Editoriale

Longevità sì longevità no… le dimensioni contano?

L’altezza è mezza bellezza. O, per meglio dire, in questo caso la lunghezza. No, non stiamo facendo un corso avanzato sui detti più apprezzati della cultura popolare italiana, né tantomeno stiamo facendo pubblicità occulta ad un film per adulti.

Parliamo delle dimensioni, della lunghezza e dell’altezza, da sempre sinonimo – ma non per forza correttamente – di bellezza e di qualità.

Se da un lato, nella fattispecie nella vita di tutti i giorni, conviviamo da sempre con questa tacita realtà, nel campo dei videogiochi l’ovvietà di questo assioma subisce un pesante scossone, fino a venir messo totalmente in discussione da una bestia famelica e mai sazia: il gusto personale.

Del resto, il mondo è bello perché è vario, ed il contesto videoludico è uno dei più generosi sotto questo aspetto. C’è a chi piace da morire cimentarsi nelle lunghe avventure che solo un JRPG sa offrire, chi si diletta a replicare le gesta dei propri atleti preferiti in compagnia di un bel titolo sportivo, o chi – in modo masochistico – ama bazzicare in compagnia di un bel gioco horror.

Insomma, i generi con i quali affrontare al meglio la proprie gesta videoludiche sono tanti e tutti diversamente belli, ma nella loro diversa natura sono comunque – quasi – sempre accomunati da alcuni fattori.

In questa sede, prenderemo in esame uno di quelli più caldi, che riesce a dividere sempre l’opinione comune al riguardo: la longevità.

Non giriamoci intorno: il fattore longevità è ancora oggi importante. Nonostante l’evoluzione dei gusti e della tipologia di prodotti immessi sul mercato, la prima domanda che ci poniamo quando esce un nuovo titolo è sempre la medesima: “Quanto dura?”.

Certo, questo non vale per tutti i giochi. Chiaramente, il fattore longevità influisce maggiormente su alcuni generi videoludici, e non potrebbe essere altrimenti. Come però alcuni titoli usciti negli ultimi anni hanno dimostrato, basti pensare a produzioni come Uncharted, la nuova trilogia di Tomb Raider o il nuovo God of War, avere tra le mani un prodotto che non vi porta ai titoli di coda in nemmeno dieci ore risulta una scelta vincente.

Questo, però, vale nel caso in cui la longevità non diventa sinonimo di reiterazione, di backtracking continuo o di dispersività. Tanti titoli, infatti, per allungare il contatore delle ore di gioco sfociano nel riciclo continuo, allungando fin troppo il brodo con elementi di scarsa qualità.

In sostanza: lungo si, ma bisogna anche saperlo usare bene. Perché tante ore di gioco, se sorrette da una scarsa qualità di attività o possibilità varie, finiscono alla fine per rivelarsi un’arma a doppio taglio.

Qui però entra in gioco anche l’altra faccia della medaglia. Siamo sicuri che a tutti piacciano veramente i videogiochi che vantano un elevato numero di ore di gioco per giungere al finale? La risposta è, chiaramente, no. Per esperienza personale, tanta gente ha una vera e propria repulsione per quei titoli che tendono a diventare un impegno elevato, in termini di ore di gioco, per essere completati.

C’è, dunque, chi preferisce un titolo breve, magari meno dispersivo e che non pretenda 50-60 ore di gioco arrivare ai titoli di coda.

Il mio punto di vista al riguardo, da appassionato senza età, e soprattutto senza speranze di JRPG, RPG, e chi più ne ha più ne metta, è chiaramente a favore della longevità elevata.

Sapere che un gioco durerà tanto tempo mi dà sempre quella sensazione di non vedere l’ora di andare avanti, di scoprire cosa ci sarà dopo per poi accorgermi di non essere nemmeno a metà della storia.

Ma ciò che mi preme è conoscere il vostro punto di vista: quant’è importante per voi il fattore longevità? Siete per un gioco lungo a prescindere? Siete per quei giochi che offrono una longevità più contenuta?

Parliamone insieme!

Salvatore Cardone

Scrivo, cucino, mangio. Spesso contemporaneamente. Necessito di più mani.

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