Rubrica

Il Cavaliere Oscuro secondo Rocksteady

Uno dei più grandi traguardi raggiunti da Rocksteady Studios è senza ombra di dubbio quello di essere riusciti a creare una saga videoludica che fosse da un lato in grado di stabilire nuovi livelli qualitativi dei giochi su licenza (in particolar modo, quelli per supereroi), dall’altro quello di creare dei veri e propri capisaldi dell’intero genere action. I giochi della serie di Batman: Arkham sono divenuti col tempo dei veri e propri classici, sia per i fan dell’Uomo pipistrello sia per un pubblico più ampio, che ha apprezzato lo stile di gioco peculiare e ben rifinito. In questo approfondimento ci poniamo come obbiettivo di andare a ripercorrere quelli che sono stati i temi e gli spunti fumettistici che hanno caratterizzato questa trilogia, in quanto nella trattazione non verrà considerato il capitolo Batman: Arkham Origins, in quanto non è stato sviluppato direttamente dai ragazzi di Rocksteady. Data la mole di materiale di cui parlare, questo è soltanto la prima di due parti in cui è diviso l’approfondimento su questa saga ed inoltre parlando di trame e di storie è cosa buona e giusta avvertire i lettori che ci saranno spoiler, anche importanti, perciò è sempre meglio fare attenzione durante la lettura. Esaurite le premesse, vi do il benvenuto a Gotham e vi auguro una buona lettura mentre scendete nella follia insieme ai suoi abitanti.

Il personaggio ed il mood

Prima di addentrarci all’interno del manicomio di Arkham è giusto fare un piccolo passo indietro e cercare di capire bene l’essenza di Batman e del suo mondo. Per fare ciò generalmente consiglio, specialmente a chi non è avvezzo al mondo fumettistico, due letture che possono dare una visione più completa sul personaggio di Batman, senza però necessitare di particolari conoscenze di base. La prima di queste è Il ritorno del Cavaliere Oscuro (Frank Miller, Klaus Janson e Lynn Varley), in quanto essendo ambientata in un futuro alternativo in cui Batman si è ritirato dalla sua lotta al crimine insieme agli altri supereroi, offre una chiara visione su quegli elementi che contraddistinguono veramente Batman al di fuori delle sue famose abilità di combattimento e dei vari gadget di cui dispone. Oltre a ciò tale storia è anche considerata come una delle avventure più importanti del medium fumettistico in generale, in quanto grazie al suo tono più maturo e cupo è considerato il punto di svolta che ha aperto le porte al fumetto supereroistico moderno e maturo (uscito poi nello stesso anno del capolavoro supereroistico per eccellenza, Watchmen di Alan Moore, 1986). Si potrebbe dire che senza questa storia, oggi non avremo né la trilogia di Arkham nel mondo dei videogiochi, né la trilogia del cavaliere oscuro di Nolan al cinema. Prima di questa storia i fumetti sui supereroi erano spesso giocosi e fuori di testa, con storie scritte più per bambini che per giovani adulti, tanto da spingere il mondo del fumetto verso la sua epoca più buia. Per fortuna grazie all’ arrivo di Frank Miller e delle sue storie più dark e mature (non solo su Batman, ma anche su Daredevil per la Marvel) gli editori si sono accorti che era possibile portare delle storie più adatte ad un pubblico di giovani adulti e che potessero aspirare ad un livello qualitativo superiore, di fatto sdoganando i comics, come li intendiamo oggi.

Per quanto riguarda invece le origini di Batman come personaggio esse sono ben note. Per citare Aldo, Giovanni e Giacomo, “anche i fermenti lattici lo sanno” che Bruce Wayne è un miliardario, il quale dopo aver perso i genitori in giovane età, in seguito ad un tentativo di rapina, ha dedicato la sua vita (e la sua fortuna) ad addestrarsi sia fisicamente che mentalmente, per combattere il crimine che serpeggia nella buia citta di Gotham, aiutato dal suo maggiordomo, nonché amico e figura paterna, Alfred. Più interessante è forse la storia di come Bruce Wayne abbia iniziato la sua carriera come vigilante mascherato e possiamo trovarla in Batman: Anno Uno (scritta sempre da Frank Miller e disegnata da David Mazzucchelli). Anno Uno è una storia che si divide su due fronti, che aiutano a stabilire quello status quo nella città di Gotham, con cui il grande pubblico è più familiare. Sul primo fronte abbiamo Jim Gordon, l’uomo che diventerà il futuro commissario di Gotham e che sarà uno dei maggiori alleati del Cavaliere Oscuro, sull’altro fronte abbiamo invece Bruce Wayne appena tornato a Gotham con l’intento di mettere in pratica il suo addestramento e diventare un vigilante. Le due storie di questi personaggi si intrecciano a più riprese mentre entrambi portano ordine a Gotham, ognuno a modo proprio, cercando di evitare le trappole e gli ostacoli delle famiglie criminali che controllano la città e le sue istituzioni. Come per Il ritorno del Cavaliere Oscuro, anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una storia accessibile ad un pubblico non avvezzo ai fumetti, ma comunque si tratta ancora una volta di un’opera di alto livello di scrittura e che può fornire un livello maggiore di conoscenza del personaggio, per chi ne è alla ricerca.

La continuity

Dopo aver introdotto il personaggio è arrivato il momento di collocare nel tempo (e nello spazio) la serie di Arkham. Per questo compito abbiamo bisogno di analizzare la continuity della serie, ossia quell’insieme di storie (in questo caso solo due) che si trovano nella stessa linea temporale e nello stesso universo della saga di Arkham (per esempio, le storie dei film della Marvel sono in una continuity diversa rispetto a quella dei fumetti, pertanto anche se i personaggi sono gli stessi le storie non interagiscono le une con le altre). La prima delle due storie che andremo a trattare è Batman: The Killing Joke (testi di Alan Moore e disegni di Brian Bolland), che può essere definita una storia cardine, non solo per Batman, ma anche per la sua nemesi, Joker. In questa graphic novel da un lato Joker ripercorre quelli che sono stati i tragici e sfortunati eventi che lo hanno portato alla follia e lo hanno trasformato nel clown principe del crimine (fornendo di fatto ai lettori una delle pochissime versioni esistenti sulle sue origini), dall’altro è deciso a portare avanti una delle sue folli teorie, ossia che basta un solo giorno andato molto male per far impazzire una persona. La vittima designata per questo folle piano è il commissario Gordon: Joker si reca a casa sua e spara  alla figlia Barbara, che ignara gli aveva aperto la porta, e la tortura mentre i suoi scagnozzi rapiscono il povero commissario. Come da manuale c’è il lieto fine (se così possiamo chiamarlo), ma la giovane Barbara paga un prezzo molto alto. Al tempo la ragazza vestiva i panni di Batgirl e combatteva il crimine insieme a Batman, ma dopo il trauma subito in questa storia, la giovane rimane paralizzata dalla vita in giù ed è costretta a ritirarsi. Dalle ceneri di Batgirl, nasce la seconda identità di Barbara Gordon, ossia Oracolo, con cui la giovane sfrutta le sue incredibili doti intellettive e la sua grande capacità come hacker, per fornire supporto logistico a Batman, attività che le vediamo svolgere anche in tutta la serie di Arkham.

La seconda storia di cui andiamo a parlare è Batman: Una Morte in Famiglia (Jim Starlin testi, Jim Aparo matite, Mike Decarlo chine) ed è una delle storie che maggiormente ha cambiato la figura di Batman nel corso degli anni. La storia è tanto semplice quanto drammatica nelle sue conseguenze. Parte come l’ennesima avventura di Batman e Robin (al tempo era Jason Todd, dopo che Dick Grayson aveva cambiato identità segreta), in cui il dinamico duo si destreggia tra criminali e terroristi, per andare a cercare la madre naturale di Robin e così placare quel suo spirito ribelle che spesso lo metteva nei guai. Purtroppo Batman e Robin si vanno presto a scontrare con il Joker che incidentalmente si trovava sul loro percorso e, come sempre, lo scontro con questo personaggio è destinato a lasciare le sue cicatrici. Il folle clown riesce a catturare il giovane Jason che si era separato da Batman e, dopo averlo picchiato a sangue con una spranga di ferro, lo rinchiude in un capannone pieno di esplosivi per coprire le proprie tracce. Batman si reca sul posto, ma arriva troppo tardi per salvare il suo allievo e altro non può fare se non recuperarne il cadavere esanime e seppellirlo. Dopo tali eventi si può vedere spesso nella Batcaverna una teca con la vecchia uniforme indossata da Jason, in quanto Batman si ritiene personalmente responsabile per gli eventi accaduti.

Arkham Asylum

Per quanto un manicomio non sia generalmente un luogo piacevole in cui trovarsi, il manicomio criminale di Gotham, l’Arkham Asylum, è forse uno degli ultimi posti sulla faccia della terra in cui una persona sana di mente vorrebbe trovarsi. Nonostante tale ambientazione risulti così terrificante e paurosa, è proprio lo sfondo del primo capitolo della trilogia sviluppata da Rocksteady Studios, nonché ispirazione per il nome stesso della serie. Un’altra forte ispirazione per questo primo capitolo è una delle graphic novel più popolari e apprezzate riguardanti il Cavaliere Oscuro, dal quale gli sviluppatori hanno ripreso diversi aspetti per poi riadattarli meglio al contesto del videogioco. Arkham Asylum: Una Seria Casa su un Serio Suolo(testi di Grant Morrison e illustrazioni di Dave Mckean) inizia con il Joker che prende possesso del manicomio di Arkham, durante il giorno del primo di aprile, e tiene in ostaggio l’intero staff al suo interno, insieme a sé e a molti nemici di Batman, liberati dalle loro celle. La principale richiesta di Joker è che Batman si rechi all’interno della struttura per parlare ed eventualmente negoziare il rilascio del personale e da qui inizia un viaggio nell’oscurità, sia per l’Uomo pipistrello che per il lettore. Quest’opera è forse una delle più importanti ad oggi scritte per Batman, in quanto costituisce una riesamina psicologica su molti dei suoi avversari e sulla difficoltà nel curarli dalle loro ossessioni e follie. A tutto questo vanno aggiunti un’ intrigante narrazione della storia delle origini del manicomio e delle illustrazioni che perfettamente rendono l’atmosfera psichedelica, cupa e misteriosa di questa opera così particolare.

Un grande merito dei ragazzi di Rocksteady è stato quello di sfruttare un’idea di base così unica, come rinchiudere Batman all’interno di Arkham insieme ai suoi avversari, per raccontare le varie battaglie e le interazioni con ognuno di loro senza che ciò risultasse forzato o fuori luogo. Data la differenza del medium e del genere di questo gioco, più votato all’action, diventa chiaro come Rocksteady Studios abbia dovuto bilanciare in modo diverso l’azione e la pura narrazione in modo tale da fornire un prodotto che riprendesse le atmosfere della graphic novel, senza però dimenticare quelle sane scazzottate e quell’epicità necessarie alla storia per incollare il giocatore allo schermo. Si può dire che l’intento sia riuscito, non a caso, Paul Dini è uno che l’uomo pipistrello lo conosce molto bene e sa come creare un prodotto di qualità, ma che strizza anche l’occhio ad un intrattenimento più movimentato e d’azione. Oltre all’ottima narrazione, la cura dei dettagli è stato un altro elemento importante all’interno della saga di Arkahm ed in particolar modo in questo titolo vi è la possibilità di trovare nelle varie celle e nei vari settori del manicomio, numerosi richiami ai vari nemici e a molte storie del Cavaliere Oscuro, spesso mascherate come missioni secondarie dell’Enigmista. Con questa trovata gli sviluppatori non hanno dovuto proprio nascondere questi easter egg, ma hanno potuto spingere i giocatori più appassionati ad esplorare il manicomio per scoprirli e così ottenere delle curiosità sui vari detenuti. Altro dettaglio peculiare è la possibilità di scoprire la storia della struttura attraverso delle pietre sparse in vari luoghi visitabili nel corso dell’avventura, richiamando ancora una volta uno degli elementi fondanti della graphic novel.

Per quanto riguarda i nemici che Batman si trova ad affrontare nel manicomio, due risaltano in particolare per importanza rispetto al Cavaliere Oscuro. Il primo altri non può essere se non la sua nemesi, il clown principe del crimine in persona, sua maestà Joker. A prima vista Joker potrebbe sembrare semplicemente un folle omicida, ma la realtà è un’altra. Quale sia il disturbo mentale che lo caratterizza, nessuno lo ha mai compreso, né i critici, i quali hanno avanzato diverse ipotesi sulla sua patologia nel corso del tempo, né lo stesso Batman all’interno dei fumetti. Generalmente oggi si tende a tralasciare questo aspetto, per concentrarsi di più su altre sfaccettature della sua personalità, in quanto a seconda dell’autore che ne racconta le gesta, Joker cambia forma di pazzia, variando il suo grado di lucidità e di sete di sangue. In alcune storie lo possiamo vedere come completamente folle e autolesionista, tanto da farsi tagliare via la faccia, in altre possiamo vederlo completamente ossessionato da Batman e in altre ancora lo possiamo vedere come un freddo e meschino calcolatore, incapace anche della sua proverbiale risata.

L’imprevedibilità di Joker è forse uno dei lati che più è agli antipodi rispetto alla logica di Batman, tanto da risultare il tratto più pericoloso e temuto dagli eroi. Un’ avvisaglia di questo la si può avere proprio nelle scene iniziali di Asylum, quando nonostante tutte le contromisure prese dal Cavaliere Oscuro e dalla polizia affinché il Joker arrivi nella sua cella (tanto da arrivare persino a legarlo interamente ad una barella e a scortarlo con intere squadre armate), sia Gordon che Batman temono il peggio (non a torto) per un eventuale asso nella manica del clown. Non è nemmeno totalmente corretto dire che il Joker è imprevedibile in quanto agisce a caso, perché non lo fa mai. Più che altro questo suo agire fuori da ogni schema è sempre soggetto ad un piano, il problema sta che il motivo ultimo di questo suo piano è spesso incomprensibile a tutti e risulta anche essere l’elemento che il Cavaliere Oscuro cerca sempre di scovare, prima ancora di capire come fermarlo.

Anche un pazzo merita la sua anima gemella e nessuno è meglio di Harley Quinn per ricoprire questo ruolo. L’ex psicologa Harleen Quinzel può risultare come uno degli avversari più buffi e stupidi che hanno affrontato l’uomo pipistrello, ma in realtà nasconde una complessità che pochi autori sono riusciti a comprendere e trasmettere nel corso degli anni. Persino la creazione di questo personaggio è stata alquanto peculiare, in quanto è l’unico tra gli avversari di Batman ad essere stato presentato prima nella serie animata degli anni ‘90 (creata da quel legendario duo di Paul Dini e Bruce Timm, che si erano ispirati al costume di Arlecchino per disegnarne l’aspetto) per poi raggiungere un livello di fama così elevato che è stato presto trasposto nell’ambito fumettistico. Harley nasce come braccio destro di Joker, accompagnandolo in gran parte delle sue imprese, tra cui anche la presa di Arkham. Harleen è sempre in prima linea per attuare il piano del suo adorato mister J, anche se alcune volte il suo essere maldestra e non particolarmente brillante la portano ad essere un punto debole per Joker stesso.

Coloro che non conoscono bene la coppia di Harley e Joker può pensare che il loro rapporto, anche se particolare, sia molto romantico, cadendo in errore. Sebbene Harley ami alla follia Joker, il clown non sempre ricambia questo sentimento, anzi sarebbe più corretto dire che non lo ricambia in nessun caso, dato che il più delle volte si dimostra dolce nei confronti di Harley solo per riaffermare il suo controllo su di lei. Ad avvalorare tale visione vi è il fatto che, come detto in precedenza, Joker è quasi sempre ossessionato da Batman o da qualche sua folle teoria, quindi gli unici momenti in cui riesce ad interessarsi ad Harley, sono i momenti in cui la ragazza diventa utile, o quando capisce di star perdendo quel controllo su di lei, come se Harley non fosse altro che un suo giocattolo e niente più. La maggior parte delle volte però si può notare come questo meccanismo distorto venga anche intervallato da veri e propri abusi fisici e psicologici volti ad affermare la superiorità di Joker rispetto ad Harley.

Un esempio molto forte di tale meccanismo è proprio la storia Batman: Amore folle (Paul Dini, Bruce Timm, che poi è la trasposizione di un episodio della serie animata di Batman, sempre ideato da questa coppia di autori) in cui viene mostrato l’intero ciclo malato del rapporto tra Harley e Joker, mettendo in mostra tutte le fasi di cui abbiamo discusso prima. Da quanto abbiamo detto fino ad ora si evince come il personaggio di Harley è ben più stratificato di quanto dia a vedere all’inizio. Nel corso della sua vita fumettistica si è evoluta molte volte come personaggio, fino a scappare da quella prigione di finto amore che la bloccava, passando da un personaggio tragicomico ad uno forte e indipendente. Anche se nella serie di Arkham non abbiamo modo di vedere tutta questa evoluzione, spero che questa riesamina serva a donarle il rispetto che merita, da chi magari non conosce tutta la sua storia.

Roberto D'Amore

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