Editoriale

Quanto è stato importante Borderlands per i looter-shooter?

Dall’alto dell’esperienza di un tizio che figli non ne ha ancora, i bambini sono più facili da comprendere di quanto non si creda. Il loro apprendimento si basa su di un semplice meccanismo di causa-effetto, dove a un’azione corrisponde un evento. Giocare ai fachiri sui mattoncini Lego può solo portare a una semplice conclusione, un’espressione di stupore misto a dantesco tormento. Allo stesso modo, testare i nervi dei genitori – in particolar modo della madre, specie se veracemente meridionale – non fa altro che avvicinare la pargoletta dentatura all’incontro col battipanni o a calzature in legno di vario peso. Al pari dei traumi, comportarsi bene lascia intuire al marmocchio che il premio sia proprio dietro l’angolo. I videogiochi assumono anch’essi il ruolo d’istruttori, dispensando legnate a ogni fallimento e sapendo ricompensare gli sforzi dell’utente dopo le sudate conquiste. Ogni genere ha a sua volta il proprio metodo per tener buono il giocatore, fornendogli in una certa misura i mezzi per ottenere qualcosa in cambio e aumentandone il senso d’appagamento. Completando missioni e uccidendo temibili nemici, nei giochi di ruolo si ottengono i famigerati punti esperienza, vale a dire una boccata d’aria fresca per sentirsi un po’ meno scarsi. Fare groviera dei soldati in uno sparatutto consente di raccoglierne l’armamentario, mentre vincere una Battle Royale… beh non lo sappiamo ancora, forse è solo questione d’onanismo. Cosa accade però quando i suddetti generi si mescolano, sia nella struttura che nelle ricompense? Nasce Borderlands, ecco cosa. Nell’attesa di spargere un altro po’ di sangue per le lande desolate di Pandora, riscopriamo assieme l’importanza del looter shooter di Gearbox e 2K.

Sulle distese desertiche di un pianeta lontano chiamato Pandora, le corporazioni appartenenti a un futuro remoto sono riuscite a far atterrare i propri coloni. Dopo aver estratto ogni tipo di materiale dalle profondità, credendo di non poter ottenere dell’altro, gran parte degli insediamenti sono stati abbandonati, dando piena libertà ai predoni di compiere razzie. Inaccessibile a chiunque e sepolta sotto la roccia è stata trovata la Cripta: si pensa che essa possa contenere ogni sorta di ricchezze e tecnologie aliene e che solo il prescelto sia in grado di aprirla. Va da se che sia proprio il nostro protagonista a essere colui che ne spalancherà le porte. Senza voler nulla togliere alla visione di Randy Pitchford e del suo team, Borderlands non parrebbe – almeno a prima vista – aver inventato nulla di nuovo. D’altro canto, quello degli sparatutto era un genere già ampiamente consolidato prima del 2009 (data della pubblicazione), con cui ben poco altro si sarebbe potuto dire. L’inserimento di componenti da gioco di ruolo in un titolo, ove le bocche da fuoco sono protagoniste, era già stato fatto inoltre in Fallout 3, egregiamente per giunta. Che il merito del successo della suddetta IP sia da attribuire banalmente all’utilizzo di un simpaticissimo nonché originale cel shading? Eccessivamente semplice e ingiusta come ipotesi. Sfruttando il potere della rete, troppo spesso usata per combattere contro altri giocatori, a favore della collaborazione, Borderlands ha saputo rinfrescare il concetto di cooperazione. Piacevole in solitaria, divertentissimo in compagnia, il titolo di Gearbox ha sapientemente mescolato elementi di ruolo alla tipica struttura da shooter, farcendone l’offerta con una modalità co-op mai così valida. Cacciatori della Cripta da tutto il mondo si sono riuniti per darsi man forte e affrontare assieme le sfide di Pandora, ingolositi dai tesori che i suoi anfratti custodiscono. Si torna quindi al discorso di cui sopra: ai giocatori piacciono le ricompense succose e quale miglior esempio se non quello di Borderlands. Grazie a un sistema di creazione procedurale, ogni singola arma del gioco viene realizzata con statistiche e tratti estetici unici, partendo dalle comuni pistole fino agli strumenti di morte leggendari. Comprenderete dunque che la prospettiva di accumularne oltre “87 bazilioni” avrebbe fatto gola a qualunque collezionista compulsivo.

Altro punto forte dell’intera serie è il tipo di scrittura, sia per quanto riguarda i dialoghi, sia per la caratterizzazione dei personaggi e di tutto il mondo di gioco. Riscoprendo il gusto per la follia violenta à la Mad Max, gli sceneggiatori hanno agito senza alcun limite dettato dal bon ton, sfruttando immagini grottesche e un turpiloquio che oseremmo definire “deliziosamente dissacrante”. Con la creazione di un’atmosfera simile, sarebbe stato impossibile per qualunque gruppo di amici non scoppiare in fragorose risa, specialmente quando un pazzo di frontiera implora di essere sparato con una cannonata dritta in faccia.

Ogni singolo nemico incontrato nel primo capitolo è stato in grado di impressionarci, grazie a un design peculiare e sopra le righe. Per quanto però l’esordio della serie fosse stato sorprendente, nessuno si sarebbe aspettato un sequel tanto valido, tradottosi in un boom di vendite capace di surclassare quelle del precedente. Gli ottimi risultati di Borderlands 2 sono da attribuirsi sia a una costruzione delle missioni ancor più astrusa e fuori di melone, sia alla comparsa di uno dei villain a oggi più amati dal pubblico. Stiamo ovviamente parlando del misterioso, carismatico e cattivissimo Jack Il Bello: a rendergli onore troviamo un doppiaggio – sia in italiano sia in lingua originale – lodevole, nonché un look maledettamente accattivante. Costantemente insultati, scherniti e stuzzicati da un nemico capace di farsi amare e odiare, abbiamo affrontato Borderlands 2 e le sue espansioni con una fame particolare, quella che fa desiderare al giocatore che non venga mai una fine per le sue avventure.

Parlando della componente di ruolo della serie, ogni elemento è stato introdotto con accuratezza, arricchendo un pacchetto sparatutto degno di questo nome. Ad affascinare non è solo infatti la generazione casuale di armi – con tanto di danni inflitti a ogni colpo andato a segno – ma anche la progressione del nostro protagonista. Dopo aver ucciso un boss o un predone, aver scoperto una nuova area e aver completato una missione, si ottengono punti esperienza da investire nei rami delle abilità dedicate. Ciascun personaggio dispone di tre alberi diversi, i quali cambiano in base al tipo di build selezionata. Un cecchino potrà quindi potenziare le sue abilità a distanza o la mimetizzazione, mentre un “gunzerker” non farà altro che concentrarsi sulla forza bruta, sulla potenza di fuoco e sul dual wielding. Grazie al suddetto sistema e a una modalità co-op assuefacente, il fattore rigiocabilità di Borderlands riesce a schizzare alle stelle, trasformandosi in un prodotto dal valore sconfinato. Il vero merito del brand però è senza ombra di dubbio un altro, vale a dire aver portato sotto i riflettori un genere ibrido, oggi pienamente sfruttato da tante altre case produttrici. I vari Anthem, Waframe e The Division sono solo gli ultimi di una schiera che ha attinto a piene mani dall’eredità di Gearbox (con risultati ben diversi), la quale si prepara a sferrare la sua controffensiva, volendo ricordare a tutti chi davvero comanda in questo campo. Già dai primi filmati d’annuncio è palpabile la grandissima personalità del titolo, il quale tornerà a proporre la serie con tutta la sua comicità irriverente, facendo soprattutto leva su quel gameplay ormai consolidato a base di armi, boss e punti esperienza.

Non vediamo seriamente l’ora di mettere le mani su Borderlands 3, il quale promette di farci ricordare perché Gearbox sia ormai divenuta maestra indiscussa di questo genere. È comprensibile quindi come mai l’attesa per questo terzo capitolo – già da molti anni vociferatissimo – fosse spasmodica e palpabile: dopo aver trascorso parecchio tempo in altri mondi, non sempre della medesima caratura, è tempo di tornare finalmente su Pandora in compagnia di cacciatori nuovi e noti. Borderlands non è solo un comune looter shooter ma è possibile pensare che ne sia l’archetipo, ciò da cui tutto ha avuto inizio, il caposaldo di un genere oggi ricercato da molti. Dovremo attendere fino al 13 settembre per tornare a dare la caccia ai predoni, agli skag e agli psycho: una data da segnare a fuoco sulle nostre pelli prima di… FARCI SPARARE IN FACCIA! IN FACCIA! BOOM! KNOCK KNOCK! SPARA DRITTO IN FACCIA BAM!

Farow

Un tempo avevo voglia di alzare il mondo. Ora al massimo alzo il volume alla TV.

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