Nell’odierna battaglia per il riconoscimento del videogioco come non solo di una forma d’arte, ma di medium convogliante in sé stesso messaggi ed emozioni che hanno ormai da tempo trasceso il concetto di semplice intrattenimento, capita che alle proprie spalle ci si accorga, con la coda dell’occhio, di aver tralasciato un fattore fondamentale nella discussione.

Se l’intenzione è quella di promuovere tali esperienze interattive a valido interesse per tutti, salvo sterili elitismi dovuti forse a un sentimento di protezione verso qualcosa un tempo fortemente bistrattato, allora la parola chiave è proprio “tutti“. Chiunque deve essere in grado di vivere le storie e l’intrattenimento proposti oggi dall’industria di settore, la quale dal canto suo deve però favorire la creazione di soluzioni valide ed efficaci nell’abbattimento di quei muri che fungono da ostacolo, per coloro che giornalmente vivono una qualche forma di disabilità. Dalle condizioni meno gravi a quelle più intense, i giocatori affetti da problematiche visive, uditive, motorie o cognitive erano, già nel 2019, circa 33 milioni solo negli Stati Uniti, stando a un sondaggio del sito The AbleGamers Charity.

A oggi nel mondo si stima che i videogiocatori con disabilità rappresentino circa il 20% del totale

Perchè “cultura interattiva“, quindi? Perchè è necessario che la comunità globale evolva e si formi, arrivando, in un futuro si spera non eccessivamente lontano, ad aspettarsi all’interno di ogni titolo un’accessibilità standardizzata e il più possibile aggiornata.

La sfida di game design, rappresentata dalla necessità di includere facilitazioni, o quantomeno modifiche specifiche che possano venire incontro ai bisogni di questo segmento di popolazione, non è certamente semplice. Nel già complesso dedalo dello sviluppo videoludico, dove la creazione di meccaniche, ambientazioni, storia e gameplay mira a fondersi in progetti non solamente validi dal punto di vista dell’interazione, ma anche coerenti nelle interconnessioni tra i suddetti elementi, l’aggiunta di opzioni di supporto che ben si sposino con la filosofia e il design del titolo, presenta un livello di complicazione ulteriore.

Ed è per questo che l’aspetto dell’inclusività deve essere presente sin dalle prime fasi dello sviluppo, facendo sì che prosegua e si evolva di concerto agli altri settori della produzione. Contemporaneamente, il lavoro deve proseguire anche sotto l’aspetto delle periferiche, studiando nuovi metodi per proporre all’utenza dispositivi che riescano a stare al passo con i bisogni dei giocatori con disabilità. Fa di certo ben sperare un evento come quello avvenuto nel 2019, dove durante il classico commercial del Super Bowl, una finestra pubblicitaria di enorme impatto, Xbox scelse di dedicare il proprio spazio all’ Xbox Adaptive Controller. Una mera mossa di marketing per ingraziarsi le folle, volessimo vederla grigia, ma in realtà l’industria è in movimento e l’attenzione dedicata a queste tematiche non fa che aumentare.

Sul web è possibile già trovare una serie di siti dedicati all’argomento, e vorrei cominciare col citarne due, che sfrutterò per la stesura di questa rubrica: Game Accessibility Guidelines fornisce supporto agli sviluppatori intenti a creare videogiochi il più possibile inclusivi, tramite suggerimenti e consigli direttamente procurati dai giocatori. Viene suddiviso internamente in 3 sezioni principali, a seconda delle necessità e di quanto si voglia approfondire l’argomento.

La sezione “Video Gaming Accessibility” del National Library Service For The Blind and Print Disabled offre invece al suo interno un elenco di altri siti, collegati al tema in modi differenti. Risorse che chiunque fosse interessato a sfruttare potrà consultare, e che toccano argomenti quali controller modificati appositamente a seconda delle differenti disabilità, recensioni di giochi in base alla loro accessibilità e aiuti per gli sviluppatori.

Prendendo spunto dall’ottima serie Designing for Disability del canale Game Maker’s Toolkit di Mark Brown, suddividerò questa rubrica in 4 articoli principali, ognuno basato su specifici impedimenti, in quest’ordine: visivi, uditivi, motori e cognitivi. Nel corso delle prossime settimane andrò quindi a parlare di come differenti gradi di difficoltà impattino il mondo videoludico, assieme a una serie di possibili soluzioni per ognuna di esse e un elenco dei titoli che eccellono nell’accessibilità.

Se avete esperienze dirette in tal senso, ad esempio tramite parenti o amici, o se voi stessi avete riscontrato particolari ostacoli nel giocare ai videogiochi che amate, scrivetelo nei commenti o parliamone sui nostri social come Facebook e Telegram.


Parte 1
Impedimenti visivi

Ragionando sui videogiochi, vien semplice pensare che chiunque soffra di problematiche visive sia per forza di cose impossibilitato, parzialmente o totalmente, dal goderne. Che si parli di lievi miopie, delle differenti forme di daltonismo esistenti o di una totale cecità, i giocatori che rientrano in questo gruppo possono però comunque venire facilitati da attente scelte di game design e sonoro. Anche nei casi più gravi, come quelli delle persone non vedenti, gli sviluppatori possono escogitare facilitazioni e soluzioni, tecniche e creative, che permettano così a tutti di vivere queste esperienze.

Analizzando i diversi tipi di difficoltà è possibile lavorare alle conseguenti soluzioni. Chi soffre di miopia, ad esempio, gioverà particolarmente di menù chiari e facilmente navigabili, con opzioni ben visibili e distinte tra loro, in modo che a prescindere dalle condizioni di visualizzazione (anche un semplice schermo lontano causerebbe affaticamento in tal senso), la navigabilità risulti godibile. Vista la tendenza di questa condizione a formarsi in età scolastica per poi assestarsi intorno ai 20-25 anni, risulta particolarmente presente nella fascia dei videogiocatori.

 

Ideale sarebbe l’inserimento di un’ opzione che permetta di cambiare il font del testo, sia in termini di grandezza che di tipologia. I sottotitoli, quando presenti, è necessario siano estremamente chiari, salvo l’ottenere un effetto opposto, distraendo il giocatore senza permettergli di comprenderne fluidamente il contenuto. Encomiabile la possibilità, in alcuni giochi che richiedono la lettura di lettere, pergamene o documenti scritti a mano, di utilizzare un font semplice e chiaro come sottotitolo, mantenendo così il grado di immersione.

La serie di Life Is Strange e Untitled Goose Game sono esempi perfetti di questa pratica

In casi particolari potrebbe giovare la presenza di una modalità ad alto contrasto, nel caso di scenari o situazioni particolarmente sature di elementi, in modo tale che gli avvenimenti in primo piano risultino ben distinti dal background.

Le diverse forme di daltonismo esistenti richiedono anch’esse alcuni accorgimenti:

in questo caso è d’obbligo una particolare attenzione per indicatori, mirini, o qualsiasi altro elemento a schermo che sia fonte d’informazioni. Una scelta potrebbe essere quella di veicolare tali suggerimenti visivi anche tramite il sonoro, o l’aggiungere elementi non intaccati dalla percezione dei colori, come simboli, segni, particolarità di design. Hue, un’avventura che ruota interamente sulla risoluzione di enigmi attraverso varie combinazioni di colori, possiede un’opzione per far comparire simboli come una luna o una stella associati ognuno a un colore specifico, rendendo di fatto la vita molto più semplice a chiunque abbia una visione non chiara delle sfumature o dei colori stessi.

Anche in caso di cecità totale o quasi totale esistono modi per assicurare ai giocatori la godibilità dell’esperienza, dedicando al sonoro una spazialità completa, che garantisca una riproduzione fedele degli accadimenti a schermo. L’esempio di Sven Van De Wege, un videogiocatore professionista di Street Fighter che dopo aver perso la vista all’età di 6 anni si dedicò a reimparare completamente a giocare, affidando i propri movimenti alla sola precisione del comparto audio, è emblematico e dimostra la fattibilità del gaming anche in casi limite come questo.

I giocatori dovrebbero essere liberi di giostrare a proprio piacimento le opzioni dedicate all’accessibilità, e nel caso di menù dedicati completi e approfonditi, il medium risulterebbe aperto e adattabile alle necessità più variegate.

In chiusura di ogni episodio mi sembra quindi doveroso fornire alcuni esempi di titoli che muovono dei passi nella direzione giusta, avvicinandosi alle soluzioni sopra elencate od optando per alternative valide.

Impossibile non nominare The Last of Us II, che oltre ad essere ormai consacrato all’interno dell’olimpo dei videogiochi, ha provveduto a fornire una lunga serie di facilitazioni per i giocatori con difficoltà. Rappresenta quindi l’esempio ideale per questa rubrica, dimostrando come anche i più blasonati titoli tripla A possano dedicare le proprie energie a determinate tematiche.

Dal punto di vista dell’accessibilità visiva, TLOU II propone:

  • sottotitoli
  • display ad alto contrasto
  • regolazione della scala dell’HUD
  • possibilità di scegliere tra mira manuale e automatica
  • indizi audio in combattimento e durante l’esplorazione
  • modalità assistita in combattimento e durante l’esplorazione
  • possibilità di attivare un’opzione che previene le cadute nei burroni
  • modalità ascolto migliorato
  • possibilità di attivare un’opzione che rende perennemente invisibili quando accucciati
  • possibilità di saltare i puzzle
  • aggiustamenti specifici all’interno del menù di combattimento

Negli articoli successivi citerò nuovamente il gioco, ricco di opzioni dedicate a problematiche uditive e motorie.

Anche il recente Immortals: Fenyx Rising di Ubisoft risulta privo di barriere dal punto di vista visivo, dotandosi di:

  • sottotitoli che riportano il nome dell’interlocutore
  • possibilità di gestire l’opacità di sfondo dei sottotitoli
  • opzioni per il daltonismo
  • icone, anche sulla mappa, grandi e facilmente comprensibili
  • feedback visivo che aiuta in determinate sfide e puzzle
  • possibilità di attivare guide specifiche per gli enigmi con i dipinti
  • facile gestione degli aiuti visivi, permettendo ai giocatori di decidere quanto “intrusivi” debbano essere.

Spider-Man: Miles Morales, ultima fatica degli sviluppatori di Insomniac Games, riceve il massimo dei voti sotto tutti i punti di vista, risultando accessibile sia da coloro che soffrono di impedimenti visivi, sia dalle persone affette da problematiche uditive o motorie.
Nessun elemento di gioco richiede di fare affidamento specificamente sulla vista o sull’abilità di distinguere correttamente i colori, e i sottotitoli sono dotati di numerose modifiche dedicate, garantendo una comoda gestione di questo aspetto.

Nella valutazione del livello di accessibilità di un videogioco viene incontro il sito DagerSystem, dedicato a recensioni non tanto qualitative del prodotto, quanto piuttosto in termini di apertura e attenzione ai temi qui discussi, che utilizzerò anche negli episodi a seguire per citare i prodotti che eccellono in tal senso.

Questo conclude l’Introduzione e la prima parte della rubrica, come sempre vi ricordo che tramite i nostri social, che trovate all’inizio della pagina, è possibile chiacchierare degli argomenti citati, dandovi appuntamento alla seconda parte, dedicata agli impedimenti uditivi.

Lorenzo Arduino

Mi pongo l'obiettivo di sviluppare una critica concreta nei confronti di tutto ciò che riguarda il mondo videloudico, dal game design alla scrittura, dall'accessibilità al mercato, fino al significato e alle influenze che il medium riesce a portare nel mondo di oggi

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    • Ti ringrazio, è un qualcosa a cui mi sono interessato anche io molto tardi rispetto a quando ho cominciato a giocare e mi sono appassionato alla cosa, ma devo dire che i segnali positivi ci sono fortunatamente.

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