Recensione

Tunic, la recensione diario del nuovo indie ispirato a Zelda

Di Tunic se ne parla da un bel po’ di tempo. Frutto delle fatiche di un unico sviluppatore, Andrew Shouldice, l’indie game ispirato a Zelda ha avuto tempi di sviluppo molto lunghi (i lavori iniziarono addirittura nel 2015). Quando si mostrò per la prima volta, all’E3 2017, catturò subito l’attenzione di molti. Poi anni di silenzio, l’accordo di esclusività console (temporale?) con Microsoft e l’uscita a sorpresa sul gamepass annunciata di recente.

Questo nuovo format di recensione diario ci consente di iniziare a scrivere a partita in corso e, perché no, anche dopo aver letto l’opinione dei nostri colleghi. Mi è capitato di leggere più di un articolo sul fatto che Tunic avesse tanti pregi ma fosse in sostanza un mero clone di The Legend of Zelda. Ma è davvero così?

  • Prima pagina:  (3 ore di gioco)
  • Seconda pagina: (14 ore di gioco)

25 marzo 2022

Nonostante abbia giocato poco più di tre ore, mi sento di smentire subito questa considerazione: Tunic non è un clone di The Legend of Zelda. Chi è familiare con l’epica saga Nintendo non potrà fare a meno di coglierne la profonda ispirazione fin dalle prime battute. Eppure, già dopo pochissimo, Tunic mostra un carattere e un coraggio piuttosto fuori dal comune. L’inizio è dei più classici: catapultati in un mondo in rovina siamo lasciati al nostro destino fin dalle prime battute. Niente armi né equipaggiamento, neanche il minimo accenno di un tutorial. Uno stile artistico pulito, una palette cromatica appagante e coerente con lo stile visivo, colori vivi, ma nulla di particolarmente esaltante. Muovo qualche passo nel mondo di gioco, il tempo di prendere confidenza con i comandi. Tempo qualche minuto e trovo subito un’arma, un bastone di legno per la precisione.

Fin da subito Tunic è un gioco sorprendente che mostra un carattere tutto suo

I rimandi al primissimo The Legend of Zelda uscito nell’86 sono fortissimi (il famosissimo “Take this, it’s dangerous to go alone”). Basta però pochissimo per cominciare a essere sorpresi. Comincio a leggere delle indicazioni in una lingua che non conosco. Di lì a poco trovo i primi oggetti, le cui descrizioni sono nella stessa identica lingua. Ed ecco la prima pagina di tutorial che mi dà alcune indicazioni preziose: alcune informazioni sul combat system e altre su alcune quest. Sono informazioni confuse e poco chiare perché in parte sono in italiano e in parte in questa lingua misteriosa che non sono in grado di decifrare. Questa specie di opuscoli/tutorial hanno però dei disegni che possono aiutare la comprensione.

Un mondo criptico

Quello di Tunic è un mondo estremamente criptico fin dall’inizio. Ma non lo è nel modo in cui lo sono i giochi From Software, ad esempio. Lo è in un modo tutto suo. Se è vero che in prima battuta si ha a che fare con questo senso di scoperta/spaesamento molto forte, il level design mi aiuta a trovare la strada giusta. Non tutti i sentieri sono bloccati, ma alcuni hanno nemici decisamente troppo potenti da affrontare in questo momento. Avanzo verso Est imbattendomi in una geometria complessa ma mai confusa.. sembra quasi opera di un architetto (un bravo architetto!).

Continuo a trovare oggetti dalla descrizione misteriosa ma la cui utilizzazione sembra piuttosto chiara. Altri opuscoli e – finalmente! – al termine di quello che sembra essere il primo dungeon trovo una spada.

Uno stile artistico pulito e visivamente appagante, che non fa però gridare al miracolo

Subito mi rendo conto che questa spada è in grado di tagliare i cespugli che bloccavano una grande quantità di strade. Continuo a esplorare altro, mi perdo, mi ritrovo e mi chiedo come sia possibile bollare questo titolo come un semplice clone di Zelda. Il combat system risulta elementare, a tratti anche superficiale. Schivata e colpo (ma non ho ancora recuperato uno scudo che so già esserci grazie agli opuscoli). Però è funzionale ed estremamente efficacie. In molti aspetti si nota che il gioco è frutto del lavoro di una sola persona.

Se però da un lato questo ha portato ad alcune carenze tecnico-artistiche, dall’altro il mondo gioco sfoggia una coerenza che solo la visione d’insieme di una sola persona può garantire. Sì, Tunic mi ha sorpreso, e non vedo l’ora di poter proseguire per raccontarvi come si evolverà quella che sembra essere un’avventura più che promettente.


04 aprile 2022

Ci siamo lasciati non appena avevo iniziato ad assaporare le potenzialità di Tunic; dopo un’altra decina di ore sono giunto alla conclusione di quello che è stato un viaggio intensissimo. Nelle ore successive all’ultimo aggiornamento, il gioco si è aperto ed è letteralmente esploso. La nebbia sul manuale misterioso ha continuato a diradarsi man mano che recuperavo le pagine e molti dei misteri del gioco sono stati svelati. Nel frattempo il gioco ha continuato a esibire una doppia anima ben distinta: se da una parte lo sfondo zeldiano è indubbiamente presente, col passare delle ore l’ispirazione a un Souls like è diventata abbastanza netta. Riguardo quest’ultima, però, ho avuto diverse perplessità.

Un Souls like decisamente problematico

Avevo già evidenziato un combat system piuttosto superficiale ma tutto sommato funzionante. Col passare delle ore e col progredire della difficoltà, tutte le magagne sono venute a galla. Partendo da una telecamera che, in particolare durante gli scontri con i boss, può renderci la vita davvero frustrante. La regia isometrica del titolo rende ogni inquadratura davvero elegante ma poco funzionale agli scontri più ostici. La telecamera segue spesso il boss di turno che, a causa della sua rapidità, crea alcune situazioni ai limite del gestibile. Morirete, soprattutto con i boss, e nella maggior parte dei casi non sarà colpa vostra. La sensazione generale è che il gioco non necessitasse di un livello di sfida così elevato. Sia chiaro, non parliamo di nulla di trascendentale, ma considerati i mezzi a disposizione e i problemi tecnici appena elencati, questo va a minare non di poco la giocabilità. La perdita delle monete raccolte dopo la morte (da recuperare prima di morire ancora, in pieno stile Souls) e dei nemici che non ti permettono di attraversare un’area senza affrontarli – poiché ti seguono all’infinito – fanno il resto.

INFO UTILI

Sviluppato interamente da Andrew Shouldice, è un indie game ispirato a Zelda e pubblicato su Xbox Game Pass in accordo con Microsoft.

Durata
  • Oltre le dieci ore
Scheda Gioco
  • Nome gioco: Tunic
  • Data d uscita: 16 Marzo 2022
  • Piattaforme: PC, Xbox One, Xbox Series X
  • Lingua doppiaggio: Assente
  • Lingua testi: Italiano

Tunic propone un livello di sfida già ampiamente soddisfacente anche solo nell’avanzamento generale e anche qui alcune problematiche tecniche possono frustrare il giocatore. La visuale isometrica non ha solo un’eleganza registica ma funge anche da level design. Molti passaggi sono nascosti e vanno “intuiti” grazie ad alcuni elementi visivi dettati dalle inquadrature. Ebbene, non sempre questi elementi risultano chiarissimi, al punto che, a un certo punto, proverete a entrare in ogni angolo della mappa per essere sicuri di non perdervi nulla.
Al netto di questi problemi tecnici, comunque non trascurabili, Tunic inanella un crescendo di stupore e si apre anche da un punto di vista artistico. Nel giro di alcune ore (circa 8, ad esser precisi) sarete in grado di affrontare il boss finale. In questo preciso istante Tunic prende letteralmente il volo e lo fa in una maniera sorprendente. Per raccontarvi tutto ciò avrò bisogno di fare un piccolo spoiler, del quale spero mi perdonerete. In alcun modo, però, potrà rovinarvi l’esperienza.

Una caccia al tesoro sensazionale

Se non siete andati troppo di fretta, poco prima dello scontro finale avrete raccolto un buon numero di pagine del manuale di gioco. In una di queste, in maniera non troppo velata, si intuisce l’esistenza di un finale di gioco alternativo (probabilmente quello più “giusto”) nel caso in cui si riesca a intraprendere una sorta di cammino dorato. A questo punto Tunic si dimentica del suo essere un Souls like (per fortuna!), lascia sullo sfondo questo mondo zeldiano e diventa una gigantesca caccia al tesoro costruita in maniera impeccabile. Pezzo dopo pezzo e con non poche difficoltà dovute alla complessità della caccia al tesoro, ho potuto ammirare come il level design del titolo spiccasse il volo mostrando tutte le potenzialità di una mappa costruita principalmente per quello scopo. Tutto questo percorso, che allunga in maniera importante la durata del titolo, culmina con un enigma finale che ho raramente potuto ammirare in un videogioco. In alcuni momenti mi ha ricordato un misto tra Gabriel Knight e lo spettacolare The Witness (a mio modo di vedere la fonte di ispirazione più profonda di questo titolo).

Un gioco unico

Ne avevo parlato all’inizio e vi avevo già espresso i miei dubbi sul fatto che questo titolo potesse essere bollato come un semplice clone di Zelda. Dopo averlo completato resto ancora più perplesso su quanto letto su altre testate. Tunic è un atto d’amore al videogioco che non ne dimentica la storia, trae ispirazione da saghe leggendarie e cerca di catturare (male) la moda del momento – il carattere Souls like -, ma nell’istante in cui deve comunicare la sua personalità intraprende un cammino che difficilmente può essere descritto come poco originale. A meno di non averlo giocato in maniera un po’ superficiale…

Stefano Cherubini

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