Rubrica

Diciamocelo in faccia: la localizzazione preserva il prodotto originale

Nel corso degli anni, soprattutto dai ‘90 a oggi, la localizzazione dei videogiochi ha subito un processo sempre volto a migliorare la qualità. I primi titoli rilasciati in Italia venivano pubblicati principalmente in lingua inglese, tuttavia per ottenere una fetta di pubblico più ampia e abbracciare coloro che masticavano poco la lingua originale, diversi studi esterni hanno aperto per portare determinate opere videoludiche nel nostro Paese. I titoli odierni difficilmente sono non doppiati o tradotti, la maggior parte dei giochi presenta comunque dei sottotitoli in italiano. Il processo di localizzazione non coinvolge solamente la pura traduzione, ma per definizione, passa anche attraverso una culturizzazione tenendo conto della moda, società e abitudini di quel determinato luogo in cui si va a portare il prodotto. Ecco perché a volte ci ritroviamo Luci al posto di Lucciole o, nel caso del cinema, Vaiana al posto di Moana. Purtroppo, in Italia, molti dei doppiaggi e delle culturizzazioni sono oggettivamente mediocri, dovuto a diversi fattori, tra cui la scelta di chiamare un talent per doppiare, come Asia Argento in Mirror’s Edge (che poi non è che sia così tanto talent). Ma da cosa si distingue una brutta localizzazione da una buona? Sicuramente una corretta traduzione del testo, un buon cast di voci, un audio synch ottimo e una varietà di voci per evitare la similarità. Inoltre, a determinare una buona localizzazione è una traduzione creativa che tiene conto della cultura del posto. Quindi, quando si adatta un’opera c’è una decisione ben pensata e una scelta sul prodotto finale da non sottovalutare.

The Last of Us è un esempio di una localizzazione ben curata.

La localizzazione deve tradurre, interpretare e adattare i copioni. Indubbiamente alcune opere risultano di cattivo gusto, quasi impossibili da ascoltare, come Dead Space con Dario Argento o Jericho, con doppiatori, sincronizzazione e volumi al limite dell’imbarazzo. Il pubblico non ci pensa due volte ad additare la compagnia e quindi catalogare quel videogioco come un prodotto scadente, senza conoscere i processi in fase di produzione. Il team di localizzazione, di solito, si mette al lavoro successivamente alla creazione del doppiaggio in inglese, a volte accade di lavorare in contemporanea con le altre lingue, così da facilitare il processo. Il problema principale è il fattore tempo che risulta decisamente poco: le compagnie di localizzazione, se non interne, vengono chiamate poco prima del rilascio, con non troppo anticipo. I traduttori si ritrovano a dover compiere un lavoro mastodontico sotto pressione e a volte si doppia senza poter guardare le scene in contemporanea e ciò può determinare una cattiva recitazione, con poca espressività in determinate scene, o una pessima sincronizzazione labiale, restituendo all’utente poca credibilità e immersione. Ogni passaggio di traduzione porta infedeltà al testo, quindi è necessario che chi traduca abbia una buona conoscenza della cultura del luogo nel quale porta il prodotto. Alcune scelte di avere determinati doppiatori, che fanno altro per lavoro, vengono fatti ai piani alti solo per attirare una fetta più ampia di pubblico.

Grim Fandango in italiano è addirittura migliore dell’originale.

Il processo di lavorazione dietro l’adattamento è tutt’oggi ostico e, a volte, indipendente dalla compagnia esterna di traduzione. Bisognerebbe apprezzare maggiormente il loro lavoro e impostare l’italiano come lingua predefinita, perché dietro ogni scelta, che possa piacere o meno, c’è una riflessione che tiene conto della nostra cultura. La tendenza odierna delle compagnie sviluppatrici è di dare meno libertà ai localizzatori, una strada più sicura, ma che limita il lavoro sul prodotto finale. In lingua originale vi è la possibilità che vengano citati personaggi o modi di dire a noi sconosciuti, che grazie a internet conosciamo anche noi, si sono affievolite le divergenze culturali, ma non sono entrate totalmente a far parte del nostro paese. I doppiaggi deleteri sono da demonizzare, ma ciò che potrebbe sembrare una scelta sbagliata, riflettendoci un attimo risulta incredibile. Il videogioco non viene snaturato, semplicemente passa attraverso un processo che lo rende fruibile e a volte migliore, come Renato Cecchetto e la sua interpretazione di Manny Calavera in Grim Fandango. L’utente finale a volte non conosce il duro processo che il team di localizzazione ha dovuto passare, il che non giustifica avere un prodotto di bassa qualità, ma volte vengono fatti dei veri e propri miracoli.

Senza Parole
Giulio Baiunco

Cresciuto ad arancini, Playstation 1 e Windows '98, viene attratto dai picchiaduro e dai platform. Venera la narrazione dal momento in cui ha conosciuto il Killer degli Origami.

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