ArtCafé

Cos’è l’Art Direction?

Quante volte vi è capitato di leggere o ascoltare una recensione che tra i punti di forza di un videogioco cita il fatidico “aspetto artistico”? Il lato estetico, lo stile visivo, il design o che dir si voglia, sembra ormai un jolly da giocare quando il titolo in questione magari pecca di qualità puramente tecniche da impressionare giocatori e Digital Foundry. In una generazione spesso piagata dalla console war il discorso legato all’arte nei videogiochi si è spesso soffermato sul loro puro impatto tecnologico. Talvolta, in casi eccezionali si cita il lavoro impressionante svolto da team con grandi idee di caratterizzazione estetica come ad esempio Cuphead ed il suo stile da cartone animato anni ’30. Tuttavia, sono veramente rare le occasioni in cui si analizza la cosmesi in maniera olistica e comprensiva. Eppure tutti i videogiochi hanno uno stile artistico. Anche quando una recensione non ne parla, e perfino quando giocando non ce ne si rende conto, tutte le produzioni subiscono un processo di definizione di elementi estetici di vario tipo, che insieme vanno a creare l’impatto visivo finale.

Cuphead – un raro caso in cui l’aspetto artistico è talmente riconoscibile da essere unanimemente apprezzato.

Anche nella scala di valutazione di Gameplay Café nel punteggio della grafica si dice: “Si valuta anche il comparto artistico, che spesso risulta fondamentale per sopperire a mancanze tecniche e rende piacevoli anche giochi poco performanti da questo punto di vista. E ricordatevi, senza stile anche un miliardo di poligoni non servono a nulla.” Benissimo! Quindi con questa rubrica ad episodi cercherò di analizzare qual’è il significato di “stile” nei videogiochi e quali sono gli elementi che concorrono nel crearlo.

La Direzione Artistica

L’Art Direction (o Direzione Artistica) è il lavoro di un Art Director, sia esso singolo o a capo di un team, volto a supervisionare l’intero processo di creazione degli elementi del design artistico. Il termine, inizialmente coniato in ambito cinematografico, è poi stato riutilizzato da moltissime pratiche artistiche, fra le quali anche quella dei videogiochi. Questo complesso lavoro coinvolge, nei team più grandi, una miriade di sottogruppi di lavoro, ognuno dedito a singole caratteristiche, facenti costante riferimento ad un documento di design generale che viene generalmente stilato durante la fase di preproduzione. I videogiochi nascono spesso dalla volontà di dar vita e consistenza a delle meccaniche peculiari, come la Portal Gun, oppure tramite la scelta di un’utenza specifica, come ad esempio Candy Crush ed il suo appeal verso un pubblico non avvezzo ai videogiochi ma con molte ore a disposizione in metropolitana. Qualunque sia la ragione del concepimento di un’idea per un potenziale titolo, due elementi vanno poi a sommarsi al nucleo di gameplay: narrativa e presentazione (in cui facciamo rientrare anche il lato sonoro). La narrativa non è argomento di questa rubrica, quindi la chiuderemo con una semplice nozione: tutto comunica. Anche il non comunicare nulla è a suo modo un tipo di comunicazione. Ciò significa che anche videogiochi senza quaranta ore di campagna principale con archi narrativi sfaccettati, necessitano di una scrittura e di un lavoro sul linguaggio non indifferente. La presentazione è invece un lavoro più immediatamente percepibile, e vendibile, che svolge diversi ruoli all’interno di un progetto.

Journey comunica solo ed esclusivamente tramite le sue direzioni artistiche e sonore.

Tecnologia vs Arte

La presentazione è frutto di una combinazione di tecnologia esistente guidata dall’arte; l’aspetto tecnologico di un titolo contribuisce quindi alla sua resa estetica. Questo è un dato di fatto inconfutabile e le innumerevoli versioni Remastered che abbiamo visto in questi anni lo testimoniano: giocare ad un titolo come Okami nel 2019 in 4K a 60 FPS restituisce un impatto completamente differente dal suo originale 480p a 30 FPS scarsi nel 2005 su PlayStation 2. Tra i pionieri delle disquisizioni tecniche, Digital Foundry sarà anche il canale YouTube con la community più tossica, ma è certamente da lodare in quanto a livello di dettaglio delle sue analisi. Queste, per scelta editoriale, vanno a concentrarsi sulle qualità tecnologiche dei videogiochi. Frame rate, risoluzione, motori di gioco e ray tracing sono risvolti tecnologici: rispondono a delle scelte delle software house dettate dai limiti delle piattaforme su cui andranno a sviluppare. Lo stile artistico, al contrario, non è dettato da limiti. Esso è libero di sperimentare, evolvere ed impressionare indipendentemente dalla piattaforma. Questa rubrica si occuperà dell’aspetto artistico dei videogiochi, che talvolta va ad intersecarsi con quello tecnico che sarà quindi affrontato, soprattutto quando si parlerà di evoluzione dei canoni possibili. La Pixel Art, oggi forse abusata in ambito indie, è uno stile visivo nato a causa di limiti tecnici. Negli anni ’80 sarebbe stato insensato per un team di sviluppo concepire una resa visiva fotorealistica: Mega Drive e NES non ce l’avrebbero mai fatta, e lo stesso vale per il Low Poly, nato per ragioni tecnologiche nella prima era del rendering 3D e riproposto espresso oggi da prodotti come Donut County, Superhot e diversi altri.

L’aspetto tecnologico offre alla direzione artistica il potere di realizzare le sue ambizioni.
Okami appare oggi molto meglio di quanto sembrasse all’epoca.

Caratterizzazione + Indicazione + Riconoscibilità

Esistono videogiochi la cui ricerca visiva salta subito all’occhio: Journey, Limbo e The Legend of Zelda: The Wind Waker sono solo alcuni esempi che chiunque saprebbe citare come portatori di una determinata caratteristica estetica. Qual’è quindi il maggior pregio della loro cosmesi? Essa è fortemente riconoscibile. Attenzione però: non tutto ciò che è riconoscibile sarà anche e necessariamente ben caratterizzato. Flappy Bird, ad esempio, è un titolo molto riconoscibile ma non è ben caratterizzato. Non è peculiare né ispirato, eppure fa leva sull’elemento della semplicità, unito ad un certo plagiarismo, per attirare il suo pubblico.

Lo stile artistico di un videogioco deve quindi fare leva su tre caratteristiche per risultare il più completo possibile:

  • Deve avere una forte caratterizzazione, cioè essere frutto di una intensa ricerca di ispirazioni, influenze e volontà artistiche che creino un’identità peculiare.
  • Deve sapere supportare e migliorare il gameplay, fungendo da strumento di indicazione. In questo caso, elementi come luce e colore rientrano nel discorso del way-finding nei videogiochi.
  • Deve risultare ricco di elementi che ne accentuino la riconoscibilità, grazie ad una complessa miscela di caratterizzazione ed unicità, un terreno in cui influiscono anche scelte tipografiche e di branding.
Forte riconoscibilità non significa buona caratterizzazione o originalità.
Flappy Birds è fortemente riconoscibile perché è, visivamente parlando, un plagio di Super Mario.

Progettazione e iterazione

Realizzare un videogioco è un compito arduo, lungo e spesso fisicamente massacrante. Le variabili in atto sono innumerevoli, dai team più grandi con i loro problemi di coordinazione, a quelli più piccoli con una moltitudine di compiti disparati presa in carico da una singola persona. Tuttavia i migliori risultati nascono dall’autocritica e dal progressivo miglioramento ed è per questo che il concetto di iterazione è una colonna portante della progettazione. Iterare significa replicare continuamente un processo ciclico per raggiungere dei risultati. In campo artistico questo si traduce in una costante ricerca del risultato più visivamente appagante, utile, completo e che risponda alle necessità di caratterizzazione, indicazione e riconoscibilità. L’iterazione porta spesso a tornare sui propri passi, rivedere ciò che si è già fatto e stravolgerlo. Ciò può portare a quello che il commentatore medio di YouTube definisce come “downgrade” ed Ubisoft, Bioware e molti altri sono stati spesso colpevolizzati di questa pratica che tuttavia non è altro che una ridefinizione dell’aspetto artistico, ed alle volte tecnico, del prodotto. Per questo, nell’ambito dell’analisi artistica dei videogiochi risulta spesso molto interessante riguardare i primi trailer dei titoli per confrontarli con ciò che è stato rilasciato. Comparare le due presentazioni offre un punto di vista sullo sviluppo dei videogiochi e come essi vengono progettati ed iterati nel tempo.

Dal primo trailer di presentazione di Days Gone, gli sviluppatori di Bend Studio hanno variato la luce di questa ambientazione donando all’ambiente un aspetto più ostile e freddo rispetto al più caldo originale.

I mattoncini della direzione artistica

Quanti sono gli elementi che concorrono nella realizzazione di un pacchetto visivamente soddisfacente? Caratterizzazione, indicazione e riconoscibilità sono un complesso intreccio di aspetti che vengono curati durante l’intero sviluppo dal team di artisti dello sviluppatore. Questi vanno a delineare mano a mano i singoli mattoncini della direzione artistica. Alcuni di essi sono più generici: il complessivo look & feel del titolo, il canone estetico adottato e le fonti di ispirazione. Altri entrano nel dettaglio degli elementi specifici: il design dei personaggi e dell’ambientazione, la gestione della luce e del colore, le scelte tipografiche e dell’interfaccia di gioco ma anche l’intero impianto di animazione o gli effetti applicati in post-processing. Analizzare caso per caso queste variabili ci servirà a comprendere il generale concetto di “stile artistico” di un videogioco.

Se vi è piaciuta questa presentazione, seguite le pagine di Gameplay Café nei prossimi mesi per questo viaggio nel mondo dell’arte dei videogiochi. Ogni episodio a pubblicazione quindicinale sarà dedicato ad uno degli elementi che vanno a comporre la direzione artistica del nostro medium preferito. La prossima volta si incomincia con il design dei personaggi!

Emanuele Vanossi

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