare dei pericolosi narcotrafficanti, prima di fuggire a bordo di un elicottero. 

Le missioni variano di partita in partita e senza dubbio questa componente PvE rappresenterebbe l’aggiunta più interessante all’offerta. Il condizionale è però d’obbligo, dal momento che tali sequenze sono funestate da problemi macroscopici. Gli obiettivi si assomigliano troppo (vai da A a B, trova l’oggetto X, uccidi i nemici), rendendo noiosa l’esperienza, e gli NPC sono spesso affetti da gravi forme di demenza. Non di rado vi capiterà di passeggiare accanto ai nemici senza che questi abbiano la benché minima reazione, almeno fino a quando non donerete loro qualche razione XL di piombo. L’aggiornamento 1.05 doveva risolvere proprio i problemi dell’intelligenza artificiale, ammesso si possa definire tale, ma nulla è cambiato. Il risultato, purtroppo, è il totale annichilimento di quello che poteva essere un valido espediente per dare varietà alle partite e aumentare la tensione degli scontri. Ben diverso sarebbe stato dover badare agli avversari umani, braccati al contempo dal Predator, ma questi, ahimè, non rappresentano mai una reale minaccia. 

Ottima sulla carta, la componente PvE è pessima nella pratica

Anche al netto di questi vistosi inciampi, il ritmo della caccia funziona lo stesso, configurandosi come l’aspetto meglio riuscito di tutto il gioco. L’ansia di trovarsi faccia a faccia con l’alieno è palpabile, nonostante il considerevole sbilanciamento in favore dei soldati, e la sensazione generale è quella di trovarsi in pericolo, sempre, come dei topi in trappola. Tutto bene, tutto bello (si fa per dire), anche se il sospetto che tutto questo sia merito più del materiale originale che di intuizioni di game design, non ci ha mai abbandonato. 

L’apice della catena alimentare… forse

Se giunti a questo punto state legittimamente iniziando a sperare che il peggio sia passato, fermi! Ricredetevi. Non è così. In barba al paradosso infatti, il Predator rappresenta il punto più basso toccato dal gioco in termini di qualità del gameplay. Non sorprendetevi dunque se, dopo la brama iniziale di vestire i panni dell’alieno, ripiegherete mesti sul Fireteam. So bene che la logica imporrebbe il contrario e già vi vedo leggere increduli queste affermazioni. In fondo, tra blaster da spalla, invisibilità, arsenale esagerato e corsa sugli alberi cosa potrebbe mai andare storto? Bè, più o meno tutto. 

Contro qualsiasi aspettativa, il gameplay del Predator è forse la parte peggiore della produzione

Il sistema di movimento del Predator è un concentrato disarmante di imprecisioni. A troneggiare sulla lista dei problemi troviamo il salto eseguibile col dorsale. In pratica, tenendo premuto R1, si attiva un puntatore a parabola che ci permette di decidere dove atterrare. Tralasciando il fatto che la fisica di questa movenza specifica non è stata implementata (si rilascia il tasto e il Predator “vola” senza animazioni di sorta), la mossa spesso non si attiva e, soprattutto, non si lega ad altre animazioni, castrando molti possibili spunti in termini di azione. 

Mi spiego meglio. Una delle abilità principali dell’alieno è il cosiddetto “Predkour”, simpatico gioco di parole tra Predator e parkour (ah ah…). Il cacciatore può infatti arrampicarsi sugli alberi e correre sui rami sfruttando la vegetazione per nascondersi e attaccare a sorpresa. Questo almeno in teoria, perché in pratica il personaggio spesso si incastra tra i rami, non salta correttamente tra uno e l’altro, cade quando non dovrebbe e non scende quando invece dovrebbe, complice l’assenza della specifica animazione (di nuovo, si “vola” verso il terreno). 

I limiti tecnici inficiano pesantemente qualsiasi aspetto del gioco

Ora, pur chiudendo un occhio su quelli che potrebbero essere dei bug risolvibili, ciò che difficilmente cambierà è il problema che citavo della mancata possibilità di concatenare delle azioni. Giusto per farvi un esempio, non è possibile saltare con R1 verso un tronco e arrampicarsi o saltare da terra su un ramo. No, perché l’unico modo per salire su un albero è premere X a terra nelle sue vicinanze e sperare che l’animazione parta, cosa niente affatto scontata. Inutile evidenziare come questa non sia una precisa scelta di gameplay, quanto piuttosto un limite a livello di implementazione tecnica. Tra l’altro, è impossibile arrampicarsi su qualsiasi sporgenza, sia con il Predator che con i soldati. Imbarazzante. 

Davide contro Golia

A dare il colpo di grazia alla già precaria situazione, interviene un bilanciamento ben lontano dall’aver trovato la quadra del cerchio. Dopo poche partite diventa tristemente chiaro che avere la meglio su un team ben coordinato è praticamente impossibile. Parte della colpa è da imputarsi alle mere statistiche numeriche di danno inferto e subito, ma su questo fronte gli sviluppatori sono già al lavoro e una patch calibrativa è pronta al download proprio mentre vi scriviamo. E’ vero anche che la situazione migliora una volta sbloccato l’equipaggiamento di alto livello, ma per molti di voi potrebbe arrivare troppo tardi. 

Il bilanciamento dell’esperienza è ancora lungi dal trovare la quadra del cerchio

Altre problematiche sono invece più strutturali. Di nuovo, la legnosità delle animazioni rende innaturalmente difficile approcciare gli scontri all’arma bianca, la farraginosa discesa dagli alberi compromette l’effetto sorpresa, l’impossibilità di equipaggiare l’arma corpo a corpo già sui rami fa perdere preziosi secondi di ingaggio e avanti così. 

A un livello ancora più macroscopico, emergono infine delle cattive scelte di game design che compromettono l’esperienza del Predator. Ci riferiamo in particolare alla struttura delle missioni che fa sì che il Fireteam si muova sempre compatto verso gli obiettivi. Allo Yautja non resta quindi che ingaggiare dalla distanza, con tutte le problematiche del caso (sistema di fuoco impreciso, basso frame rate, etc…) o caricare a testa bassa in mezzo ai quattro soldati, rischiando di essere ridotto a un colabrodo in un attimo. Molto più interessante e adrenalinico sarebbe stato avere dei frangenti in cui alla squadra è richiesto di separarsi, così da incrementare le possibilità di vittoria per il Predator. 

Poco ma buono?

Anche sul fronte dei contenuti, Predator Hunting Grounds non eccelle di certo, per usare un eufemismo. Il gioco presenta infatti lo sconfortante numero di tre, sottolineo tre, mappe, tutte ambientate nella giungla e tutte molto simili tra loro. Eppure gli spunti dal materiale originale di certo non mancavano, tra scenari urbani, basi xenomorfe e simili. Anche una semplice variante notturna dove poter giocare con le fiamme e il visore termico sarebbe stata interessante, proprio come avviene nel primo film. Ma anche in questo caso prendiamo atto che, forse, era chiedere troppo. 

A livello di design, alcune scelte sono totalmente scriteriate

Tra l’altro in merito all’iconico visore termico non posso non aprire una parentesi. L’implementazione di quest’ultimo era sacrosanta, ovviamente, e funzionerebbe anche più o meno a dovere, permettendo di identificare le fonti di calore grazie al classico contrasto rosso/blu. Fare una cosa giusta per intero, però, pare non fosse nei piani degli sviluppatori e quindi largo al genio creativo. Cos’altro colorare di rosso quando il visore termico è attivo? Ma certo, i rami! Avete capito bene: i rami su cui si può fare predkour sono evidenziati di rosso. Ora, mi spiegate quale diamine sarebbe la ratio dietro a una scelta del genere? I rami non sono caldi e il rosso come fonte di calore non è giustificato. Se, come credo, il motivo è invece da ricercarsi nel voler aiutare l’utente a identificare il percorso, mi chiedo: non c’era forse un colore più sensato da utilizzare? Magari non proprio il rosso che maschera le prede, che dite? Aiutatemi, datemi voi una risposta perché davvero, questa cosa mi fa uscire di testa. 

A livello di progressione il gioco rialza leggermente il capo e si presenta, quasi, inattaccabile. La gestione dell’equipaggiamento e delle abilità ricorda da vicino un qualsiasi Call of Duty e funziona. Meno valide le classi, che differenziano i personaggi per quantità di salute, velocità e peso trasportabile. Spesso i malus superano i bonus e la scelta ricade forzatamente su una, massimo due scelte. Lo sblocco dell’arsenale scorre veloce, scelta che approviamo, ciò nonostante le opzioni utili del Predator sono relegate troppo in fondo alla lista. E’ legittimo che progredendo si diventi un po’ più forti, ma lo sbloccare una determinata classe o arma non dovrebbe essere l’unico discriminante tra la vittoria e la sconfitta. 

Fedele e innamorato

Un detto dice che non importa come parti, l’importante è finire in bellezza. Proprio per questo ho deciso di fare un regalo a Illfonic e riservare il meglio per la conclusione. Perché sì, un plauso sincero va fatto per l’incredibile fedeltà verso il film capostipite della saga, l’iconico Predator del 1987 con il testosteronico Schwarzenegger e il machissimo Weathers, aka Apollo Creed. 

L’amore nei confronti del materiale originale è palpabile e la traduzione in gameplay di alcuni dettagli del film merita una nota di merito

Dallo sbarco dei soldati, alle musiche di Alan Silvestri, passando per le mimetiche facciali, tutto è studiato per riportare i giocatori in quella terribile giungla del centro America. Sorprende in positivo anche la traduzione in termini di gameplay di alcuni elementi visti nel film. Proprio come Dutch, ad esempio, è possibile sporcarsi di fango per diventare invisibili allo scanner termico. L’acqua fa sfrigolare di energia elettrica l’invisibilità dello Yautja e il minigioco legato all’autodistruzione, con gli stessi identici glifi che si intravedono nel finale del film, è una trovata fantastica. 

Allo stesso tempo, la fedeltà al materiale originale fornisce un pretesto per innervosirsi ancora di più nei confronti del gioco. La varietà che in quest’ultimo manca sarebbe potuta essere colmata attingendo di più dai vari film della saga. Per le ambientazioni in primis, ma anche per elementi di gameplay, come le trappole da parte degli umani o le eliminazioni dall’alto per il Predator. Un vero peccato. 

INFO UTILI

Abbiamo giocato a Predator Hunting Grounds su PlayStation 4 Standard grazie a tre codici forniti da Sony Italia.

Durata
  • Circa 30 ore per raggiungere il livello massimo. Tutte quelle che farete in più (o in meno) dipende da voi.
Struttura
  • 1 modalità, 3 mappe: fine.
Collezionabili e Extra
  • Centinaia di oggetti cosmetici assolutamente trascurabili.
  • Qualche registrazione da raccogliere sul campo e ascoltare negli extra (buggate).
Scheda Gioco
  • Nome gioco: Predator: Hunting Grounds
  • Data d uscita: 24 Aprile 2020
  • Piattaforme: PC, PlayStation 4
  • Lingua doppiaggio: Italiano
  • Lingua testi: Italiano

La maledizione del multiplayer asimmetrico

Predator Hunting Grounds è l’esempio perfetto di una licenza dal grande potenziale totalmente sprecata. I problemi sono tanti, troppi, impossibili da sorvolare. La mancanza di contenuti, il comparto tecnico impresentabile e le varie altre magagne descritte compromettono irrimediabilmente anche le felici intuizioni che avrebbero potuto imporre il gioco come nuovo metro di paragone per il genere. 

La pochezza di contenuti e il comparto tecnico pregiudicano anche i guizzi in termini di gameplay: bocciato

Detto questo, gli appassionati irriducibili che ancora sognano il gigantesco bicipite di Arnold prendere a schiaffi lo Yautja, così come gli affezionati dei quattro contro uno, potrebbero trovare in Predator qualche ora di divertimento. Perché alla fine il nocciolo della questione è anche questo. Il gioco diverte? Su due piedi direi che no, da soli è solo frustrante e ripetitivo, ma anche si, se giocato in compagnia. E’ pur vero però che con la giusta compagnia anche una partita a bocce può trasformarsi nell’esperienza più entusiasmante della vita. 

Allo stato attuale, in definitiva, mi sento di dire che Predator offre troppo poco, sia in termini quantitativi che qualitativi, per il prezzo che costa. Se tuttavia il supporto post lancio si dimostrerà essere all’altezza, capace di risolvere i problemi e ampliare l’offerta, allora chissà, un domani potrebbe valerne anche la pena. Nel frattempo, risolvere il dilemma spetta solo e soltanto a voi: bocce o Predator? 

 

Giacomo Bornino

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  • Non posso dire molto, ho provato soltanto la BETA e sono rimasto letteralmente inorridito. Non c'è stato un singolo elemento del gioco che mi ha convinto. Ed è un vero peccato perchè da fan del Predator, se fosse stato un gioco almeno buono l'avrei acquistato ad occhi chiusi.

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