Mille bagliori azzurri mi scrutano nell’oscurità, famelici, glaciali, in attesa di un passo falso, una mossa sbagliata. Sono solo, e niente è più come sembra. Tra oscure creature, tradimenti e peccati impronunciabili, mi sono addentrato nella diabolica Dormont in cerca di perdono e redenzione.
Quello che segue è il folle racconto di un viaggio senza salvezza: la nostra recensione di Those Who Remain.
Bastano pochi minuti nel disturbante mondo di Those Who Remain per restarne intrappolati, ammaliati nelle sue mefitiche spire. Gli inconfondibili e magnetici rimandi a Twin Peaks dei primi minuti catalizzano l’attenzione e non potrebbe essere altrimenti, ma c’è di più. L’intreccio narrativo è infatti più che sufficiente a mantenere vivo, in maniera autonoma, l’interesse del giocatore. La rete di segreti che si annida tra le strade della maledetta Dormont possiede un fascino a cui è difficile resistere.
La storia di Those Who Remain prende le mosse da un tragico incidente che pone fine prematuramente alla vita della piccola Annika. Il triste evento è però solo l’inizio e innesca una sequenza di reazioni a catena che sconvolge per sempre le vite di tutti gli abitanti della cittadina. Mentre farete luce sui misteri che ruotano attorno alla vicenda e sulle forze ultraterrene che sono state risvegliate, sarete costretti a confrontarvi anche con il vostro straziante passato, in un incalzante susseguirsi di scelte e conseguenze.
Nel mondo messo in scena da Camel 101, nessuno è senza peccato. Tutti i personaggi coinvolti, a cominciare dal protagonista Edward, adultero fedifrago in piena crisi d’identità, perseguono i propri intenti senza badare al prossimo, scendendo spesso a patti con la propria moralità e macchiandosi di colpe più o meno gravi. Eppure, il confine tra giusto e sbagliato resta sempre labile e sfumato. Spetterà a voi tracciare una linea di demarcazione tra bene e male, plasmando così un racconto in accordo con le sfumature della vostra etica.
Proprio nella possibilità di giudicare le azioni altrui risiede una delle caratteristiche più intriganti di questa avventura horror in prima persona. Nel corso del vostro viaggio sarete infatti chiamati a fare da giudice e giuria al processo dei peccatori di Dormont, potendo decidere se assolvere le tormentate anime o, al contrario, condannarle per l’eternità. Ogni decisione ha un prezzo e determina l’epilogo a cui assisterete, tra i tre disponibili.
Tutte le altre meccaniche sono piuttosto derivative, anche se abbastanza caratterizzate da non risultare anonime o poco interessanti. Il gameplay ruota essenzialmente attorno a due colonne portanti. Da una parte vi è l’impossibilità per il protagonista di camminare nel buio, poiché popolato da silhouette demoniache, e la conseguente ricerca di fonti luminose per proseguire tra le ombre. Dall’altra ci sono invece enigmi e puzzle ambientali la cui risoluzione richiede di spostarsi con dei portali tra la dimensione terrena e una realtà alternativa, simile al Sottosopra di Stranger Things. La qualità di questi ultimi è purtroppo altalenante, tra spunti degni di nota e sequenze più banali e dimenticabili.
L’impianto ludico e orrorifico di Those Who Remain si inserisce nel solco dei vari Amnesia. Edward non ha possibilità di difendersi dalle nefandezze demoniache che lo perseguitano, ora nella dimensione alternativa, ora nella vita reale, e l’unica soluzione è nascondersi o fuggire. Ne segue un inevitabile e costante stato di allerta nel giocatore, ma non è questa l’unica scelta di game design che contribuisce a tenere alta la tensione.
Le sequenze finali sono un grande omaggio ad Hereditary, capolavoro d’esordio di Ari Aster
Rifacendosi a un certo modo di intendere il cinema horror, che potremmo definire d’autore, Camel 101 ha optato per la rimozione dei fastidiosi jump scare in favore di soluzioni alternative. La paura viene costruita giocando sulle attese, le atmosfere disturbanti, i macabri misteri da svelare, piuttosto che con spaventi improvvisi e ingiustificati. Il riferimento più diretto va ad Hereditary di Ari Aster, il regista prodigio degli anni ‘10, omaggiato con una lunga sequenza finale nel gioco. Those Who Remain cerca di replicare i meccanismi “slow burn” del film, montando la carica ansiogena poco alla volta, fino ad esplodere nelle battute conclusive. Il risultato non punta tanto a spaventare nell’immediato, riuscendoci comunque in molte situazioni, quanto piuttosto a far germogliare un seme d’inquietudine nel vostro animo, una volta spento lo schermo.
Abbiamo giocato Those Who Remain su PC grazie a un codice Steam fornitoci dagli sviluppatori. La configurazione di prova monta RX 590 8GB, Ryzen 5 2600 e 16GB RAM.
DurataThose Who Remain è un prodotto estremamente imperfetto, con limiti evidenti in ogni sua componente, ma non per questo privo di fascino, anzi.
Sì, il comparto grafico è modesto, l’intelligenza artificiale non brilla, la fisica è appena abbozzata e la portata del titolo è limitata, per ovvie ragioni, dalla sua natura indipendente. Tranquilli però, perché anche se presi nel loro insieme, questi fattori non compromettono il risultato finale. Il gioco trasuda l’amore dei suoi autori nei confronti del genere e offre tanti spunti interessanti, sia in termini narrativi che ludici, che faranno la gioia tanto degli appassionati dell’horror, quanto di quei giocatori che sapranno chiudere un occhio di fronte a qualche peccato veniale. Consigliato.
Se siete interessati ad approfondire alcuni retroscena legati allo sviluppo di Those Who Remain o alle fonti di ispirazione di Camel 101, vi rimandiamo alla nostra intervista a Ricardo Cesteiro, fondatore del team.
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Davvero interessante, amo queste genere di atmosfere nei giochi sebbene questo titolo sembri molto derivativo. Uscito ieri, inserito subito nella wishlist personale. Appena è in sconto, scatta l'acquisto.