Rubrica

Days Gone Chronicles

Ammettiamolo: nonostante i suoi problemi tecnici, Days Gone è un prodotto curato sotto molti aspetti, tra i quali spicca senza dubbio la scrittura di un protagonista umano come non se ne vedeva da tempo. Mi piace utilizzare il termine “umano” perché, in un mondo popolato da Furiosi, Mannari e altre aberrazioni, non vuol per forza significare “buono” o “migliore”, ma raccoglie in sé tutte le accezioni positive e negative tipiche della nostra razza. Le reazioni di Deacon St. John, infatti, sono vere, emotivamente complesse e, soprattutto, coerenti con la psicologia messa in piedi dagli sceneggiatori di Bend Studio. Chi vi scrive ha passato più di quaranta ore tra i boschi dell’Oregon e, dopo aver completato ogni singola attività di gioco, si è trovato con il bisogno di averne di più, di poter vivere ancora qualche avventura impersonando un personaggio affascinante proprio per questa sua imperfetta umanità.

Ecco che, quindi, abbiamo deciso di scrivere questo articolo, un po’ per proprio ludibrio personale e un po’ per mettere in luce quelle tematiche che compongono il messaggio emotivo alla base di Days Gone. Ovviamente abbiamo cercato di evitare il benché minimo spoiler per coloro che non hanno ancora avuto occasione di giocarci, ma evidenziamo come siano presenti elementi di trama provenienti dalla prima ora di gioco (compresa l’immagine a fondo articolo). Nulla capace di rovinare neanche lontanamente l’esperienza ai futuri cacciatori di Furiosi, ma preferiamo comunque avvisarvi per evitare di infastidire anche i più delicati.

Prima di lasciarvi al nostro estratto, vi consigliamo di leggere il tutto dopo aver avviato una delle due colonne sonore che potete trovare qui sopra, per immergervi ancora di più nel folle mondo di Days Gone.

Buona lettura!

 

La pioggia intensa si ostina a scivolarmi addosso, a differenza di quella rabbia che da qualche settimana sembra essere tornata a battere nella mia testa.

La rabbia… Quel sentimento che tanto mi è servito in questa versione 2.0 del mondo, dove gli incontri migliori sono quelli con quei fottuti furiosi e dove un colpo alla testa mette fine a qualsiasi scambio di opinione. Lontani i tempi dove la gente si scannava sui social, non è vero?! Questa volta, però, la rabbia non è rivolta contro una qualche orda o contro il solito gruppo di predoni, ma è rivolta contro me stesso.

Ho ricominciato a sperare, Sarah. Ho ricominciato a sperare che tu possa essere viva.

Lo so che il fatto che sia tornato davanti alla tua “tomba” per dirtelo rende la cosa ancora meno sensata, ma in un mondo completamente impazzito non si dovrebbe considerare questa piccola scheggia di follia come “normale”?

Ad ogni modo, stavo dicendo… Stavo dicendo quanto mi faccia arrabbiare essere tornato a sperare, a desiderare, di poterti rivedere.
La morte è qualcosa che si riesce ad accettare. La morte è statica, permanente. E alle cose permanenti prima o poi ci si abitua. Ma la speranza è diversa. La speranza è qualcosa in continuo movimento, che gira e rigira nella tua testa fino a scavare un solco profondo che non va più via.

Non c’è spazio per la speranza in questo nuovo mondo.

Puoi chiedere a chiunque abbia perso una persona cara. È molto più doloroso sapere un proprio amico tra la vita e la morte all’interno dell’infermeria di un ospedale da campo che vederlo fare a pezzi da uno di quei giganteschi Colossi. E sai perché, Sarah?! Perché oltre quella cazzo di porta speri che il tuo amico sia ancora in vita. Speri di poterlo abbracciare di nuovo e speri di poter tornare a viaggiare insieme, fianco a fianco, sulle vostre moto. È la speranza a causare il dolore, non la morte. La morte, prima o poi, la si accetta.

Immagina come mi sento io… Fino a poco tempo fa c’era spazio solamente per trovare un modo per sopravvivere, ma da quando ho visto quel fottuto elicottero della Nero le cose sono cambiate e pian piano sono tornato a sperare… a sperare di vivere. Dovresti sentirlo, quel O’Brian. Sono certo che ti piacerebbe: continua a sfruttarmi come fossi il suo galoppino del cazzo. Meglio per lui che non mi stia raccontando balle, altrimenti è un uomo morto…

Sai, Sarah, che non riesco a togliermi dalla testa quella notte?! Quando tu sei salita su quell’elicottero ero certo di starti dando la possibilità di restare in vita. Non pensavo di aver appena firmato la tua condanna a morte. Sempre che tu sia morta davvero, alla fine. Alle volte penso che avrei preferito vederti chiudere gli occhi per sempre tra le mie braccia. Almeno avrei potuto dirti addio, senza continuare a venire qui per cercare le parole migliori con le quali congedarmi da un sasso con il tuo nome scritto sopra.

Forse ora è meglio che vada. La pioggia sta aumentando e non vorrei che la mia nuova carretta si rovinasse troppo. Ti piacerebbe, sai? Sono certo che adoreresti guidarla… Da quando è andato tutto a puttane non ci sono più veicoli pericolosi pronti a investirci. Chissà perché con te finiva sempre così…

Ciao, Sarah.

Mi manchi tutti i giorni.”

Luca Mazzocco

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