Dopo aver dominato per anni la scena delle simulazioni calcistiche con la serie Pro Evolution Soccer, negli ultimi Konami si è trovata a dover inseguire l’antagonista di sempre, FIFA, che con le ultime due generazioni di console, almeno stando ai risultati di vendita e ai giudizi del pubblico, è riuscita a superare l’avversario creando un gioco migliore sotto diversi punti di vista. Fra tentativi di svolte arcade e repentini cambi di rotta, la software house giapponese ha cercato di controbattere partorendo una serie di giochi non sempre all’altezza della sua fama, fino a quando negli ultimi anni non ha imboccato la strada giusta per riprendere un filo interrotto da molto tempo.
Da questo punto di vista Pro Evolution Soccer 19 può significare un ulteriore passo in avanti della serie verso il ritorno alle origini: non offre stravolgimenti di sorta, non è ancora a livello di FIFA, ma è migliore di PES 2018 e sembra aver intrapreso il giusto percorso a livello di giocabilità, al netto di qualche difetto, come avrete modo di leggere nelle prossime righe.
Cominciamo subito col dire che il gioco ha perso la licenza per la UEFA Champions League e per l’Europa League, ma ha acquisito quelle per i tornei di Colombia, Cile, Turchia, Russia, Argentina, Danimarca, Portogallo, Svizzera, Scozia e Belgio, che si aggiungono a quelli già presenti come il brasiliano, l’argentino e il francese. Per le altre, invece, restano le singole licenze dei club, come nel caso della nostra Serie A, tranne la Juventus, o di alcune nazionali. Per i possessori di PlayStation 4 segnaliamo l’ottimo file opzioni creato dai ragazzi di PESFan.it, che aggiunge gratuitamente al gioco maglie, stemmi, formazioni ufficiali, squadre mancanti e molto altro.
Tutte queste squadre possono poi essere utilizzate come da tradizione nelle diverse modalità di gioco disponibili, che spaziano dalle classiche amichevoli in tutte le salse, ai tornei ufficiali e personalizzabili, fino a Diventa un Mito e alle più amate dai fan, ovverosia la Master League e il myClub. In generale non si registrano cambiamenti epocali in nessuna di queste modalità, ma qualche ritocco: la Master League, per esempio, oltre ai nuovi campionati, alla International Champions Cup e a un news feed nel menu principale che mostra i video più importanti della stagione, non offre niente altro.
Qualche aggiunta in più per la gestione del club, con i miglioramenti alle fasi di trattativa, l’aggiunta delle clausole zero gol subiti e solidarietà, e un maggior peso attribuito al carattere di un giocatore all’interno dell’economia di una squadra.
Più numerose le novità presenti nella modalità online myClub, che oltre alle tradizionali co-op, alle Divisioni e alle partite veloci, propone adesso delle gare settimanali all’interno della PES League dove competere contro altri utenti e provare a vincere degli appositi premi, ottenendo in certi casi perfino titoli speciali in base al Merito, ed eventi a tempo limitato per avere dei bonus speciali disponibili nella pagina Sfide di Oggi.
Tornano le Leggende, campioni del passato del calibro di Maradona, Del Piero, Cruijff, Ronaldinho, Gullit e Beckham, al quale è dedicata anche una delle edizioni speciali del gioco.
Dal punto di vista gestionale, myClub semplifica poi alcune sue funzioni, in particolare per l’ingaggio e il potenziamento di nuovi calciatori. Di fatto viene ampliato il limite massimo di slot giocatore e si possono perfino acquisire le prestazioni di atleti duplicati. Ma non è tutto: a ciascun calciatore presente nella sua rosa, l’utente può assegnare un preparatore di abilità o di posizione così da fargli apprendere rispettivamente una tecnica che non conosce o un ruolo nuovo. Dulcis in fundo le liste degli allenatori si aggiorneranno più spesso, così da avere maggiori possibilità di trovare il tecnico più adatto alle proprie esigenze tecnico-tattiche.
Passando alla giocabilità, per rendere più credibile la sua simulazione calcistica Konami quest’anno ha deciso di focalizzare le sue attenzioni su tre aspetti in particolare: l’impatto iniziale tra giocatore e pallone, il ritmo più ragionato dove un ruolo primario lo esercita il possesso palla, e un sistema di gestione della stanchezza che influisce pesantemente sulle prestazioni in campo degli atleti e sulla gestione tattica della squadra.
Nel primo caso, il gioco tiene maggiormente conto della velocità e della direzione della sfera durante il contatto, contestualmente alla posizione del giocatore e alla porzione di corpo coinvolto nell’impatto con la stessa. La possibilità di poter interagire con la palla con tutto il fisico, caratteristica introdotta lo scorso anno ma che qui è stata migliorata ulteriormente, aggiunge di fatto quella componente di casualità che c’è nel calcio reale, e che fa in modo che la palla possa letteralmente schizzare in aria o finire di rimpallo tra i piedi di un avversario se non si soddisfano determinati parametri.
Per le stesse ragioni sfuggire a una marcatura non è sempre facile: se da un lato abbiamo dribbling più fluidi e naturali da eseguire, dall’altro i difensori non lesinano sforzi per affondare un contrasto, almeno dal livello Campione in su. Questi vengono calcolati sulla base di diversi fattori, compresa la direzione di provenienza, l’intensità e la condizione fisica dei calciatori. Quest’ultima dovrebbe influire sulle azioni di ogni atleta: oltre una certa soglia di stanchezza, infatti, determinate abilità non sono eseguibili o lo sono comunque a fatica, con risultati spesso negativi.
Purtroppo, e per questo ho usato il condizionale, non è propriamente così, nel senso che questa caratteristica non è così evidente, “presente” come mi aspettavo. Mi è capitato in effetti di vedere un atleta stanco faticare a contrastare un avversario o sbagliare un passaggio facile, così come farsi male e stramazzare al suolo per uno strappo perché non l’ho cambiato in tempo. Però si è trattato di episodi.
Ad ogni modo, partita dopo partita ci si accorge di come la giocabilità tragga comunque dei grossi benefici dalle nuove caratteristiche, e non vi è più traccia dei veloci e continui scambi di tacco, coscia e suola della passata stagione. La sensazione che si ha è quella di avere un controllo maggiore su quanto avviene sul manto erboso, anche a livello di comandi, a patto di utilizzare in buona parte i settaggi manuali.
A mio parere è il modo migliore per godersi il gioco, visto che con quelli assistiti diventa altrimenti un po’ più prevedibile e semplificato.
Riguardo invece il collettivo, buona l’applicazione degli schemi da parte dei compagni di squadra, con una serie di movimenti senza palla che non servono solo a dettare l’assist, ma anche a creare spazi, così da offrire un ventaglio di opzioni maggiori al portatore della palla, magari aprendo le difese in due con micidiali diagonali. Ciò è reso possibile dal nuovo sistema che introduce un’analisi costante degli spazi disponibili, aumentando l’attività senza palla dei calciatori virtuali e cambiando il modo in cui questi si muovono, scelgono e reagiscono.
Ma la cosa non funziona sempre e a volte la manovra offensiva delle squadre guidate dalla CPU sembra dipanarsi bene solo fino alla trequarti. In questi casi noi siamo stati fortunati, perché durante i nostri test a livello di difficoltà Campione o Superstar, otto volte su dieci sono arrivate a una finalizzazione logica, fatta magari di un cross alto al centro, o di un tiro dal limite se i difensori lo hanno consentito. Ma sappiamo di parecchi utenti che lamentano situazioni strane, con magari forzati tentativi di entrare in area di rigore con improbabili uno-due, cross bassi o attaccanti che a due passi dal portiere hanno preferito passare a un compagno indietro. Situazioni che invece a me sono capitate due volte su dieci.
Ad ogni modo, se è vero che in Pro Evolution Soccer 2019 l’organizzazione tattica e il collettivo sono elementi fondamentali, è anche vero che i campioni possono comunque tirare fuori dal cilindro la classica giocata che risolve il match. La loro incidenza sul match è minore rispetto al passato, faranno meno i “fenomeni”, ma quando capita l’occasione giusta un Cristiano Ronaldo o un Messi non perdonano.
Anche i portieri a dire il vero. In PES 19 gli estremi difensori sono globalmente più guardinghi e reattivi, ma mostrano ancora qualche incertezza di troppo sulle uscite basse, oltre alla solita lenta ricaduta dopo un tuffo con presa. Stesso discorso vale per gli arbitri, sicuramente migliorati rispetto allo scorso anno: a volte attenti, precisi negli interventi e nel comminare sanzioni disciplinari, specie ora che “vedono” meglio i falli. Altre un po’ distratti e avari di cartellini. Questa casualità, questa alternanza di momenti tra un’intelligenza artificiale che fa cose normali, e altri in cui sembra non ragionare, minano un po’ il giudizio finale su un titolo altrimenti quasi perfetto in termini di giocabilità.
Ad accompagnare le partite c’è una regia simile a quella di una vera produzione televisiva. L’ingresso in campo delle squadre, l’esultanza dei calciatori dopo un gol o la disperazione dell’attaccante dopo una marcatura fallita, il sistema di replay, tutto è pensato per riprodurre al meglio l’atmosfera dell’evento gara. Dal punto di vista grafico gli accordi stipulati singolarmente con club come Schalke 04, Arsenal, Barcellona, Inter, Liverpool e Milan, giusto per citarne alcuni, hanno consentito a Konami di eseguire scansioni facciali 3D dei giocatori di queste squadre, ottenendo così delle fattezze virtuali quanto più possibili vicine a quelle reali. Allo stesso modo, le licenze ufficiali permettono di avere in gioco delle maglie molto dettagliate e curate fin nei minimi dettagli anche dei team dei campionati che abbiamo citato all’inizio.
Pro Evolution Soccer 2019 propone una grafica in risoluzione 4K HDR sulle piattaforme che la supportano.
A rendere più piacevole il tutto si aggiunge il nuovo sistema di gestione dell’illuminazione affidato al motore Enlighten, il quale conferisce ai calciatori, alle loro divise e in generale a ogni elemento visibile sul campo delle tonalità più naturali e credibili anche attraverso un gioco di luci e ombre ben elaborato. Il tutto a sessanta fotogrammi al secondo senza problemi di sorta, almeno su PlayStation 4, la nostra console di prova. A completare il quadro abbiamo un comparto sonoro di discreta fattura, con una colonna sonora che vede all’opera artisti del calibro di The Killers, AWOLNATION e The Amazons, effetti da stadio nell’insieme buoni, con i tifosi che si esibiscono in coinvolgenti coreografie visive e sonore, e la telecronaca di Fabio Caressa e Luca Marchegiani.
Questi ultimi mi sono piaciuti a metà: da un lato ho apprezzato un ritmo di commento decisamene dinamico rispetto allo scorso anno, complice un sensibile aumento delle linee di dialogo e più velocità nell’interpretazione degli eventi. Dall’altro non mi sono piaciute alcune frasi introduttive, di una banalità disarmante, e in certi casi la tonalità a volte compassata dinanzi ad azioni invece pericolose che richiedevano ben altra enfasi.
Ho giocato a Pro Evolution Soccer 2019 su PlayStation 4 a livello di difficoltà Campione e Superstar con applicata la patch del Day One. Il titolo è disponibile in edizione Standard, Legend e David Beckham, con prezzi e bonus differenti.
DurataCi sono voluti parecchi anni ma alla fine pare proprio che Konami sia riuscita nel suo intento di avvicinarsi, a livello di giocabilità, alla concorrenza. Dopo stagioni piene di delusioni, la serie PES torna ad alzare la testa e lo fa puntando tutto su un gameplay in cui vengono esaltati il sistema manuale dei passaggi e dei tiri, la fisicità dei giocatori e un ritmo bilanciato che restituiscono in parte al pubblico di appassionati un titolo calcistico più ragionato e meno arcade. Permangono purtroppo alcuni difetti, soprattutto a livello di intelligenza artificiale, e FIFA gli è ancora almeno una spanna sopra, ma quando tutto funziona a dovere, soprattutto a livello di difficoltà avanzato, è un piacere giocarvi. Per questo speriamo in un veloce aggiornamento da Konami che risolva l’intelligenza artificiale altalenante, stabilizzandola.
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