Recensione

The Legend of Zelda: Link’s Awakening

Diciamolo, la mia generazione ha una spiccata (ed oramai abusata) propensione a parlare e vivere di nostalgia. Forse tutte le generazioni hanno questa tendenza, dopotutto. Solo che questa generazione è ora nel suo personale picco massimo di nostagicità. Si cerca continuamente un collegamento col passato, ci vengono riproposte mode della nostra epoca adolescenziale e tantissimi prodotti trovano nuova vita e nuova forma. Sicuri di far breccia nel mercato dei trenta/quarantenni e avere successo facile, questi prodotti si susseguono, scindendo nettamente due correnti di pensiero: quelli che “che si inventassero qualcosa di nuovo!” e quelli che “quanto vorrei una nuova stagione di McGyver con Richard Dean Anderson!

Inconsciamente, Link’s Awakening non porta solo alla mente lo strambo capitolo della saga apparso su GameBoy nel ’93. No, porta noi stessi nel ’93. Rendendo vacua la scissione di pensiero e portando la nostalgia videoludica su ben altri livelli.
Giocare con questo Zelda non fa necessariamente pensare alla sua versione originale (fortuna che capita solo a quelli che lo hanno realmente giocato), bensì apre un varco temporale. Che si abbia giocato o meno con il GameBoy, questo portale dimensionale, alimentato dall’estetica del gioco, catapulta chiunque nella propria cameretta del passato, facendoci ricordare quanto fosse bello poter passare i pomeriggi tra pupazzetti, mostriciattoli e qualche omino Lego.

Indossa un berrettino decisamente fantastico!

Il mondo di Link’s Awakening è dolce, colorato e incredibilmente giocattoloso. I colori e la resa dei materiali, fanno si che sembri quasi di avere tra le mani un diorama o un play set. Vi ricordate i giocattoli di Mighty Max? Quei play set dalla mostracea forma che si aprivano e celavano al loro interno un’intera isola, un dungeon, un palazzo e via dicendo. Il nostro eroe giocattolo era alto poco più di mezzo centimetro, perfettamente in scala con in nemici e il set di gioco.
Ecco, The legend of Zelda: Link’s Awakening per Nintendo Switch è un po’ il Mighty Max dei nostri giorni. Una sequela di play set che vanno dalla prateria, al deserto e dal mare alla montagna, passando per una moltitudine di caverne, dungeon, segrete e castelli.

Rimanendo sul nostro bel tappetone, l’obbiettivo è quello di raggiungere il limite nord del nostro mondo di gioco per svegliare il Pesce Vento, rintanato e dormiente all’interno di un gigantesco uovo.
Per adempiere al nostro sfortunato destino (si tratta pur sempre di un naufragio!), ci viene chiesto di raccogliere gli otto strumenti sacri, indispensabili per risvegliare il Pesce Vento dormiente e poter quindi abbandonare l’isola.
Proprio come in un qualsiasi gioco da tappetone, la coerenza tra i personaggi va un po’ alle ortiche, ed ecco quindi che tra Link e i suoi nemici classici spuntano fuori Pesci Smack, Goomba, Uova di Yoshiana ispirazione e chi più ne ha, più ne metta.
Queste variazioni sui personaggi (ri)conferiscono ad Awakening la sua fama di episodio più strambo della serie, non tradendo però in quanto narrativa, riuscendo a raccontare una storia ancora fresca ed a tratti imprevedibile.

Un ciuffettino biondo spettinato!

Accantonata la libertà e l’epicità di Breath of the Wild, con Awakening si ritorna al più classico degli schemi Zeldiani: un’avventura scandita dalla necessità di raccogliere gli strumenti indispensabili a proseguire sia nell’esplorazione della mappa, sia per affrontare i dungeon.
Dungeon, già! Praticamente abbandonati nell’ultimo capitolo della saga, tornano ora nel loro più classica composizione. Uno dopo l’altro elargiiscono bottini, rupie, equipaggiamenti e gli strumenti sacri utili a svegliare il Pesce Vento che se la dorme nel suo uovo.
Malgrado la difficoltà dei dungeon non sia ai livelli degli episodi 3D, rimanendo piuttosto semplice come l’edizione da cui deriva, la varietà ed il numero dei labirinti presenti recano comunque belle dosi di gioia agli Zeldiani più incalliti. Tra chiavi da trovare, pulsanti da attivare, stanze da scoprire e cattivoni di fine dungeon da debellare, c’è davvero di che divertirsi! Malgrado gli strumenti in nostro possesso conducano ad un preciso ordine di esplorazione dei dungeon e che quindi il gioco stesso guidi gran parte delle nostre scelte, il ritmo viene scandito esclusivamente dal giocatore, riuscendo comunque a trasmettere un senso di avventura e di scoperta come non se ne vedeva da tempo. Girare per l’isola Koholint è un’esperienza davvero sorprendente. Ogni ciuffo d’erba tagliato (e ne taglierete a bizzeffe) può celare ingressi segreti verso qualche sotterraneo o far apparire una delle tante Conchiglie nascoste in giro per tutta l’isola.
La voglia di scoprire ogni segreto, conoscere ogni personaggio e trovare ogni conchiglia ed ogni frammento di cuore, vi faranno battere a tappeto ogni singolo centimetro quadrato dell’isola. Con la classicità dell’architettura di gioco, torna anche un gameplay fortemente ancorato al passato.
Un menù ristudiato, lo scudo affidato al tasto R e la possibilità di assegnare a X e Y  due strumenti in contemporanea (oltre alla spada sguainabile con B)  rendono la nuova versione un concentrato di scioltezza e fluidità, se paragonata alla sua controparte uscita su GameBoy.

Inizialmente stona l’impossibilità di muoversi liberamente ed essere quindi vincolati a muovercisi fino alle diagonali. Scelta che si digerisce facilmente dopo qualche minuto, attribuendola anche al fatto che un movimento libero avrebbe facilmente “rotto” una buona parte degli enigmi ambientali presenti nel gioco.
Fatto curioso: in un certo dungeon ho rotto consapevolmente un enigma proprio grazie a quel pochino di libertà concessa nel movimento sulle diagonali, ottenendo una chiave di un boss prima di ottenere lo strumento necessario per completare quella stanza.
Il gioco, come in passato, regala ben poche informazioni sul dove andare e sul come farlo, suggerendo solo la prossima zona utile al proseguo della storia. Elemento che da una parte ostacola l’avventura a rotta di collo e dall’altra alimenta piacevolmente l’esplorazione più pacata e minuziosa.
La sua natura di remake e l’impostazione classica, lo pongono fortemente lontano dal suo predecessore Breath of the Wild, dando quasi a questo capitolo una sensazione di spin-off.
Oltre questa sensazione, anche la sua natura portatile può trarre in inganno e confondere sulle sue intenzioni e sul suo target. Il fatto che Switch sia poi una console sia fissa che portatile, rende il compito (assolutamente non necessario, sia chiaro) di etichettare e catalogare questo episodio ancora più arduo.
Insomma, è uno spin-off o un episodio canonico? È da considerarsi portatile o da console fissa? È davvero utile farsi queste domande? No.

INFO UTILI

Ho giocato a Link's Awakening alternando lo stare seduto a terra davanti alla TV o giocando in portatile sdraiato sul lettone. Preferendo una soluzione all'altra solo in base all'orario in cui mi trovavo a giocare.

Durata
  • Quasi diciotto ore non mi sono bastate per trovare tutti i frammenti di cuore e tutte le conchiglie nascoste. Probabilmente per completarlo al 100% ne serviranno ancora un paio.
  • Ci sono poi i Puzzle del "Dungeon Maker" di Danpei che occupano qualche piacevole mezz'ora.
Struttura
  • Classica struttura Zeldiana: esplorazione selvaggia, raccolta di strumenti, Dungeon da saccheggiare e personaggi da conoscere e aiutare.
Collezionabili e Extra
  • Rupie in abbondanza da raccogliere e spendere.
  • Frammenti di cuore da trovare.
  • Conchiglie nascoste da trovare e riconsegnare per ottenere ricompense.
  • Pupazzetti Nintendosi da "vincere", utili per arredare le case altrui.
Scheda Gioco

Zelda Maker

Come simpatica aggiunta esclusiva per questa versione, il nuovo Link’s Awakening offre una sorta di Puzzle Game mascherato da Maker. O un Maker mascherato da Puzzle Game, dipende dal vostro stato d’animo. Questa funzione ci permette di affrontare dei dungeon creati da noi, con tanto di stanze, tesori, chiavi da trovare e tutto l’ambaradan che un labirinto coi fiocchi richiede.
Più che seguire le orme di un Mario Maker e dare totale libertà creativa, ci si trova ad affrontare dei puzzle via via più complessi, dove lo scopo principale è quello di arrivare dall’entrata del dungeon al suo boss finale facendo coincidere le varie tessere in nostro possesso.
Un’aggiunta gradita anche se poco incisiva, e sicuramente molto lontana dall’essere fruibile come Maker a se stante.

Link’s Awakening sorprende da qualunque punto di vista lo si guardi.
Un gameplay classico, ma modernizzato e rinfrescato nei sui aspetti più legnosi.
Uno stile innovativo che non gioca sulla facile sensazione di deja-vù, ma che stuzzica corde nostalgiche in maniera ben più profonda ed emozionale.
Un’avventura valida tanto sullo schermo di casa, tanto (e forse più) quanto se goduto su un treno, in giardino o sotto le coperte, andando a ricreare ancora più fedelmente quella sensazione di giocattolo adolescenziale.
Al netto di qualche sbavatura tecnica e qualche rallentamento di troppo che mina la fluidità del gioco, ogni aspetto di questo Zelda lo rende Imprescindibile tanto ai suoi fan di vecchia data, quanto a chi ha scoperto la saga Nintendo per eccellenza solo con il maestoso Breath of the Wild.
Ora mandate a ramengo quelli che condannano la nostalgia, sedetevi a terra con le gambe conserte, riaprite il cestone dei giochi, mettete la cartuccia di Link’s Awakening dentro Switch ed iniziate la vostra personalissima avventura!

Oscar

Videogiocatore a tutto campo da quando aveva un Amiga500 in casa. Senza curarsi della mancanza di tempo cronica, si dedica anche al disegno ed allo scrivere di videogiochi.

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