Editoriale

Hideo Kojima è una rockstar

L’ultimo trailer di Death Stranding, sicuramente il più corposo finora in termini di definizione dell’immaginario e sfoggio delle meccaniche di gioco, ha dimostrato ancora una volta una verità molto semplice. Ossia che Hideo Kojima è molto piu di un semplice game designer: è una rockstar! Il quoziente fra informazioni rivelate e polverone sollevato è straordinariamente basso, segno che l’interesse verso il gioco è una mera frazione di quello nei confronti del suo creatore.

 

Dopo oltre otto minuti di filmato sono ben poche le informazioni tangibili che aiutano a classificare la prossima esclusiva (temporale?) Playstation secondo i consueti canoni di genere. Il trailer non ha carattere didascalico e lo scopo non è quello di fornire spiegazioni. Le immagini apparentemente slegate ed i pochi, frammentati dialoghi tracciano a malapena la forma di un mondo futuro e fantascientifico. Il montaggio incalzante e la colonna sonora “metal-sinfonica” contribuiscono a confezionare un prodotto altamente cinematografico ed autoriale. Quest’ultime sono qualità essenziali per poter rendere pubblicamente accettabile una cripticità in netto contrasto con le politiche contemporanee di marketing. Impossibile non citare anche il caso di Raiden, protagonista a sorpresa di Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty ma deliberatamente escluso da tutto il materiale pubblicitario.

Un nuovo genere?

Social Strand Game, a detta dello stesso Hideo Kojima, dovrebbe essere l’equivalente di Tactical Espionage Action per la serie di Metal Gear. Ovvero una sorta di etichetta di fabbrica appuntata dal creatore in attesa che il grande pubblico si impossessi della sua creatura, Death Stranding, e giudichi per sé quale sia la definizione migliore da utilizzare. Tuttavia, al contrario di quanto successe molti anni fa, all’epoca dello storico trailer E3 2001 di Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty, si è visto oggettivamente poco del gameplay della nuova avventura PS4.

Solitamente Kojima sfoggia le meccaniche di gameplay nei trailer

Questo è un fatto in controtendenza col passato, poiché Kojima è sempre stato solito “vendere” i suoi prodotti attraverso l’anteprima delle meccaniche di gioco iperrealistiche ed innovative, che riflettevano l’avanzamento della tecnologia hardware. Si ricordi l’inclusione delle ombre nello stealth oppure i pattern di intelligenza artificiale collettiva dei nemici. Il motivo potrebbe essere che, per la prima volta in tanti anni, Kojima ha la possibilità di introdurci un universo narrativo inedito e quindi, da bravo visionario, coglie l’occasione di sbizzarrirsi fino in fondo. Ad ogni modo, è più che certo che fino al giorno dell’uscita sul mercato non sapremo nulla su che tipo di action sia Death Stranding: la paura di rimanere delusi e la possibilità di essere sorpresi ci accompagneranno fino all’ultimo secondo prima di lanciare il gioco.

Hype, questa sconosciuta

In generale, hype non è una parola positiva: hype è fare quello che si può per vendere un prodotto prima ancora di autorizzarne la fruizione. La discrepanza fra ciò che si promette e ciò che effettivamente si consegna al pubblico può spesso e volentieri causare forti delusioni. D’altra parte, quando l’hype sopravvive a sé stesso, ossia quando quella discrepanza è trascurabile, non fa mai gran notizia.

Kojima mantiene sempre un contatto stretto col proprio pubblico, ma non parla spesso dei suoi giochi

Dire che un esperto game director come Hideo Kojima sia un fomentatore di hype non è del tutto corretto. Kojima mantiene sempre un contatto stretto col proprio pubblico, alle volte disseminando messaggi criptici sui social media, alle volte condividendo le sue ispirazioni artistiche del momento piuttosto che il tipo di sandwich che mangia a pranzo. Tuttavia, questa linea diretta raramente si presta a grandi rivelazioni sui giochi in arrivo: quest’ultimi sono sempre avvolti in una nebbia di mistero che Kojima non ha nessun interesse a rompere. In altre parole, il papà di Metal Gear è più un distruttore di hype che un seminatore! L’attesa spasmodica che tutti gli appassionati sentono è frutto della consapevolezza di attendere l’opera di un’artista visionario e prolifico che, pur con molti eccessi e spigoli di scrittura prolissa, ha contribuito ad elevare la dignità artistica dei videogiochi.

Il culto della personalità

La percezione di un personaggio come Kojima è anche una questione di tempismo. Quelli che hanno cominciato ad apprezzare l’interattività dei videogiochi attraverso le rotture della quarta parete del primo Metal Gear Solid sono naturalmente portati ad associare Hideo Kojima con quel tipo di innovazione dirompente. Più complesso è il discorso che riguarda le generazioni successive, le quali hanno necessariamente dovuto fare affidamento su opinioni di seconda mano per costruirsi un’idea propria: una novità è tale solo in un brevissimo lasso di tempo e sperimentare la boss fight con Psycho Mantis nel 2019 certamente non sortisce il medesimo effetto di vent’anni fa. Quale è dunque l’opinione generale su Kojima che ciclicamente si tramanda di giocatore a giocatore? Il buon Hideo è sempre stato la punta di diamante di una grossa corporazione, nella fattispecie Konami. Tuttavia, ha sempre goduto di una notevole libertà creativa che gli viene universalmente riconosciuta come onestamente guadagnata. Solamente dal 2015 ad oggi, Kojima ha agito da artista ed anche da manager di sé stesso e del suo team di sviluppo, seppur con un partner molto forte come Sony alle spalle. In questo senso Death Stranding rappresenta una sfida estremamente ardua ed insolita per qualcuno che ha già trent’anni di carriera alle spalle: convincere tutti quanti di essere un abile imprenditore ed un eterno avanguardista in materia di game design e narrazione, il tutto al di fuori dai confini dell’universo di Metal Gear. Solo così il mito può continuare ad essere tramandato alle generazioni future.

gmg215

Videogiocatrice a vita, fin dal giorno in cui Psycho Mantis ha provato a controllarmi la mente.

View Comments

  • La prima volta che provai un suo gioco, seppur molto tardi (con la metal gear solid hd collection), ne rimasi affascinato a livelli assurdi. C'era quel qualcosa nei due metal gear che mi fece innamorare di questa saga, dalle semplici trovate di gameplay, o anche gli infiniti dialoghi o filmati (film.. cof cof Metal gear solid 4).
    Conoscendo i trascorsi di quest'uomo attendo con ansia infinita death stranding. Magari non sarà un capolavoro, ma so per certo che in qualche modo ci sorprenderà con qualche folle trovata.
    IBERNATEMI!

  • Gran bell'articolo, complimenti.
    Dipinge in maniera coinvolgente un personaggio che già di suo è coinvolgente. Le parole esprimono, anzi trasudano perfettamente lo spirito e le sensazioni che Kojima ci regala.

    Io personalmente non avendo avuto le prime due PlayStation ed avendo avuto solo a fine ciclo la 3, la Metal Gear Saga non l'ho mai giocata in prima persona (MGSV escluso), ma avendola comunque abbastanza seguita ed essendo da sempre videogiocatore, ho subito pressoché tutto il coinvolgimento e l'impatto che Kojima e le sue opere hanno impresso all'industria.
    Fare videogiochi è anche fare qualcosa di speciale. Ognuno lo fa a modo proprio, Kojima lo fa in modo estremamente visionario (avanguardia è un termine davvero azzeccato!) e non necessariamente si deve riuscire a mettere d'accordo tutti. L'importante è fare qualcosa di speciale per più di qualcuno!

    • Grazie mille! Ti consiglio di recuperare la saga: il primo capitolo é recuperabile in qualche modo con emulatori pc mentre 2 e 3 e 4 lì puoi giocare sulla ps3 (i primi due in raccolta).

    • Anche il primo capitolo è disponibile per PS3 (versione emulata - Classico PS one, non rimasterizzata!) su Playstation Store a €9,99. Io ho giocato proprio questa versione, tempo fa. È un cult.

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