I colori sono la rappresentazione della diversità di un mondo che altrimenti sarebbe un piatto dualismo tra il bianco e il nero. I colori rappresentano tutto nella nostra vita, simboleggiando lo stato emotivo in primo luogo. Prendendo in mano Spider-Man: Blu (che vi consiglio di leggere) si capisce subito il motivo di questo nome, che oltre a ricalcare la tonalità primaria dell’albo, ci rimanda anche l’anima triste e malinconica di un Peter che ricorda con dolcezza la sua prima ragazza, Gwen. Allo stesso modo, i colori dipingono in modo nitido chiaro il mondo di Gris, la giovane ragazza che si ritrova intrappolata nel freddo e grigio abbraccio della depressione (e in effetti anche il suo nome lo dice chiaramente). Oltre ai colori, che meravigliosamente riempiono la tavolozza bianca, un grande aiuto per noi, giocatori, risulta essere la colonna sonora.
La musica di Gris, composta dal gruppo Berlinist tende per tutto il gioco a creare l’empatia tra un’eroina muta e il giocatore. I brani in effetti rappresentano bene quelle che sono le vere atmosfere dell’opera. Si parte in modo pacato, dolce e quasi innocente con il brano “Mae” e le sue note melodiche e armoniose. Una scelta azzeccata che si riflette sui brani successivi. La semplicità fa spazio alla tristezza, la solitudine, la paura e la rabbia. Emozioni che ognuno di noi prova in certe dosi, ma che qui vengono a noi come una brocca ripiena del vino più amaro.
Il solo ascolto di alcuni brani riesce a far concepire in noi quelle sensazioni che poi si vedono sullo schermo. Chiudendo gli occhi durante l’ascolto di “Perseverance” è quasi naturale avere dei brividi lungo la schiena durante le note dell’organo, che scuote la nostra mente, la mette in agitazione e la spappola verso la fine. Come l’ansia, che nonostante sia percepita da molto tempo, ti investe come una pioggia gelida in una notte invernale su un faro. Riusciamo a percepire la paura che sale lungo la gamba destra, mentre l’ansia percorre quella destra. Alla fine capiamo che si tratta di un raggiro, ma ormai è troppo tardi. Allo stesso modo è diretta la musica di Gris, che colpisce duro, per poi coccolarti, facendoti sentire al sicuro per un solo istante.
Come la depressione, si tratta però di un passaggio momentaneo, in cui si va quasi verso una più franca rassegnazione. “Komorebi” ne ricalca lo spirito e porta a sognare sulle rive del fiume della malinconia e delle lacrime versateci. Ci troviamo ora sul cemento, seduti su una panchina davanti a un sole che sta nascendo dopo il suo naturale ciclo. L’aria fresca, un po’ salmastra, accarezza la nostra pelle stanca e rassegnata al male atavico che ci circonda. Non siamo in grado di vederlo, ma riusciamo a percepirlo. Il mostro è alle nostre spalle e appoggiando le sue grosse mani sulla schiena, ci schiaccia, ma l’alba è speranza. L’alba è vita nascente, speranza fiorente ed è positività, che purtroppo non sempre aiuta.
Gris nella sua naturale semplicità riesce nell’intento di farci provare qualcosa di nuovo, oscuro e malvagio. Un mostro invisibile che possiede molte facce e ce le mostra senza riguardo e senza pietà. Qualcuno non riesce a sfuggirgli purtroppo e travolto dalle gelide acque nere cade in un abisso senza fine. Altri invece escono vittoriosi, consapevoli di non aver lottato da soli e di aver fronteggiato un nemico tanto potente quanto crudele, la nostra stessa mente.
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