Il Nintendo Entertainment System o semplicemente NES (Famicom per gli amici orientali), è senza ombra di dubbio una delle console Nintendo migliori di sempre. Non soltanto è il sistema che ha risollevato l’industria videoludica dalla sciagurata crisi del 1983, ma ha anche introdotto, un modello per noi videogiocatori del ventunesimo secolo scontato ma che così non era trenta anni orsono, ovvero quello di concedere a terze parti la licenza per lo sviluppo di software. L’intento era quello di evitare un “nuovo fenomeno Atari” e di conseguenza una nuova crisi nell’industria, proponendo prodotti che rispettassero determinati parametri qualitativi.
Nintendo, seguendo l’esempio di altri produttori, Atari su tutti, iniziò a sviluppare una propria console a cartucce removibili. L’obiettivo, come dichiarò all’epoca il presidente Hiroshi Yamauchi, era quello di proporre un sistema di gioco mai visto prima, unico nel suo genere, potente, con un prezzo di vendita accessibile e che potesse sbaragliare l’intera concorrenza per anni. Ad occuparsi dell’ambizioso progetto fu Masayuki Uemura, responsabile dei giochi elettronici della società nipponica. In quel periodo sul mercato iniziarono ad arrivare nuove CPU, ma l’idea di Uemura, proprio per garantire una riduzione dei costi, prevedeva sin da subito l’utilizzo di una CPU ad 8 bit meno performante, la 6502 realizzata da MOS Technology alla quale venne affiancato un coprocessore (PPU) che gestiva direttamente gli elementi grafici a schermo. Il risultato fu una console con un aspetto piuttosto particolare e “infantile”, una scatola di plastica di colore bianco, con rifiniture in rosso e controller direttamente collegati alla macchina.
Il controller del NES è stato il primo ad avvalersi della croce direzionale ideata da Gunpei Yokoi e diffusasi poi nei decenni successivi anche su altre macchine da gioco. La struttura è molto semplice, un rettangolo di colore grigio per il NES e rosso/oro per il Famicom su cui troviamo quattro pulsanti: “A” e “B”, “Select” e “Start” e la croce direzionale per gestire i movimenti. I controller del Famicom non differiscono soltanto per il colore decisamente diverso rispetto alla versione europea e americana, in quanto i cavetti si collegano direttamente alla console senza l’ausilio di uno spinotto di collegamento e il secondo controller non presenta i pulsanti “Start” e “Select” sostituiti da un microfono che poteva essere utilizzato nei giochi.
Ulteriore novità introdotta con il NES/Famicom è il posizionamento del sistema di controllo sulla sinistra che riprende sostanzialmente lo schema che troviamo nei classici arcade.
Sebbene l’aspetto non fosse dei migliori, il colosso nipponico immise sul mercato la console il 15 luglio 1983 al prezzo di 14.800 yen, corrispondenti a circa 65 dollari di allora. Il nome della macchina era Family Computer, abbreviato in Famicom. A supportare il lancio c’erano soltanto tre titoli, conversioni di giochi che all’epoca potevano essere giocati soltanto nelle sale giochi tradizionali. Donkey Kong, Donkey Kong Jr. e Popeye. La console ottenne subito un successo straordinario, vendendo in poco più di due mesi, ben cinquecentomila unità e surclassando i due diretti concorrenti, Atari con l’Atari 2800 e SEGA con il SEGA SG-1000.
Lo sconvolgente successo venne ben presto arrestato, sebbene soltanto momentaneamente, da un difetto di fabbricazione. Diverse console iniziarono a fare le bizze e a bloccarsi inaspettatamente. Pertanto, Nintendo si vide costretta a richiamare tutte le macchine vendute. Risolti i problemi, causati da un circuito progettato male, Il Famicom ritornò prepotentemente sul mercato e verso la fine del 1984, divenne la console più venduta in Giappone.
Ormai per il NES era giunto il momento di lasciare i confini nazionali e farsi conoscere in tutto il mondo. Inizialmente la grande N aveva intavolato una trattativa proprio con il suo diretto rivale, Atari, il quale doveva occuparsi in prima persona di commercializzare la console all’estero. L’accordo, in linea di massima, prevedeva che la distribuzione avvenisse direttamente con il nome Atari e che quest’ultima avrebbe pagato dei diritti alla Nintendo. Le due società si incontrarono svariate volte per definire le basi dell’accordo. Niente avrebbe potuto cambiare le carte in tavola ma durante il Consumer Electronics Show (CES) del 1983, alcuni esponenti dell’azienda americana notarono che allo stand Coleco, c’era una conversione per il Coleco Adam (un vero e proprio computer) di Donkey Kong. In realtà quel Donkey Kong serviva soltanto a scopo dimostrativo, ma la cosa non andò comunque giù ai dirigenti di Atari che con la convinzione che Nintendo stesse vendendo i propri diritti a più aziende, decisero di rompere l’accordo. La trattativa ormai arenata definitivamente, portò la società nipponica ad occuparsi personalmente di vendere le proprie console nel resto del mondo.
Now you’re playing with power
Soltanto due anni più tardi, nel 1985 e dopo aver rivisitato completamente il discutibile aspetto della macchina, Nintendo presentò al CES di Chicago il Nintendo Entertainment System. Il prezzo previsto era di 249,99$ per il bundle (uno fra i più ricercati dai collezionisti attualmente) con pistola Zapper, il robottino R.O.B. e i giochi Gyromite e Duck Hunt, oppure di 199,99$ con due controller e Super Mario Bros.
Anche se il prezzo di vendita non era propriamente economico, la qualità superiore dei giochi e la capacità di Nintendo di tenere sottocchio gli sviluppatori di terze parti, ne decretarono istantaneamente il successo commerciale, tanto da portare la grande N a coniare il celebre slogan: Now you’re playing with power. In Europa, la console arrivò nel 1986 mentre in Italia soltanto nel mese di dicembre 1987. Sebbene la libreria fosse fra le migliori probabilmente mai prodotte per una console domestica, anche grazie alla pubblicazione di titoli come Metroid, Castlevania, Rush’N Attack, Mega Man e Zelda, la console non riuscì ad ottenere nel nostro paese lo stesso successo avuto in Giappone prima e negli Stati Uniti poi, complici una campagna di marketing quasi assente e una rete distributiva capillarizzata che rendeva difficoltoso il reperimento della console stessa.
Al di fuori dell’Europa il NES si impose incontrastatamente per diversi anni. Ai titoli citati poche righe più su si aggiunsero i primi capitoli di Final Fantasy, Dragon Quest e Ninja Gaiden. L’apice massimo fu raggiunto però con il terzo capitolo di Super Mario Bros. 3, che pubblicato negli States nel 1990, è considerato ad oggi uno dei giochi più innovativi ed importanti della storia. Inoltre, Nintendo con riferimento al grande controllo che aveva sui produttori terze parti e sull’importanza di offrire una certa tipologia di prodotto, decise di apporre sulle confezioni un particolare bollino “Nintendo Seal of Quality” che indicava sostanzialmente che i prodotti erano certificati da Nintendo e che rispettavano determinati standard qualitativi. In poco tempo ogni gioco Nintendo o meno che fosse aveva il classico bollino dorato che ritroviamo ancora oggi sulle confezioni di vendita. Tale strategia aiutò enormemente anche i produttori di videogiochi a farsi un nome. Capcom, Konami, Bandai, Namco e molti altri si contraddistinsero per la qualità dei loro titoli.
Il NES rimase in commercio fino al 1991, dopodiché venne rimpiazzato dal Super Nintendo a 16 bit. Il NES, ha avuto uno dei cicli di vita, per una console si intende, più longevo di sempre, ben sette anni (record condiviso con l’Atari 2600) e ha venduto in totale quasi sessantadue milioni di macchine in tutto il mondo. Anche con l’arrivo del più prestazionale Super Nintendo, il NES riuscì, anche grazie alla pubblicazione di titoli del calibro di Mario & Yoshi, Kirby’s Adventure e NES Open Tournament Golf e ad un sostanziale taglio di prezzo, a difendersi piuttosto bene.
All’inizio degli anni novanta, il mercato dei cloni del NES era una vera e propria miniera d’oro. I Famiclones, avevano preso piede soprattutto in quei paesi in cui il NES non era stato ufficialmente commercializzato; Brasile, Spagna, Polonia, Unione Sovietica e molti altri, avevano la loro copia del NES. In particolar modo in Brasile, il “Dynavision”, e nell’allora Unione Sovietica, il “Dendy”, riuscirono ad avere un successo strepitoso.
Anche dopo la dismissione dell’originale NES, continuarono le produzioni delle copie. Addirittura alcuni modelli erano più sofisticati e potenti dal punto di vista hardware dell’originale. Alcune copie montavano uno schermo LCD integrato e altri addirittura permettevano di giocare sia ai giochi del NES che ai giochi della nuova ammiraglia di casa Nintendo, ovvero il Super Nintendo.
Nintendo provò a correre ai ripari, avviando azioni legali soprattutto contro quelle console che non avevano il supporto delle cartucce ma presentavano al loro interno già i giochi preinstallati.
Per i più nostalgici, nel novembre del 2016 e qualche anno più tardi precisamente nel mese di giugno 2018, Nintendo ha immesso sul mercato una versione mini del NES contenente ben 30 giochi e pensato per le moderne TV grazie all’uscita HDMI . La console permette di selezionare tre differenti modalità di visualizzazione: “Tubo catodico”, per simulare l’aspetto che i giochi avevano sulle vecchie TV, “4:3”, che riproduce l’aspetto grafico della console originale “Risoluzione originale”, per i non deboli di vista che permette di avere a schermo i classici quadrati pixellosi.
Qui di seguito l’elenco dei giochi inclusi nel NES Mini:
Di questi, ventidue sono titoli fissi mentre gli altri otto variano a seconda che la console sia venduta in Nord America o in Giappone.
Giochi esclusivi in Nord America:
Giochi esclusivi in Giappone:
Ogni appassionato di videogames e amante della Nintendo avrà visto questa foto:
Un bel quadretto familiare, in cui due ragazzini giocano a Super Mario Bros. insieme al Padre e alla Madre. Una di quelle immagini pubblicitarie pensate proprio per spingere i genitori a comprare il NES ai loro figli. Peccato che sia piena zeppa di errori:
Una foto del genere al giorno d’oggi sarebbe oggetto di meme a non finire!
Nessuno credeva nel videogioco, molti, soprattutto i rivenditori (magari scottati proprio dalla crisi del videogioco del 1983) ritenevano che era un fenomeno destinato a finire molto presto. Invece, Nintendo ci ha creduto e attraverso il NES ha mescolato le carte in tavola, non soltanto ha risollevato l’industria dalla crisi del 1983 ma ha raggiunto il suo principale obiettivo, quello di diffondere il videogioco come fenomeno di massa a livello globale. Tutto grazie ad una scatola grigia, con due semplici controller e una quantità impressionante di titoli di qualità. Il NES non è una semplice console di successo è una vera e propria leggenda.
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